SCENARI

Tamburi di guerra per i big della rete. Da alleati a concorrenti

Nuova era per Amazon, Apple, Facebook, Google e Microsoft. Finora ecosistemi separati senza sovrapposizioni stanno entrando sempre più in competizione. Qualunque sarà il risultato, avrà importanti ripercussioni anche sull’economia reale e sul modo con cui gli attori europei dovranno a loro volta operare. L’analisi di Augusto Preta

Pubblicato il 05 Set 2017

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Un’estate particolarmente calda, non solo dal punto di vista atmosferico, ha fatto da sfondo a grandi e strategicamente rilevanti novità nell’economia digitale a livello globale e nazionale. Al centro, ancora una volta, il mondo dei contenuti, che vede sempre più coinvolti i giganti della rete, i cosiddetti “Big 5” (Amazon, Apple, Facebook, Google e Microsoft), oltre naturalmente a Netflix e, scendendo giù giù fino a casa nostra, Vivendi, Mediaset e Tim.

Nei giorni in cui Vivendi comunicava la creazione di sinergie tra la pay Tv Canal Plus e Tim Vision – il servizio di video on demand di Telecom Italia – lasciando intendere di voler continuare la sua strategia di integrazione reti/contenuti, indipendentemente dalla soluzione della vicenda Mediaset, annunci e colpi di scena dall’altra parte dell’Atlantico hanno ancor più catturato l’attenzione e l’interesse degli addetti ai lavori.

L’annuncio forse più “sensazionale” è quello di Facebook con Watch, la nuova piattaforma video con cui la società di Mark Zuckerberg ha lanciato la sfida a colossi come YouTube (Google) e la stessa Tv tradizionale. Vi si potranno visionare video di 20-30 minuti, ma la durata è destinata ad aumentare con l’aggiunta in futuro di sempre nuovi contenuti (tra cui sport e altri eventi).

Apple a sua volta ha rilanciato, con la nuova Apple Tv in altissima definizione 4k e con un tesoretto di 1 miliardo di dollari da destinare alla produzione di contenuti originali, che andranno ad arricchire la propria offerta televisiva, entrando in diretta competizione con Amazon e Netflix.

Nel frattempo, Disney ha comunicato che a partire dal 2019 i suoi film non saranno più su Netflix e ha annunciato al contempo la creazione di due nuovi servizi in streaming, in concorrenza diretta con il colosso del video on demand americano. Netflix, in risposta, ha acquisito la società di fumetti Millarwood, ingaggiato David Letterman e annunciato un secondo semestre superiore alle aspettative valicando la soglia dei 100 milioni di abbonati nel mondo. Intanto, Amazon e Microsoft hanno siglato un accordo sull’intelligenza artificiale, peraltro sempre più utilizzata anche nel mondo dei contenuti, integrando e rendendo accessibili a tutti i loro utenti, Alexa di Amazon e Cortana di Microsoft.

Uno scontro destinato a inasprirsi

Tutti questi fatti e annunci, avvenuti nell’arco di poche settimane, veicolano in fondo un unico messaggio: sta radicalmente cambiando il paradigma su cui questi colossi (definiti convenzionalmente Ott o over the top, ma che forse dovremmo chiamare più propriamente piattaforme) avevano operato finora. Fino a ieri infatti, ciascuno di loro traeva il proprio vantaggio dagli effetti di rete collegati allo sviluppo di internet. Il modello era molto semplice: tanto più la rete si diffonde, tanto più ciascuno si rafforza, con conseguenze positive in termini di aumento della domanda di banda, di consumi dei servizi e di ampliamento del business. In fondo, Amazon era una società che partendo dai libri si è estesa al commercio elettronico, Apple si dedicava alla vendita degli apparati con una forte vetrina sulla musica (i-Tunes), Facebook era una rete sociale per comunicazioni interpersonali, Google un motore di ricerca, Microsoft una società di software sempre più basata sul cloud.

Di fatto nessuna società competeva direttamente con le altre, quasi fossero eco-sistemi separati e con livelli di sovrapposizione minimi tra loro. Così se Microsoft acquistava Linkedin, andava a coprire la componente professionale lasciata libera da Facebook, a sua volta del tutto agnostica rispetto ai device e ai sistemi operativi IoS/Apple o Android/Google. In sostanza, tanto più internet si sviluppava, tanto più ciascuna di queste società cresceva e si moltiplicava (in termini di ricavi e di capitalizzazione).

In questo scenario confortante e confortevole per le internet company (molto meno per le compagnie tradizionali), anche altri soggetti hanno potuto sfruttare appieno le dinamiche “virtuose”: Uber, Airbnb, Netflix. Ciascuno di loro infatti trae vantaggio dall’enorme ecosistema globale di dispositivi e app che Google, Apple e Microsoft hanno contribuito a creare, dalla popolarità (anche grazie a Facebook) e utilità dei servizi che offrono, acquisendo dimensione globale e rivaleggiando, e in molti casi sostituendosi, ai fornitori dei servizi tradizionali (broadcaster, trasporto locale, agenzie immobiliari).

Oggi tutto questo pare sul punto di cambiare. Se l’inizio delle ostilità tra Amazon e Netflix aveva costituito un primo segnale, le novità delle ultime settimane alzano per la prima volta in maniera evidente il livello dello scontro e prefigurano un’evoluzione molto meno pacifica e rassicurante per gli stessi giganti della rete. Qualunque sarà il risultato, quel che è certo è che tutto ciò avrà importanti ripercussioni anche sull’economia reale e sul modo con cui gli attori europei e nazionali dovranno a loro volta operare, in un contesto – quello di internet – in continua, incessante e profonda trasformazione.

tratto dal sito www.lavoce.info

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