“Un atto di guerra digitale”, teso a “limitare la libertà di espressione delle istituzioni e dei cittadini di Cuba“. Così all’Avana il sindacato nazionale dei giornalisti dopo la sospensione da parte di Twitter di alcuni account di media di Stato e di dirigenti politici. Il blocco è partito mercoledì e ancora ieri testate storiche, come “Granma” e “Radio Rebelde” – in coincidenza con un discorso pronunciato in televisione con il quale presidente Miguel Diaz-Canel ha annunciato la possibilità di penurie e razionamenti di carburante – erano oscurate sul social.
Dalla sede di Twitter negli Stati Uniti un portavoce ha sostenuto che la sospensione degli account è stata dovuta a non meglio specificate violazioni delle norme del social network. Nel mirino sono finiti anche profili di personalità politiche, come Mariela Castro, capo della Commissione per i diritti degli omosessuali nonché figlia di Raul, il leader del Partito comunista.
Secondo il sindacato dei giornalisti, Union de Periodistas de Cuba (Upec), Twitter è responsabile di “una censura di massa” e “vuole ridurre al silenzio i leader della rivoluzione”. Il contesto è quello di un peggioramento dei rapporti tra l’Avana e Washington dopo le aperture che, prima dell’entrata in carica di Donald Trump, avevano segnato la presidenza di Barack Obama.