L'AUDIZIONE

Web tax, l’Upb: “Google pagherebbe 10 volte di più”

L’Ufficio parlamentare di Bilancio in audizione in Senato: se il ddl Mucchetti entrasse in vigore Big G dovrebbe versare 19,4 milioni di euro invece dei 2,2 del 2015. Il consigliere Alberto Zanardi: “Ma le imprese potrebbero mettere in campo altre pratiche elusive”

Pubblicato il 15 Mar 2017

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Se il Ddl firmato da Massimo Mucchetti sulla web tax entrasse in vigore, la prima conseguenza visibile sarebbe che – a titolo di esempio – invece di pagare i 2,2 milioni di tasse versate in Italia per la pubblicità online nel 2015, un gigante del calibro di Google dovrebbe invece corrispondere all’erario 19,2 milioni, quasi dieci volte di più. E’ la conclusione a cui giunge l’ufficio parlamentare di bilancio, che ha illustrato i dati durante l’audizione congiunta in Senato delle commissioni Industria e Finanze.

L’ipotesi di calcolo basata sulle “misure in materia di fiscale per al concorrenza nell’economia digitale” contenute nel ddl, che è attualmente all’esame delle due commissioni di Palazzo Madama, si basa sui dati 2015, in cui Google ha pagato al fisco italiano 2,2 milioni di euro, che corrispondono a 67 milioni di ricavi tassati in Italia, mentre 503 vengono tassati in Irlanda. “Ipotizzando una struttura dei costi omogenea a quella delle imprese in Italia – afferma il consigliere dell’Upb, Alberto Zanardi – il gettito a carico di Google, applicando l’aliquota implicita sul fatturato del 3,4% è pari a 19,4 milioni di euro”. “Questi risultati – si legge nel testo dell’audizione – devono essere letti con molta cautela, in quanto trascurano le reazioni comportamentali che potrebbero indurre a rafforzare altre pratiche elusive delle imprese, al fine di ridurre i profitti imponibili al nostro Paese”.

L’analisi svolta dall’Upb, oltre a Google, coinvolge anche Facebook, evidenziando che se per il 2015 quest’ultima ha pagato al fisco italiano 0,2 milioni di euro su 224,6 milioni di ricavi originati in Italia (di cui solo 7,6 tassati in Italia e 217 in Irlanda), con l’introduzione della nuova norma potrebbe arrivare a pagare 6,1 milioni di euro. Un secondo scenario – sempre realizzato dall’Upb – “ipotizza che le società non modifichino la propria struttura funzionale e che quindi l’intero ammontare dei ricavi possa ricadere nell’applicazione della ritenuta alla fonte del 26%”. In questo caso, l’imposta sarebbe pari a “133 milioni di euro per Google e 56,6 milioni per Facebook“, si legge nel testo.
L’audizione del consigliere dell’Upb Alberto Zanardi, è stata interrotta a causa degli impegni in Aula dei senatori, ma continuerà la prossima settimana.

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