RUBRICA. Il quinto angolo

Agenda digitale, a quando i fatti?

Invece che di esperti ci sarebbe bisogno di uno “zar” capace di imporre soluzioni tecniche di immediata attuazione. Che bello quel giorno in cui un Governo dirà: “E’ abolita la carta negli atti amministrativi”. E invece ancora studi, rilievi, discussioni…

Pubblicato il 25 Nov 2013

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Per il momento quella che si è allargata non è tanto la banda, ma la pletora di iniziative, di istituzioni e di soggetti chiamati a vario titolo ad occuparsi dello sviluppo della rete. Ultima in ordine di tempo, dopo l’Agenda per l’Italia Digitale, Mister Agenda digitale, la nomina da parte del Presidente del Consiglio di tre esperti (in realtà due: il professore francese Pogorel e il consulente americano Scott Marcus, che si aggiungono a Mister Agenda digitale, Francesco Caio) che avranno il compito di stilare un rapporto sullo stato della banda larga in Italia.


Tutte persone degne e competenti. Chissà però che bisogno c’era di fare un ennesimo studio sulla reale consistenza delle relative infrastrutture. Ci sono istituzioni, come l’Agcom e lo stesso ministero dello Sviluppo economico che da tempo si occupano di fare un catasto delle stesse. C’è poi l’Anci e ci sono le Regioni.


Dunque, i dati sono noti come è noto che l’Italia è tragicamente agli ultimi posti nell’uso di internet. Telecom Italia, l’azienda di telecomunicazioni che possiede gran parte della rete, è in una fase di grande incertezza e la congiuntura economica si fa sentire anche sulle iniziative degli altri operatori. Certo, se ci fossero i soldi tutto sarebbe più facile, ma purtroppo non ci sono. E siccome il mondo va avanti, forse sarebbe stato meglio se il Governo si fosse dedicato ad alcune iniziative a “costo zero” di cui da tempo si discute.


Aumentare l’interoperabilità tra le diverse infrastrutture, locali e nazionali, far dialogare in rete le pubbliche amministrazioni, unificare, anche in cloud, i loro data center, ma soprattutto rendere facile e conveniente per i cittadini usare internet. Capitolo a parte quello delle frequenze, di cui si aspetta invano da anni una pianificazione tecnicamente efficiente ed economicamente vantaggiosa per l’erario.


Tutte proposte che si ripetono anch’esse da anni. Cambiano i “responsabili” ma quasi tutti con scarso senso pratico. E tanto per non farci mancare niente, alla confusione di ruoli ed iniziative si aggiunge in queste settimane il ricorrente richiamo alla necessità di un mercato unico europeo, composto da pochi operatori.


Ipotesi vagheggiata a Bruxelles ed anche a Roma che spazza via in un colpo solo le velleità di un mercato in concorrenza che se non altro fino ad oggi ha prodotto quello che in Italia esiste sulla larga banda.


Invece che di esperti ci vorrebbe uno “zar” capace di imporre, soprattutto ad una burocrazia asfittica, soluzioni tecniche di immediata attuazione. Che bello quel giorno in cui un Governo dirà: “è abolita la carta negli atti amministrativi, tutto si farà in formato digitale”. Ed invece ancora studi, rilievi, discussioni e spesso opinioni in libertà. Questa vicenda dello sviluppo digitale nel nostro paese imporrebbe innanzitutto semplificazione delle regole, riduzione dei soggetti che debbono parlare, e soprattutto buon senso e visione moderna dei problemi. Speriamo che la nomina, per la prima volta, di esperti stranieri non sia solo frutto di provincialismo, ma serva almeno a farci dare qualche buon suggerimento da chi viene da realtà lontane anni luce.

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