Non funziona la centralizzazione della governance dell’Agenda digitale, così come concepita dal governo. Il monito arriva dalle Regioni che mettono nel mirino l’articolo 8 del decreto Semplificazioni che avrebbe impatti negativi sulle competenze e sugli investimenti regionali fatti negli ultimi anni per l’innovazione digitale. La posizione delle Regioni è contenuta in un documento che il Presidente della Conferenza Stefano Bonaccini ha inviato al Ministro per la Pubblica amministrazione, Giulia Bongiorno, e al ministro per gli Affari Regionali e le autonomie, Erika Stefani.
L’articolo 8 ridisegna, infatti, la governance nazionale dell’Agenda digitale, concentrando fortemente funzioni e compiti sulla Presidenza del Consiglio dei Ministri senza però rivedere “il ruolo dei numerosi soggetti pre-esistenti (Team Digitale, Agid, Formez, Sogei tanto per citarne alcuni), incrementando complessità delle relazioni e riducendo chiarezza e linearità dei percorsi di confronto e concertazione”, avvertono i governatori.
“Le Regioni avrebbero preferito rafforzare i rapporti attivi con il Ministero della Funzione Pubblica che oggi rappresenta già un riferimento unitario per tutte le Amministrazioni coinvolte nell’attuazione dell’Agenda Digitale”, si legge nel documento. Altro elemento di criticità è che il Presidente del Consiglio dei Ministri dal 2020 assume in via permanente i poteri del Commissario straordinario quindi può approvare in autonomia regole tecniche ed assumere stabili poteri di impulso (e sostitutivi) nei confronti di tutte le PA e su tutti i temi dell’Agenda digitale.
Tutto ciò, oltre a porre dubbi a livello di costituzionalità – la Costituzione all’articolo 117 lettera prevede per lo Stato solo il coordinamento (..) dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale” – “confligge con il processo già in atto da parte di alcune Regioni verso una accresciuta autonomia ai sensi dell’articolo 116 e anche con il rispetto dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza di cui all’articolo 118″.
Incongruo anche il fatto che la figura del commissario straordinario al Digitale venga disciplinata come se fosse ordinaria. “Invece di andare al suo superamento viene prevista la sua esistenza anche ‘a decorrere dal 1° gennaio 2020’ e quindi la si istituzionalizza stabilmente – spiegano i governatori – Ogni compressione delle potestà regionali che possa derivare da tale figura si riflette quindi immediatamente in una limitazione dell’autonomia delle Regioni e delle Province autonome”.
In questo contesto è auspicabile “è trovare una stabilità per i soggetti centrali preposti a funzioni strategiche e/o attuative e, al tempo stesso, dare chiarezza per quanto riguarda i loro compiti e funzioni”. Le Regioni chiedono dunque “interlocutori univoci, sia sul piano politico che tecnico, rispetto ad ognuno dei principali filoni dell’Agenda, dalla PA digitale fino alla banda larga passando per le competenze.
Serve inoltre rivedere in materia di Agenda digitale della Pcm attraverso i provvedimenti attuativi che seguiranno il Dl, “fissando anche compiti e funzioni degli altri soggetti centrali rispetto al policy making dei principali filoni dell’Agenda digitale”. Cruciale anche consolidare Agid come unico soggetto deputato alla elaborazione di linee guida e regole tecniche sul digitale, sia rispetto ai temi del Cad e del Piano triennale Ict sia sui temi dell’Agenda digitale complessiva. Il tutto riconoscendo alle Regioni il loro ruolo, sancito dalla Costituzione, anche anche favorendo precise strategie di aggregazione territoriale.