Governo nuovo vita nuova? È quello che più o meno sempre ci aspettiamo. E tutte le volte si sente dire “speriamo che sia la volta buona”. Ce lo auguriamo anche oggi e ci permettiamo di suggerire qualcosa di nuovo, anzi di antico.
Sono ormai molti (troppi anni) che il Codice dell’Amministrazione Digitale è profondamente inatteso, per alcuni versi a ragione (pochi), per altri esclusivamente per ignavia (a volte malafede ma mi piace pensare di no). Negli anni ho letto diversi documenti molto dotti in proposito e quindi mi permetto solo di suggerire al nuovo governo, e visti i tempi di spending review, di garantire l’applicazione degli articoli 68 e 69 che richiedono alle PA che acquisiscono software di prevedere un’analisi comparativa delle soluzioni e il riuso dei programmi informatici nel rispetto dei principi di economicità e di efficienza, tutela degli investimenti, riuso e neutralità tecnologica.
Si tratta di verificare, dal punto di vista tecnico ed economico, se sul mercato non esistano già soluzioni disponibili di: software sviluppato per conto della PA; riutilizzo di software o parti di esso sviluppati per conto della PA; software libero o a codice sorgente aperto; software fruibile in modalità cloud computing; software di tipo proprietario mediante ricorso a licenza d’uso; software combinazione delle precedenti soluzioni Ovvero, l’articolo 68 del Cad chiede alle PA, prima di procedere all’acquisto di software, di verificare se già non esistano soluzioni più economiche e/o riusabili sulla base dei seguenti criteri:
costo complessivo del programma o soluzione quale costo di acquisto, di implementazione, di mantenimento e supporto; livello di utilizzo di formati di dati e di interfacce di tipo aperto nonché di standard in grado di assicurare l’interoperabilità e la cooperazione applicativa tra i diversi sistemi informatici; garanzie del fornitore in materia di sicurezza, conformità alla normativa in materia di protezione dei dati personali, livelli di servizio.
Ma il concetto più forte è che, solo nel caso in cui dalla valutazione comparativa, risulti impossibile accedere a soluzioni già disponibili all’interno della PA, o a software libero, adeguati alle esigenze da soddisfare, è consentita l’acquisizione di programmi informatici di tipo proprietario mediante ricorso a licenza d’uso!
Ovviamente si richiede che le PA comunichino all’Agid l’adozione delle applicazioni informatiche e delle pratiche tecnologiche e organizzative adottate, fornendo ogni utile informazione ai fini della piena conoscibilità delle soluzioni adottate, anche per favorire il riuso e la più ampia diffusione delle migliori pratiche.
Questo vorrei chiedere al nuovo governo: rimettiamo in piedi un repository che preveda tutte le soluzioni riusabili della PA; supportiamo le PA nelle fasi di riuso; comunichiamo con chiarezza tali obblighi prevedendo verifiche periodiche per garantire supporto al riuso soprattutto ai piccoli enti. A quanto detto si aggiunge che l’articolo 69 obbliga le PA titolari di software realizzato su specifiche indicazioni del committente pubblico, a darli in formato sorgente, completi della documentazione disponibile, in uso gratuito ad altre PA che li richiedano e che intendano adattarli alle proprie esigenze, salvo motivate ragioni.
Ad oggi una motivata ragione è che, pur con la migliore volontà di riusare soluzioni, una PA non sa se e dove esiste la soluzione desiderata. Solo con un repository nazionale obbligatorio possiamo arrivare al riuso, con evidenti risparmi e soprattutto con maggiori investimenti su servizi a valore aggiunto come sono quelli relativi a servizi e non semplice vendita di licenze.