Il ritardo digitale costa all’Italia fino a 2 punti di Pil. Il dato emerge dalla ricerca “Stato, cittadini e imprese nell’era digitale”, realizzato da The European House-Ambrosetti al quale ha collaborato il Gruppo Poste Italiane. Stando a quanto emerso dall’analisi presentata in occasione del workshop Ambrosetti di Cernobbio, “l’Italia deve recuperare terreno rispetto ai Paesi più avanzati nella diffusione dei servizi digitali e dell’e-Government. Ma dispone di competenze, asset, infrastrutture e tecnologie in grado di colmare rapidamente il gap, riportando il Paese nel novero delle nazioni più sviluppate anche in questo settore”. La ricerca evidenzia “una situazione oggettiva di ritardo del Paese davanti alle sfide della digitalizzazione e dell’e-Government, a cui il Governo sta rispondendo con l’avvio operativo dell’Agenda digitale, la cui attuazione è indispensabile per ridurre i costi a carico di privati e imprese e per ridare competitività all’intero sistema Paese”, commenta il ministro per la Pubblica amministrazione e la Semplificazione, Gianpiero D’Alia, aggiungendo che “le risorse ci sono, il problema è che i soldi che ci dà l’Europa non li spendiamo”, oltre al fatto che “nella Pubblica amministrazione abbiamo troppi giardini privati”.
Lo studio fa una diagnosi dello stato di arretratezza dell’Italia nel campo dei servizi digitali e dell’e-Government, che invece costituiscono una leva di modernizzazione e competitività del Paese, e suggerisce le linee guida per invertire la rotta. I numeri spiegano le difficoltà italiane: l’economia digitale pesa solo l’1,7% del Pil rispetto al 3,9% della media dell’Unione europea. I cittadini e le imprese consumano troppo tempo per pratiche burocratiche e servizi inefficienti: recuperare già solo 30 minuti di tempo utile al giorno avrebbe vantaggi per il Paese fino a 40 miliardi di euro, mentre l’aumento dell’efficienza del sistema dei servizi e della digitalizzazione potrebbe generare un incremento del 2% della produttività, con impatti significativi sul Pil.
Inoltre, solo il 22% dei cittadini italiani usa abitualmente i servizi della Pubblica amministrazione online contro il 52% della media Ue, l’Italia è ultima nell’Ue-27 per sviluppo dell’e-Government, ed è terz’ultima per utilizzo di e-Commerce. La polverizzazione delle infrastrutture e’ un altro freno: sono piu’ 4.000 i data center della PA per una spesa di gestione pari a circa 6 miliardi di euro. Di questi, oltre il 50% sono sottoutilizzati. “L’analisi di Ambrosetti ci illustra le cause del ritardo, ma offre anche le soluzioni – spiega l’Ad di Poste Italiane, Massimo Sarmi – Il nostro Paese ha a disposizione tutti gli strumenti ed è pronta per passare rapidamente alla fase operativa del programma di e-Government”. Per quanto riguarda la società da lui guidata, controllata al 100% dallo Stato, “Poste Italiane è pronta a dare il suo contributo”. In particolare, ha precisato Sarmi: “Nell’ultimo decennio l’azienda ha costruito un’infrastruttura tecnologica e di servizio che integra piattaforme logistiche, di pagamento e di comunicazione digitale”, comprendendo che “questa infrastruttura integrata, unica in campo nazionale per dimensioni e applicazioni, potesse diventare anche una piattaforma da mettere a disposizione del Paese, per la realizzazione di servizi digitali di nuova generazione. Bisogna però fare presto”, perché “ogni giorno perduto amplia il digital divide tra l’Italia e i Paesi più sviluppati in questo campo”.