L’Agenda digitale non convince del tutto Regioni e Comuni. In attesa che il decreto Crescita 2.0 sia convertito in legge c’è fermento all’interno della Conferenza delle Regioni così come dentro Anci sulle azioni da mettere in campo, anche in maniera congiunta, per raggiungere gli obiettivi del piano telematico nazionale senza però dover buttare alle ortiche quanto fatto a livello locale. Non sono poche infatti le amministrazioni locali che hanno avviato, ben prima del varo del provvedimento digitale licenziato dal governo, propri programmi che abbracciano settori chiave che vanno dalla banda larga, alla digitalizzazione della PA fino arrivare, nel caso dei Comuni, a progetti di smart city. A non convincere è soprattutto la mancanza di un rapporto organico tra governo centrale ed enti territoriali sulle iniziative strategiche.
“Tale mancanza – evidenzia Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni – rischia di rallentare la realizzazione di progetti chiave quali quelli relativi alle anagrafi, al documento unificato, alla sanità e ai sistemi di trasporto cosiddetto “intelligente” che avrebbero invece bisogno di una fortissima integrazione e di un altrettanto forte riconoscimento del lavoro già fatto nei territori”.
In altre parole si “accusa” il governo di aver elaborato l’Agenda digitale, partendo da zero senza tenere conto delle singole specificità territoriali. “C’è stata finora – puntualizza Errani – una preoccupante assenza di riferimenti sistematici per la concertazione, anche laddove vi sono evidenti riflessi su aspetti organizzativi, amministrativi o addirittura competenze assegnate ai livelli regionali”. Motivo per cui gli enti locali, Regioni in prima linea, chiedono a gran voce un tavolo permanente sull’innovazione, magari sul modello di quello battezzato dall’ex ministro per gli Affari regionali, Linda Lanzillotta, dove integrare le agende locali con quella nazionale.
Per quanto riguarda i Comuni, invece, le preoccupazioni riguardano in particolar modo le risorse necessarie a realizzare i singoli progetti. “Nel decreto, che pure contiene interessanti prospettive di crescita – sottolinea Graziano Delrio, presidente dell’Anci – abbiamo rilevato una sovrabbondanza di rinvii ad atti amministrativi di competenza del governo che rendono piuttosto faticoso fare previsioni concrete sulla cantierabilità delle misure digitali. Anche perché sarà proprio in questi decreti che si giocherà la partita delle risorse, partita particolarmente importante per gli enti locali vincolati al patto di stabilità che impedisce di programmare investimenti a lungo termine”. L’Anci punta ad ottenere deroghe al patto di stabilità per poter allocare risorse ad hoc per il digitale. “Solo in questo modo – evidenza Delrio – si può continuare a battere sulla strada dell’innovazione. Parliamo di investimenti anti-ciclici che hanno conseguenze positive anche sulla vita dei cittadini oltre che sui macrodati economici”.
Ma le critiche degli enti entrano anche nel cuore dei singoli progetti. A cominciare dalla sanità elettronica sulla quale le Regioni chiedono una forte concertazione preventiva, in ragione delle delega. “ La norma sul fascicolo sanitario elettronico è attesa anche dalle Regioni da tempo – ricorda Errani – Sulle cartelle cliniche evidenziamo perplessità sia di tipo legislativo che di sicurezza nella gestione dei dati. Sembra un’Agenda che ripercorre quanto già stabilito, ma che non risolve alcuni nodi di tipo gestionale”.
L’Anagrafe nazionale delle popolazione residente entra invece nel mirino dei Comuni che in linea di principio condividono la proposta. “ Tuttavia in Cdm sono state introdotte modifiche che ne alterano l’architettura fino ad eliminare le anagrafi presso i Comuni – dice Delrio – arrecando un grave danno alla possibilità di gestire puntualmente il dato anagrafico con tutte le altre banche dati, come quelle tributarie ad esempio. L’attuale versione lascia addirittura intendere che l’Anpr possa essere estesa con i dati di altre anagrafi che, in quanto tali, non potrebbero più esistere, ad esempio, presso le Regioni o le aziende sanitarie come previsto da specifiche norme”.