L'IMPASSE

Agenzia Digitale, così abdica la politica

Coprirsi dietro una società di cacciatori di teste per scegliere il direttore non è stata buona idea, ma un tentativo di chiamarsi fuori. Ora, però, la politica è chiamata a scegliere

Pubblicato il 03 Ott 2012

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Oltre 100 nomi di “pretendenti” alla poltrona di direttore della neonata Agenzia digitale. Non si può dire che l’avviso pubblico lanciato dal governo non sia stato un successo. Nei risultati numerici, se non nella procedura. Non sono mancati, infatti, clamorosi incidenti di percorso che hanno reso accidentato il cammino della processo di selezione. Con effetti quasi esilaranti. Tra questi l’indirizzo Pec cui inviare i curricula pubblicato in modo sbagliato in Gazzetta Ufficiale, la posta elettronica certificata che funzionava solo in orario di ufficio, l’errore di data di pubblicazione del Dpcm di riferimento, il guazzabuglio giuridico sulle funzioni attribuite all’Agenzia.

Facile ironizzare sulla incapacità della macchina pubblica di districarsi nell’enorme coacervo di leggi, leggine, regolamenti, cavilli e controcavilli, procedure estenuanti ed incomprensibili in cui si è impantanata. Ma è anche un buon esempio delle difficoltà che, ricorsi permettendo, il novello direttore della novella Agenzia digitale dovrà affrontare.

Guidare la digitalizzazione della macchina pubblica e nel contempo portare avanti obbiettivi ambiziosi come quelli indicati nell’Agenda Digitale (Cie, e-commerce, anagrafe digitale, sanità digitale per dirne alcuni) non sarà per niente facile.

Come non sarà facile districarsi tra la pressione vischiosa di una parte consistente della burocrazia italiana (“la PA non è un acceleratore ma un freno”, ha denunciato di recente il presidente di Confindustria Digitale Stefano Parisi) e nel contempo riuscire ad ottenere il consenso fattivo di ben 5 strutture che hanno voce in capitolo nelle scelte e nella gestione dell’agenzia (Presidenza del Consiglio, ministeri della Funzione Pubblica, dell’Istruzione, dello Sviluppo economico e della Sanità).

Le competenze manageriali e la visione strategica sono importanti. Ma sono altrettanto importanti la capacità di districarsi nelle procedure della macchina pubblica, di vincere le incrostazioni burocratiche, di avere relazioni fruttuose con i ministri e i ministeri (presenti e futuro prossimi) che possono aiutare o interferire nella realizzazione degli obiettivi dell’Agenda. Il primo, immediato compito sarà quello di organizzare materialmente l’Agenzia e di selezionarne competenze professionali all’altezza.

Managerialità, capacità di mediazione e di relazione “politica”, dinamismo, capacità di accompagnare e spingere le trasformazioni della macchina pubblica, visione e competenze della materia. Sono alcune qualità a nostro avviso indispensabili al nuovo direttore, altrettanto quanto quelle indicate nell’avviso pubblico.

Proprio per questo, la scelta del nuovo direttore di Agenda Digitale non può dipendere da una asettica valutazione dei curricula, magari da lasciare a una società terza.

La politica si è in un certo senso chiamata fuori dalla vicenda con la decisione di indire un avviso pubblico per reperire i candidati. Ma alla fine, che si scelga o meno all’interno del “pot” degli autocandidati (cosa che potrebbe avvenire nel caso che nessuno dei curricula presentati fosse giudicato all’altezza), la decisione sarà sempre della politica. E la responsabilità del successo o del fallimento ricadrà sulla politica, non sulla società di cacciatori di teste cui sembra essere stata delegata la decisione.

Lasciare la scelta a terzi non è buona politica, è abdicazione della politica. A meno che non sia stata tutta una finzione. Un’ulteriore prova della debolezza in cui è precipitata la politica italiana.

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