Sembra essere finalmente in dirittura d’arrivo lo statuto dell’Agenzia per l’Italia digitale. Da Palazzo Chigi fanno sapere al Corriere delle Comunicazioni che il governo punta a vararlo entro la fine di questo mese, dopo il via libera da parte della Corte dei Conti. In questi giorni la magistratura contabile sta passando al setaccio la sostenibilità finanziaria di due punti: quello relativo alla dotazione organica dell’ente e la facoltà di nominare nuovi dirigenti da parte del dg Agostino Ragosa.
Come scritto dal nostro giornale, lo statuto di Agid è stato inviato alla magistratura contabile lo scorso 9 gennaio. Per l’approvazione dello statuto Palazzo Chigi opterà per una procedura d’urgenza (quella standard richiede invece fino a 60 giorni, con il principio del silenzio-assenso).
Sarebbe confermata l’impostazione già data all’Agenzia con il decreto del Fare: questa è rimessa alle dirette dipendenze della Presidenza del Consiglio e avrà un organico di 130 persone. Adesso sono 100 le persone che l’Agenzia ha già a disposizione, avendo incorporato funzioni e personale di due enti, DigitPA e l’Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione. Una volta approvato lo Statuto, quindi, l’Agenzia potrà potenziarsi e anche emanare primi atti formali. Com’è noto, nelle more dello Statuto, Agostino Ragosa sta lavorando a vari atti firmandoli formalmente in qualità di commissario della Presidenza del Consiglio e non di direttore dell’Agenzia. Un escamotage che comunque ha rallentato l’attività dell’Agenzia.
Intanto è online il nuovo sito del’Agenzia all’indirizzo http://www.agid.gov.it/.
Una volta varato, il provvedimento darà piena operatività all’ente guidato da Ragosa che potrà concentrarsi sull’attuazione dei tre progetti chiave dell’Agenda digitale: identità digitale, fatturazione elettronica e anagrafe unica. Attualmente il lavoro di Agid è concentrato sul consolidamento dei data cente della PA.
Nella pubblica amministrazione centrale italiana esistono oltre un migliaio di data center di diverse dimensioni distribuiti su tutto il territorio, che ospitano oltre ventimila server, per un costo annuo complessivo per la sola gestione di circa 450 milioni di euro.
Si tratta di infrastrutture spesso duplicate nelle funzioni e prive di una visione organica attraverso la quale attuare sinergie basate sulla standardizzazione, l’interoperabilità e l’evoluzione tecnologica del comparto pubblico. L’Agenzia per l’Italia digitale ha avviato, in collaborazione con la Fondazione Ugo Bordoni (Fub), un censimento dei server, primo passo verso un consolidamento che il dg Agostino Ragosa immagina avvenire a livello regionale. E di consolidamento parla anche il decreto del Fare che all’articolo 16 regola la razionalizzazione dei cosiddetti Ced in un ottica di cloud computing.
Come spiegato dal dg di Agid, Agostino Ragosa, in un’intervista al nostro giornale, si punta a ridurre le strutture di data center a 30/40 unità: intendiamo creare centri dati altamente interoperabili a livello fisico e logico consolidando le infrastrutture sia a livello regionale che centrale. L’obiettivo finale è la realizzazione di una “enterprise public infrastructure” nella quale il Sistema pubblico di connettività (Spc) sia interconnesso con le reti territoriali realizzate dagli enti locali e dove i luoghi che ospitano i sistemi pubblici – i data center – siano rispettosi degli standard internazionali. Il tutto all’insegna della sicurezza delle informazioni e dei dati, parte essenziale del sistema dei servizi pubblici da erogare.
Per Francesco Caio, mister Agenda digitale, “il processo di consolidamento è un “movimento globale”, basato sullo sviluppo della banda larga e del cloud”. “È quindi una strada da perseguire anche nell’ambito della Pubblica amministrazione in Italia – ha detto al nostri giornale – Però è importante che il consolidamento delle infrastrutture fisiche sia guidato da una visione chiara dell’architettura “logica” dei sistemi della PA. Un’architettura di riferimento che indichi quali sono la Basi Dati di interesse nazionale, quali i flussi di interoperabilità e i processi di interazione e dialogo tra sistemi. In questa prospettiva è soprattutto l’adozione di standard comuni per le strutture di dati e metadati che fa fare il salto di qualità nell’erogazione e nella fruizione di servizi”.