L’Agenzia per l’Italia digitale è citata una trentina di volte nel decreto Crescita 2.0 del 4 ottobre. E forse basterebbe questo dato a confermare l’importanza del nuovo corpo istituzionale. Fungerà, d’ora in avanti, da chiave di volta dell’Agenda digitale: avrà infatti il ruolo di portare nella realtà delle pubbliche amministrazioni tutte le novità che rischiano, altrimenti, di restare solo nella norma. Dovrà insomma fare proprio quello che finora all’Italia è riuscito meno bene: passare dalla teoria ai fatti, svecchiando la PA. Mission impossible? “Impossibile no. Difficile, sì”, dice Francesco Sacco, direttore di EntER-Bocconi, riassumendo un’opinione diffusa tra esperti e addetti ai lavori. C’è un fattore positivo e uno negativo, a pesare sul destino dell’Agenzia. Da una parte, potrà contare su un ecosistema che comunque negli ultimi mesi è andato avanti verso le nuove tecnologie e che, almeno a livello di governo e di associazioni di categoria, sembra davvero intenzionato a portare l’Italia nell’era del digitale. Dall’altro, dovrà riuscire a mediare – e in certi casi anche a imporsi – sulle diverse forze politiche e istituzionali in campo. Solo così potrà assolvere ai tanti compiti impartiti dal decreto e ai quali altri potrebbero aggiungersi in fase di conversione in legge. Eccoli, nell’ordine in cui sono citati nel testo.
L’Agenzia collaborerà con il governo per presentare, entro il 30 giugno di ogni anno, una relazione sullo stato di avanzamento di quanto previsto dal decreto legge del 9 febbraio 2012, N.5, articolo 47, “disposizioni urgenti in materia di semplificazione e sviluppo”. È il decreto con il quale era nata la Cabina di regia per l’Agenda.
L’Agenzia darà un parere per definire – con un futuro decreto del ministero dell’interno – “le modalità di comunicazione, variazione e cancellazione del proprio domicilio digitale da parte del cittadino”. Promuove lo sviluppo degli open data della PA e ne definisce gli standard tecnici. Avrà un ruolo tecnico e di sorveglianza per l’accessibilità dei servizi digitali della PA e dei soggetti che ricevono contributi pubblici. Dovrà spingere le PA ad accettare i pagamenti con moneta elettronica. “Sentita la Banca d’Italia, definisce linee guida per la specifica dei codici identificativi del pagamento”. Uno dei ruoli più importanti sarà di definire e sviluppare “grandi progetti strategici di ricerca e innovazione connessi alla realizzazione dell’Agenda digitale italiana e in conformità al programma europeo Horizon2020”.
Per questo già il decreto stanzia 170 milioni di euro. Si associa a un altro compito: “Definisce strategie e obiettivi, coordina il processo di attuazione e predispone gli strumenti tecnologici ed economici per il progresso delle comunità intelligenti”. “In sostanza si tratta di mettere a fattor comune, a livello nazionale, tutti i progetti di innovazione e smart cities che si aggiudicheranno i bandi Miur”, spiega Mario Calderini, responsabile di questi temi per il Miur. L’Agenzia deve istituire, a questo scopo, la piattaforma nazionale delle comunità intelligenti, entro 120 giorni dal decreto. “La spending review, l’urgenza di ridurre i costi, sarà per la PA un buono sprone a adottare il digitale”, dice Sacco. “L’istituzione dell’Agenzia dovrebbe imprimere un’accelerazione decisiva alla necessaria strategia digitale del Paese”, dice Roberto Rao (Udc), ma aggiunge che questo soggetto va incontro a numerose sfide.
“Nella fase di avvio, dovrà darsi subito uno statuto e gestire la soppressione dei due enti che sostituisce (DigitPa e AgInnovazione). Nella fase operativa dovrà confrontarsi con i grandi stakeholder dell’economia digitale e avere la capacità di incidere trasversalmente sulle politiche di tutti i ministeri”. “Il rischio è che sia frenata dai troppi e diversi referenti politici”, dice anche Paolo Gentiloni (Pd). “Nel codice dell’amministrazione digitale c’è già tutto, ma ben poco è applicato dalle nostre PA”, aggiunge Antonio Palmieri (Pdl). “Tocca proprio all’Agenzia rimediare al problema, sperando nel sostegno di tutti, anche degli alti dirigenti della PA – continua Palmieri -. Ma di positivo c’è che non parte da zero: può già poggiare su quanto già fatto finora, per il digitale, da questo governo e dal precedente”. L’Agenzia dovrà appunto dimostrare che finora l’Italia non ha avuto solo buone intenzioni.