La Posta Elettronica Certificata (Pec) compie sette anni ma ancora non è facile comunicare con l’amministrazione tramite questo strumento. Secondo una ricerca condotta Anorc – Associazione che rappresenta gli operatori del settore della conservazione digitale dei dati – nonostante l’elevata presenza della Pec nella amministrazioni pubbliche per i cittadini è ancora difficile servirsene per gestire le proprie comunicazioni con gli enti di interesse.
La pubblicazione degli indirizzi Pec non è mai, infatti, inferiore al 90% dei casi analizzati di regioni, province comuni capoluogo e ministeri ma riuscire a mandare una e mail con il “bollino” diventa spesso un’impresa ardua. L’indirizzo giusto è spesso nascosto fra la gran quantità di informazioni e di finestre che si aprono nei portali di questi enti, sia perché vengono collocati insieme a vari altri indirizzi elettronici senza specificarne l’area tematica di riferimento.
Tutto ciò tradisce lo spirito della normativa che ha introdotto tale opportunità col fine di semplificare e velocizzare le procedure di spedizione e ricezione di testi superando la logica della raccomandata postale. Infatti, il livello di fruibilità della Pec dei ministeri non supera il 15% a fronte del 55% delle regioni e del 93% di province e comuni capoluogo.
“L’analisi – spiega il presidente di Anorc, Andrea Lisi – che presentiamo subito dopo la promulgazione del decreto sulla competitività 2.0 che dedica ampio spazio al tema dell’agenda digitale per la PA, non vuole colpire la Pubblica amministrazione quanto evidenziare i rischi che, proprio per gli enti oltre che per i cittadini e tutti i soggetti economici che hanno rapporti col mondo pubblico, possono derivare da una non completa definizione delle regole a cui deve attenersi il processo di digitalizzazione della macchina amministrativa e dalla conseguente non omogeneizzazione dei comportamenti”.
L’uso della Pec dovrebbe essere legato a una gestione documentale che garantisca la conservazione legale degli oggetti informatici inviati e ricevuti con questa modalità. Il rischio che si corre è che i futuri archivi, cartaeci o digitali, della PA italiana si riempiano di dati e informazioni non stabili, non ricercabili e della cui autenticità legale non sarà possibile dare garanzia.