La digitalizzazione della Pubblica amministrazione marcia a “un passo troppo lento”, con una spesa per Ict complessiva che tra il 2007 e il 2013 mostra un calo medio annuo di circa 3 punti percentuali, addirittura del 4,3% nel 2012. E’ quanto emerge dal secondo Osservatorio Assinform sulla Ict della Pubblica amministrazione, presentato oggi a Roma e che evidenzia peraltro come tuttavia l’unico settore in controtendenza sia la sanità.
“La Pubblica amministrazione italiana è in forte ritardo sul fronte della digitalizzazione – evidenzia il presidente di Assinform, Elio Catania (nella foto) – La spesa continua calare, si investe sempre meno e permane una frammentazione nell’uso e nell’allocazione delle risorse che non consente di fare sistema. Troppe iniziative sono annunciate e tardano ad essere avviate. I vincoli di bilancio sono noti, ma non si interviene ancora sulla tipologia della spesa, superando i tagli lineari. Non si guarda alla spinta che potrebbe dare la collaborazione pubblico-privato in chiave di project financing. Pur riconoscendo gli sforzi che sono stati fatti, bisogna rendersi conto che è necessario fare di più, meglio e in tempi più brevi”.
Dai dati emerge che è cresciuta la quota della spesa corrente sulla spesa complessiva a scapito degli investimenti: quest’ultima, infatti, è scesa nel 2012 nella PA centrale al 40,5% per IT e al 14,3% per le Tlc. Nelle Regioni il calo è stato al 26% e al 18,1%, nei Comuni e nelle province a quote ancora inferiori compresi rispettivamente tra il 12,5% e il 14% e tra il 9% e il 7%.
“La progressiva riduzione degli investimenti Ict che rappresentano una quota marginale della spesa – spiega il rapporto – è stata in gran parte assorbita dalla gestione corrente mentre una pianificazione carente, spesso caratterizzata da ritardi e rinvii e fortemente condizionata dalla politica di spending review, si è riversata soprattutto sui capitoli di spesa legati all’acquisto di servizi di informatica e telecomunicazioni”.
A frenare il comparto anche l’applicazione della normativa. Pur in presenza di normative cogenti – primo fra tutto il Cad – le amministrazioni presentano un forte ritardo su molti fronti (Pec, conservazione sostitutiva e firma digitale), spesso da attribuire al ritardo con cui sono emanate le regole tecniche e i decreti attuativi.
Assinform considera fattore frenanti anche un’infrastruttura IT (hardware e software) sempre più datata, in alcuni casi ai limiti dell’obsolescenza che impatta negativamente anche sull’interoperabilità “scarsa tra i sistemi degli enti della Pal, che rilevano ancora un basso grado di adesione al Servizio Pubblico di Connettività, e tra questi e quelli della Pac”. Pesa anche un’elevata frammentazione dei sistemi informativi all’interno delle stesse amministrazioni regionali e centrali, dove permane una logica basata su silos non integrati tra di loro e conseguenti inefficienze e sprechi di risorse.
Il livello di integrazione applicativa e delle base dati risulta ancora modesto con gli enti della PA centrale che nella maggior parte dei casi (58%) non hanno base dati integrate con gli altri enti sempre della PA centrale e addirittura nel 90% dei casi con le amministrazioni locali.
Per quanto riguarda la dotazione tecnologica si conferma l’elevata frammentazione dei data center che sono 4mila in Italia. La diffusione dei Pc ha raggiunto elevati livelli.
Sul versante connessione a fronte di un incremento di connessione wi-fi interna agli enti – soprattutto nelle sedi centrali – prosegue lentamente l’estensione anche nelle altri sedi. Rallenta anche il Voip, soprattutto a causa dei mancati investimenti che hanno caratterizzato il 2012. La dotazione di sistemi di sicurezza di base – firewall, antivirus e antispam- hanno una diffusione pressocché totale. Cresce anche l’uso di sistemi open source nell’ottica di razionalizzazione dei costi.
I pagamenti elettronici risultano ancora poco utilizzati (ad eccezione delle multe: il 50% delle sanzioni viene pagato da web), soprattutto dai cittadini. Anche in ambito sanitario, la situazione è simile: il 69% delle Asl non offre la possibilità di pagare i ticket online.
Il rapporto ha poi esaminato anche lo stato di attuazione dell’Agenda digitale, iniziando dalla sanità digitale. Sul fronte Anagrafe sanitaria unificata sono 18 le Regioni che già la utilizzano mentre in tre – Lazio, Campania, Sicilia – si è ancora alla fase di completamento.
Molto disomogenea la diffusione del fascicolo sanitario elettronico: solo in 4 Regioni il Fse è operativo (Emilia Romagna, Toscana, Lombardia, Provicia di Trento) mentre in 12 è in fase di test. Valle D’Aosta, Provincia di Bolzano, Umbria e Abruzzo non hanno avviato progetti. Frammentata anche la situazione delle ricetta elettronica a causa della diversa modalità di trasmissione, in alcuni casi basata sul sistema Sogei in altri su piattaforme proprie.
Negli ultimi due anni si è assistito a una rapida diffusione dei progetti di smart city. Il 63% dei Comuni con oltre 100mila abitanti ha avviato – o lo sta per fare – progetti ad hoc. Per quanto riguarda le forme di finanziamento sono speso statali, regionali o comunitarie; solo il 40% dei comuni usa fondo propri.
Limitato l’uso degli open data. Iniziative sono state avviate nel 36,9% degli enti centrali, nel 17,8% dei Comuni e nel 40,6% delle Province.
Infine il cloud computing dove si rilevano passi avanti nelle giusta direzione. Il 50% degli enti centrali adotta o prevede di usare soluzioni cloud, soprattutto di IaaS basati su modelli private; il 43% delle Regioni adotterà entrò il 2013 soluzioni ad hoc, facendo della in house regionale dell’Ict il cloud service provider. Male gli enti locali: l’80% di essi non prevedere l’adozione di sistemi cloud.
“Gli investimenti per l’ammodernamento della Pubblica amministrazione devono avere assoluta priorità nell’Agenda politica del Governo per tre ragioni fondamentali – sottolinea Catania – La prima è che essi sono l’unica leva concreta per aumentare l’efficienza e il valore aggiunto creato dalla PA senza distogliere le risorse dalle iniziative di rilancio dell’economia; la seconda è che essi sono il motore di cui necessitiamo per indurre la digitalizzazione del Paese attraverso gli standard dei servizi evoluti a cittadini e imprese; la terza è che tali investimenti, in una fase di mancata crescita dell’economia, sono essenziali per la vitalità e lo sviluppo di un’industria, qual è quella dell’Ict, di assoluta rilevanza strategica per il nostro Paese.
“Ben vengano le tre priorità individuate nell’ambito dell’Agenda Digitale Italiana (identità digitale, anagrafe unica e fatturazione elettronica) – concluce Catania – purché si metta una marcia in più e soprattutto si passi dalle Agende ai progetti esecutivi con responsabilità chiare e tempi attuativi ben identificati”.
Intervenendo al convegno, Linda Lanzillotta (Sc) ha ribadito che “siamo in ritardo sull’agenda digitale anche se sono stati fatti passi avanti significativi con la centralizzazione della governancea Palazzo Chigi e l’individuazione di alcune aree prioritarie d’intervento come la carta d’identità elettronica, il fascicolo Sanitario Elettronico e la fatturazione elettronica verso la Pubblica Amministrazione.
Per questo motivo la senatrice ha presentato un ordine del giorno alle legge di stabilità “che impegna il governo sul tema dell’agenda digitale e, in particolare a dedicare una seduta del Consiglio dei Ministri a discutere le linee guida per condividere con i Ministri obiettivi e tempi di attuazione dell’agenda digitale che deve essere la leva strategica per la nostra economia e per la riforma della Pubblica amministrazione”.