IL CASO NEWCO

Banda larga, Renzi punta al “compromesso storico”

Newco a maggioranza Telecom o “condominio” compartecipato da tutte le telco interessate? La soluzione potrebbe concretizzarsi nel modello put and call in cui gli attori in campo acquisirebbero quote sulla base dei rispettivi investimenti e dei progetti portati a termine. Ma manca l’accordo fra le parti. Su fronti opposti Tiscar-Bassanini e Gutgeld-Guerra. E sulla questione pesa anche la parola di Bollorè, “legato” a Berlusconi. Al premier il difficile compito di trovare la via di uscita

Pubblicato il 24 Gen 2015

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Un compromesso “storico”. In cui tutti gli attori in causa – governo, Cdp, Telecom Italia e Olo – facciano la propria parte in nome della realizzazione della rete a banda ultralarga nazionale. Un “patto” in cui ciascuno rinunci alle proprie mire “individualistiche” per dare al Paese la possibilità di dotarsi in breve tempo, e in linea con gli obiettivi dell’Europa 2020, di un’infrastruttura in grado di sostenere lo sviluppo dell’Italia digitale e di mettere in moto la macchina degli investimenti, quantificata in 19 miliardi di risorse da mettere in campo di qui ai prossimi 20 anni e in grado di generare fino a 6mila nuovi posti di lavoro.

Il governo tiene alti i riflettori su piano ultrabroadband e punta a mettere d’accordo le varie parti, mettendo fine a una situazione di stallo che perdura ormai da anni e che come un refrain stonato si è aggrovigliata attorno al dilemma della “newco sì newco no”. Sciogliere il nodo non sarà semplice. In ballo ci sono da un lato gli interessi, legittimi, di Telecom Italia – che nella partita gioca da protagonista avendo in capo la rete in rame senza la quale nessun progetto Paese è possibile a meno di non voler replicare ex novo e a caro prezzo la rete di ultimo miglio, in particolare i collegamenti verticali-, e di Vodafone e Wind, le due aziende di Tlc che non hanno alcuna intenzione di rimanere fuori dai giochi temendo la riconfigurazione di un “monopolio”, questa volta sulla fibra.

Dall’altro lato gioca la Cdp in quanto azionista – attraverso il Fondo strategico italiano – del 46,2% di Metroweb, il “veicolo” attraverso cui si punta a guidare il progetto ultrabroadband. Al governo il compito, non facile, di trovare la soluzione che consenta di “accontentare” tutti. Una soluzione che potrebbe concretizzarsi nel cosiddetto modello “put and call” che permetterebbe alle aziende di Tlc di acquisire progressivamente quote della newco sulla base dei rispettivi investimenti in capo alla newco e soprattutto dei progetti portati a buon fine.

Ma sarà davvero possibile questa soluzione? Telecom Italia è decisa ad accaparrarsi sin da subito l’opzione di call per salire al 51% della newco, ossia per diventare azionista di maggioranza della rete in fibra, di qui a un arco di tempo da stabilirsi in fase di costituzione della newco stessa in cui l’altra parte del leone la farebbe Cdp. L’Ad Marco Patuano, come in passato il predecessore Franco Bernabè, ha più volte ribadito che la soluzione “condominio” (che vedrebbe dunque la compartecipazione delle altre telco interessate a scendere in campo) non è gradita né fattibile. Il progetto però non piace, agli Olo – ça va sans dire – né al vicesegretario generale della Presidenza del Consiglio Raffaele Tiscar che propende, “affiancato” dal presidente di Cdp Franco Bassanini, per un network “comune” in cui tutti le telco possano avere accesso all’infrastruttura a pari condizioni.

Sul fronte opposto, ossia a vedere di buon grado un ruolo di primo piano per Telecom Italia, si è però schierato il duo Gutgeld-Guerra, il primo consigliere fidatissimo del premier Matteo Renzi, il secondo (ex numero uno di Luxottica) entrato a far parte della “squadra” dei superconsulenti di governo chiamati a portare avanti il progetto di Italia digitale. Sulla decisione da prendere pesa anche lo scioglimento di Telco, ossia l’uscita di scena di Mediobanca, Intesa Sanpaolo e Generali, e il futuro peso del nuovo azionista, Vivendi, l’azienda francese capitanata da Vincent Bolloré che si prepara a fare il suo ingresso nella compagine azionaria con l’8,3% di quota (la più alta) che le sarà ceduta da Telefonica.

La posizione di Bollorè, non ancora ufficializzata, sarebbe a favore di una soluzione che veda Telecom protagonista e non solo perché il nuovo azionista beneficerebbe della quota di maggioranza nella newco delle reti: la partita si incastra inevitabilmente con quella che vede i francesi interessati a “legarsi” sempre più a Mediaset. L’amicizia fra Bollorè e l’ex premier Silvio Berlusconi è nota. E che i due stiano lavorando a un’intesa è altrettanto noto. E lo sa bene il premier Matteo Renzi, “legato”, volente o nolente, a Berlusconi nel patto del Nazareno che fra le questioni all’odg potrebbe avere anche quella legata al destino della rete a banda larga, sempre più fondamentale per il broadcasting dei video e destinata a diventare l’asset di riferimento dell’industria televisiva.

Difficile dire chi la spunterà e come si configurerà lo scenario. Intanto gli incontri fra le parti vanno avanti. E sulla questione pesa, e non poco, anche il parere dell’Antitrust che a quanto risulta – e anche a seguito dell’indagine conoscitiva realizzata insieme con Agcom – pende a favore della soluzione “condominio” in cui la presenza di più attori rappresenterebbe la garanzia di una maggiore concorrenza e anche di un maggiore interesse a mandare avanti il progetto-Paese.

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