“E’ La legge di stabilità che dice molto chiaramente che le partecipazioni di enti pubblici in società private, dove non siano strettamente necessarie al conseguimento o all’adempimento dei propri fini istituzionali, dovevano essere cessate alla fine dell’anno scorso. Il legislatore è stato molto chiaro, e non c’è ombra di dubbio che questa disposizione dovesse essere applicata”.
A parlare è Karl Manfredi, amministratore delegato di Brennercom, dopo la conclusione del consiglio d’amministrazione della società che nella seduta di oggi ha disposto la cessazione delle partecipazioni azionarie dell’Azienda servizi municipalizzati di Bressanone e di Selfin: 800 azioni nel primo caso, 1.938 nel secondo, per un valore di 611.416 euro e di un milione e 481.155,26 euro. Nella stessa direzione era andata la riunione del board del 22 giugno, quando si era decisa la cessazione delle azioni in capo alla Provincia di Bolzano: 19.483 azioni per un valore complessivo di 14 milioni e 890mila euro.
Manfredi, il presidente della Provincia nei giorni scorsi ha definito senza fondamento normativo la decisione del board di Brennercom. Come risponde?
E’ un’espressione che devo rigettare. Abbiamo agito secondo una legge dello Stato, e le leggi dello Stato sono in vigore anche in Alto Adige. Noi siamo assolutamente tranquilli da questo punto di vista.
Il Cda era obbligato a cessare le partecipazioni azionarie pubbliche, o aveva una qualche discrezionalità di scelta?
Siamo stati obbligati a prendere questa decisione. Abbiamo ricevuto una serie di pareri legali, tutti concordi nell’indicarci questa strada. Abbiamo verificato anche molti pareri relativi ad altre società pubbliche nonché sentenze di diverse sezioni della Corte dei Conti: tutti vanno nella stessa direzione. Questo è un tema non nuovo: se lei guarda le vecchie leggi di Stabilità, come quella del 2007, vedrà che introducevano già questo principio, anche se parlavano di alienazione e non di cessazione.
Qual è la differenza tra alienazione e cessazione?
Spesso le alienazioni, cioè la vendita delle azioni, non sono state fatte. Per questo il legislatore ha deciso di appesantire la misura e di prevedere la cessazione, per far capire che è una materia su cui il Governo non vuole scherzare e non vuole sentire scuse. Sembra un tema squisitamente giuridico, una piccolezza, ma se lei deve cedere una quota, quindi venderla, deve trovare dall’altra parte qualcuno che la compri a una certo prezzo. Se lei volesse fare il furbetto, potrebbe decidere di vendere a un prezzo troppo alto, in modo da poter poi dire che voleva vendere, ma nessuno ha comprato. Questo lo ha capito anche il legislatore, che ha deciso così di introdurre la modalità della cessazione delle quote, da valutare con i criteri del codice civile. Così noi abbiamo incaricato una società internazionale di revisione che ha definito il prezzo per azione, secondo gli usuali metodi di valutazione di una società. Ed è questo prezzo che, moltiplicato per il numero di azioni da cessare, viene rimoborsato agli azionisti pubblici.
La Provincia ha dato recentemente vita a una società totalmente pubblica, St Fibernet, che ha il compito di cablare in fibra ottica l’intero territorio altoatesino. Qual è la sua valutazione su questa vicenda? Non rischiate di esser messi fuori mercato?
Di questo progetto si devono ancora verificare i requisiti di legalità. Ho sulla mia scrivania la strategia italiana per la banda ultralarga. E’ un documento che ha data 3 marzo 2015, viene dalla presidentenza del Consiglio dei ministri, dal presidente Matteo Renzi, che definisce cosa si può e cosa non si può fare. Di quel documento cito una frase: “L’attore principale della presente strategia è il mercato”. Quindi è il privato che deve costruire le infrastrutture, e il pubblico può solo intervenire in modo sussidiario. E’ difficile argomentare che si vuole costituire una società che investe lì dove ci sono già infrastrutture parallele. La Corte dei Conti, che è il soggetto che deve vigilare su queste questioni, non sarà molto d’accordo.
Avete in programma ricorsi?
Mi auguro che con la Provincia potremo metterci a una tavolo e discutere su chi fa cosa. A prevederlo è la legge. Il Mise fa le indagini sulle necessità di connettività sul territorio, ed è un meccanismo che funziona bene: vedremo in futuro cosa succederà, a livello nazionale e locale. E poi ci sono tutta una serie di sentenze della Corte dei Conti che vanno tutte nella stessa direzione.
Ricorrerete all’Unione Europea?
Per Trento, dove erano più avanti con i progetti di infrastrutturazione pubblica, Bruxelles e l’autorità di garanzia hanno stabilito chi poteva fare cosa: lì ora la situazione è chiara. Probabilmente a Bolzano non erano sufficientemente informati.
Questa vicenda è il sintomo che qualcosa si è rotto nella comunicazione con la Provincia di Bolzano?
Lo dico in modo aperto: noi a livello operativo con le amministrazioni, con gli uffici pubblici, con le altre società pubbliche abbiamo e continuiamo ad avere una ottima collaborazione, non ci sono problemi. Se poi a livello politico si sono fissati obiettivi pochi chiari, più o meno definiti, oppure noi non siamo stati coinvolti, questo è un altro film. Noi abbiamo applicato la legge, e le amministrazioni pubbliche sono chiamate a fare gli amministratori, e non gli imprenditori.