Monti ha già perso la scommessa sull’Agenda digitale. A dirlo l’ex ministro della PA e Innovazione, Renato Brunetta, in un intervento pubblicato oggi su Il Giornale. Brunetta punta il dito contro il piano d’azione delle cabina di regia che “ancora non c’è”. “Nessuno – sottolinea – mette in dubbio la volontà del premier di accelerare sul digitale ma qualche fatterello oramai avremmo dovuto vederlo”.
“In questi mesi invece si è solo perso tempo – puntualizza l’ex ministro – Non si è andati più avanti sulla fatturazione e sui pagamenti elettronici, si è tanto parlato di banda larga o di promuovere la piccola impresa innovativa ma nulla è stato fatto, la comunicazione certificata o l’identità digitale sono progetti tanto sbandierati come strategici quanto accuratamente tenuti nel cassetto. La dematerializzazione della pubblica amministrazione è una parolaccia da non pronunciare. La sicurezza della firma digitale da remoto è congelata da mesi”.
“Non sarebbe poi così grave – rincara la dose – se dietro ci fosse un disegno, una strategia, almeno un sogno. Quel che preoccupa è che dietro c’è solo uno spazio lasciato vuoto per le scorribande della peggiore burocrazia”. Secondo Brunetta “alle innovazioni servono anche numerose occasioni di confronto, di aggregazione della domanda, come una palla di neve che rotolando cresce fino a conquistarsi la forza di spazzar via il pre-esistente”.
“Se non si aprono spazi per raggiungere rapidamente la massa critica le nuove idee rischiano di perdere forza ed esaurirsi facilmente”. In questo senso la PA deve essere “presidio” e fare da “spinta” all’avviamento: “Nel presidio è la sua forza di indirizzo, visione strategica, coordinamento. Nelle leve di moltiplicazione la forza di redattore delle regole, acquirente di beni e servizi, concentrazione della domanda”.
Il governo, riconosce Brunetta, ha riconosciuto presto e bene “una opportunità che in questa duplice direzione, di presidio e di moltiplicazione della innovazione, l’Europa e il governo precedente hanno lasciato in eredità”.
Rispetto alla Digital Agenda europea “il governo Monti con l’Agenda digitale italiana poteva iniziare a cogliere una duplice opportunità che il quadro europeo offre ai Paesi membri: una chiara visibilità sulle scadenze e sugli obiettivi che la Commissione intende dare a se stessa in materia di ‘economia digitale’ nonché la possibilità di indirizzare e coordinare un vasto e complesso scenario di attività, progetti, iniziative e risorse che, in materia di digitalizzazione, sono da tempo in corso anche nel nostro Paese”.
Secondo l’ex inquilino di Palazzo Vidoni “in questi mesi si è dedicata invece tutta l’energia a disposizione per fermare il lavoro in corso, per immaginare come smantellare progetti, iniziative, istituzioni, per confondere le idee con cattedrali nel deserto che non vedranno mai la luce”, dimenticando che la politica è anche “sostegno e accompagnamento delle idee e delle azioni minute”.
Per rafforzare la sua analisi Brunetta prebde come esempio il nuovo Cad che dopo due anni stava entrando nella sua piena attuazione, in ambiti strategici quali “le firme elettroniche, i pagamenti online, la fatturazione elettronica, la dematerializzazione e conservazione digitale dei documenti nonché l’uso della posta elettronica certificata”. Ambiti in grado di offrire “riduzioni della spesa improduttiva, miglioramento dei tempi e della qualità dei servizi della pubblica amministrazione, apertura del mercato per le imprese private, spinta alla spirale dell’innovazione
“Fermare e rinviare tutto è un errore imperdonabile”, incalza Brunetta. “La spending review non può essere un esercizio accademico o un taglio indiscriminato (entrambi, come noto, sia dannosi che pericolosi) ha bisogno della tracciabilità di pagamenti e fatture, di razionalizzazione delle strutture organizzative pubbliche, di mobilità del personale, di infrastrutture informatiche razionali e funzionanti, di competenze adeguate – conclude – E via elencando. Rinunciarci è da incoscienti, è lasciare la vittoria a pochi cattivi burocrati privi di fantasia che non sia quella destinata a rafforzare la (propria) poltrona”.