Un‘Agenda digitale di pagine bianche. Così l’ex ministro della PA e Innovazione, Renato Brunetta definisce il piano digitale dle governo Monti. “Finalmente il governo ha approvato, a distanza di più di 8 mesi dal primo, il secondo decreto crescita, che dovrebbe recepire i princìpi dell’agenda digitale europea – scrive Brunetta in un editoriale pubblicato oggi su “Il Giornale” – Potremmo dire, parafrasando il commento del grande musicista Gioacchino Rossini sull’opera di un giovane compositore, che c’è del buono e c’è del nuovo. Peccato che il buono non sia nuovo e il nuovo non sia buono”.
“Sono ormai troppi mesi che il governo è in difficoltà in materia di innovazione – sottolinea l’ex ministro – mentre il sapore amaro del “te lo avevo detto!” comincia a lasciare spazio al timore che l’inerzia finisca per avere un prezzo troppo alto per il nostro Paese. In tanti hanno cercato di richiamare la attenzione del presidente del Consiglio sull’importanza del digitale per la competitività della nostra economia, di apprezzare la creazione di una cabina di regia per l’agenda digitale, di essere pronti ad investire risorse in un quadro di regole certe auspicando però che, dopo tante parole, arrivi qualche fatto concreto. Invece, dopo il lungo silenzio e gli ultimi inutili suoni di fanfare, il sonno digitale di questi mesi inizia a essere agitato da qualche incubo”.
Secondo Brunetta “il punto vero è che le cose non si creano da sole ma vanno costruite e migliorate passo a passo e che non basta una nuova legge, se dietro non c’è un costante lavoro di spinta, di presidio, di regolazione continua. E tutto questo è esattamente quello che in questo anno è del tutto mancato”. “In questa situazione il settore industriale delle telecomunicazioni e dell’informatica guarda, incerto se dichiararsi soddisfatto (la confusione è il miglior concime di prezzi alti per servizi scadenti) o preoccupato (si accorgono che stiamo andando a sbattere tutti insieme)”.
“Viene allora naturale chiedersi se questo torpore digitale non sia solo segno di scarsa volontà e di ridotta capacità del governo e dei suoi ministri o non sia invece funzionale a garantire rendite – conclude Brunetta – e a preparare le premesse per nuove posizioni di potere”.