Sette punti per riordinare la scuola italiana. Sono quelli allo studio del ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, che punta a presentare il pacchetto di misure nel Consiglio dei ministri previsto per lunedì 9 settembre. E tra assunzioni di docenti e aumento delle risorse per il funzionamento degli istituti, spunta anche una revisione del decreto Profumo sui libri digitali per rivedere tempi e modi di adozione dei testi elettronici, ma anche i tetti di spesa.
Carrozza intende dunque far slittare l’adozione degli e-book che il decreto Profumo stabiliva a settembre 2014. Stando a quanto risulta al Corriere delle l’obbligo di libri scolastici digitali (o misti) slitterà all’anno scolastico 2015-2016 a cui potrebbe corrispondere lo sblocco del tetto sui costi imposti da Profumo alle aziende (con risparmi per le famiglie dal 20% al 30%).
Incontrando a luglio gli editori preoccupati per la rapida evoluzione digitale della scuola (che assorbe un quinto del totale dei libri venduti in Italia, un fatturato di 650 milioni di euro), aveva sottolineato che “l’accelerazione impressa all’introduzione dei libri digitali è stata eccessiva”.
“Il sentiero dei libri digitali è segnato e non vogliamo uscirne, i tempi, però, mi sembrano troppo rapidi e il ministero non vuole nuovi contenziosi”. Il ministro ha scelto di congelare i libri digitali anche a causa del ” ritardo infrastrutturale tecnologico della scuola italiana: banda larga, wifi, cose per ora residuali nelle nostre aule”.
Il ministro non intende dunque bloccare l’adozione degli e-book ma prima occorre portare internet in tutte le scuole. “Abbiamo incontrato editori, genitori, insegnanti, dirigenti scolastici, studenti. Certamente – ha sottolineato più volte Carrozza – non sono gli editori i nostri unici partner. Li ascoltiamo ma guardiamo avanti. Abbiamo arruolato esperti che ci stanno aiutando. Il ministro Bray è un esperto di libri digitali e lo stiamo coinvolgendo. Stiamo predisponendo un nuovo decreto che dà indicazioni su come deve essere questo nuovo libro digitale. Ma bisogna pensare a portare in tutte le aule d’Italia internet. Servono infrastrutture adeguate e c’è anche un problema di apertura del software che non deve essere chiuso”.