“Presto avrò le deleghe alle Tlc” . Lo ha annunciato il il viceministro allo Sviluppo economico Antonio Catricalà, intervenendo a “Radio Anch’io” su Radio1. “Ci sono dei problemi di assegnazione – ha chiarito Catricalà – ma si risolveranno presto”. A riprova di quanto detto in radio, Catricalà nei giorni scorsi ha riaperto la sede del Mise in Largo di Brazzà, da sempre destinata alle Comunicazioni e chiusa dal governo Monti. Sembra quindi allontanarsi un “caso Vari”: nella scorsa legislatura il sottosegretario allo Sviluppo economico, Massimo Vari, aveva ricevuto le deleghe alle Comunicazioni tre mesi dopo l’insediamento del governo Monti.
“Lo sviluppo del digitale può portare alla creazione di oltre 200mila posti di lavoro”. Lo ha detto nel corso della quale ha ricordato che “la mancata dematerializzazione dei rapporti con la pubblica amministrazione costa alle imprese 15 miliardi, se rispondiamo a questo problema otterremo risparmi per le imprese pari al 3% del Pil”. “Io, in particolare, sono concentrato, sul settore delle tlc che riguarda più del 2,7% del Pil e che è in grado di trainare altri settori”, ha sottolineato.
Secondo Catricalà, proprio per l’importanza ricoperta da tema “sullo sviluppo dell’Agenda digitale il Governo deve ricercare “un grandissimo consenso da parte di tutti”.
E’ la seconda volta in poco meno di una settimana che uno dei membri del governo Letta accende i riflettori sull’Agenda. Lo scorso 15 maggio, il ministro per lo Sviluppo economico, Flavio Zanonato, aveva aperto alla governance unica. “E’ importante che l’Agenda digitale faccia riferimento a un unico soggetto, un unico ministero, perché in una situazione in cui esistono le competenze incrociate, è inevitabile che si sovrappongano competenze e una serie di procedure con il rischio anche di grossi disagi”, aveva sottolineato, rispondendo ad un’interrogazione di Antonio Palmieri (Pdl).
“L’Agenda digitale recentemente varata dal Parlamento su iniziativa del Governo Monti assume un valore strategico per consentire all’Italia di affrontare le nuove sfide tecnologiche ed economiche – diceva – Intendo quindi dedicare ogni sforzo per la sua attuazione”.
Nelle scorse legislature i governi che si sono succeduti hanno optato per strade molto diverse tra loro La prima è quella del “modello” di Stanca e Brunetta che avevano portato il delicato tema della digitalizzazione interamente sotto la responsabilità del ministero della PA e Innovazione; c’è poi la governance “tripla” sulla falsariga di quanto fatto dall’ultimo governo Prodi che aveva nominato un sottosegretario all’Innovazione (nella persona di Beatrice Magnolfi) alle dipendenze dell’allora ministro della PA, Luigi Nicolais e che collaborava strettamente con il ministro degli Affari regionali, Linda Lanzillotta.
La terza strada è quella intrapresa dal governo Monti, che invece di identificare un governance unica, ha distribuito le competenze sull’Agenda digitale tra Mise, Miur e Funzione pubblica, spacchettando le competenze per settori: banda larga e digital divide allo Sviluppo economico, smart city e Horizon 2020 all’Istruzione e digitalizzazione della PA alla Funzione pubblica.