Ceccarelli (Inps): “La Cec-Pac si può recuperare”

Il responsabile dell’area Portali e Gestione documentale dell’Istituto spiega come dare nuova vita allo strumento: “Casella obbligatoria per i cittadini quando si registra il codice fiscale”. Ma avverte: “Occorre fare più informazione e marketing”

Pubblicato il 04 Feb 2014

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Nell’autunno 2009 il consorzio che avrebbe gestito la Cec-Pac non era ancora stato individuato, e l’Inps si occupò del servizio in anticipazione di contratto. Fino all’estate 2010 attivò circa 200mila caselle Pec, con criteri poi abbandonati: identificazione con “codice fiscale @ dominio Pec”, e accesso ai servizi tramite Pin Inps. A coordinare quella fase fu Guido Ceccarelli, che oggi è il dirigente responsabile dell’area Portali e Gestione documentale dell’Inps. “Condivido che in parte la Cec-Pac sia oggi su un binario morto – afferma -. Non ne sono state comprese e divulgate le reali potenzialità e finalità. Sono stati fatti degli errori, ma non è tardi per recuperare”.
Ceccarelli, come è arrivato a questa conclusione?
La Pec non può essere un meccanismo sostitutivo dell’identità digitale e non comporta di per sé una telematizzazione dei servizi. Sono cose diverse che è necessario abbinare perché siano coerenti e producano i benefici attesi.
Quali errori sono stati commessi?
È mancata l’informazione, e questo ha generato aspettative improprie: la Cec-Pac ora è soltanto la “versione digitale” della raccomandata con ricevuta di ritorno. Non offre più garanzie circa la veridicità dei contenuti e non comporta di per sé una digitalizzazione dei processi istituzionali. Inizialmente erano state poste alcune basi per farne uno strumento a supporto della digitalizzazione dei servizi, consentendo al cittadino di usare credenziali già in suo possesso e abbinando l’indirizzo Pec al codice fiscale. Poi sono state fatte altre scelte, sintomi di leggerezza: come il fatto di non essere mai riusciti a ottenere un accesso all’indirizzario della Cec-Pac idoneo all’interazione applicativa. Anche se previsto, è stato realizzato prevedendo solo un accesso interattivo, vanificando gli sforzi di automazione delle PA o costringendole a crearsi soluzioni in casa.
Come considera le modalità di promozione del servizio?
Purtroppo non ne ho evidenza. Dopo il passaggio di consegne non ricordo iniziative per divulgare la Cec-Pac. Nella maggior parte dei casi le persone non ha saputo dell’esistenza di un concessionario con un sito ad hoc e, a quattro anni dalla fine della sperimentazione, c’è chi ci contatta per sapere come ottenere da Inps la Cec-Pac.
Quali sarebbero oggi i vantaggi di far ripartire il sistema?
Innanzitutto i risparmi: nei primi 8 mesi del 2012 l’Inps ha spedito circa 11 milioni di raccomandate. Di queste soltanto 225mila via Pec. Considerato che una raccomandata, anche per un ente di PA centrale con volumi postali elevati, non costa meno di 2,50 euro, la Pec ha prodotto risparmi inferiori ai 600mila euro contro un potenziale di quasi 28 milioni, a fronte di costi per la Pec di poche centinaia di migliaia di euro l’anno.
Come rivitalizzare la Cec-Pac?
Divulgandone di più e meglio i vantaggi. E poi con scelte coraggiose, come assegnare d’ufficio la casella Cec-Pac quando si registra un codice fiscale o quando si emette un documento, fino ad arrivare a una funzione centrale per rendere disponibili le Pec di cittadini, aziende, professionisti. E assicurando più controllo sul concessionario del servizio, perché operi scelte funzionali e non per logica di adempimento, altrimenti non si avranno benefici e gli investimenti saranno vanificati.
E dal lato dei cittadini?
Occorre fare informazione da un lato e marketing dall’altro, per far comprendere la convenienza del sistema. Un esempio su tutti: evitare la fila alle Poste per prendere o spedire una raccomandata, e poter operare da casa o in mobilità.

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