La cartella clinica Elettronica è la principale voce di investimento digitale del 2015. Ancora ridotta la spesa per la Telemedicina ma cresce la conoscenza del Fascicolo sanitario elettronico, ma solo il 5% dei cittadini lo ha utilizzato e solo sei Regioni lo hanno già attivato. E’ il quadro che emerge dall’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano, presentata questa mattina a Milano al convegno “Sanità digitale: non più miraggio, non ancora realtà”.
Il principale ambito di investimento delle aziende sanitarie è dunque la cartella digitale, ma appaiono rilevanti per le direzioni strategiche anche i sistemi di gestione documentale e i servizi digitali al cittadino. Nel 2015 è stato dematerializzato il 40% dei referti e il 9% delle cartelle cliniche. Il 16% dei referti è stata consegnata online al cittadino mentre le prenotazioni e i pagamenti effettuati via web sono rispettivamente, il 12% e l’8% del totale. Segnali positivi arrivano dai cittadini, che hanno incrementato l’utilizzo di servizi sanitari online rispetto a quanto rilevato lo scorso anno. Raddoppia la quota di quelli che hanno sentito parlare del Fascicolo Sanitario Elettronico (32%), anche se solo il 5% lo ha realmente già utilizzato, considerando che al momento solo sei Regioni italiane hanno un FSE già attivo e operativo. Secondo Federfarma, il 72% delle ricette mediche è dematerializzato, in forte aumento rispetto al 26% di dicembre 2014. Sempre più Medici di Medicina Generale comunicano con i pazienti attraverso strumenti digitali e oggi nel 53% dei casi utilizzano WhatsApp per scambiare dati, immagini e informazioni.
“I primi risultati della ‘Strategia per la crescita digitale 2014-2020’ mostrano come la Sanità digitale in Italia non sia più un miraggio, ma un piano perseguibile che dà frutti concreti – spiega Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità -. Tuttavia, la velocità di attuazione è ancora modesta e disomogenea, inadeguata rispetto alla portata e all’urgenza delle sfide in gioco. È necessario attuare la Sanità Digitale con una governance partecipata e responsabile ai diversi livelli: è auspicabile un ruolo centrale del Ministero e dell’Agenzia per l’Italia Digitale per fornire standard e linee guida secondo le scadenze temporali. Servono politiche regionali coerenti tra loro, in grado di guidare e supportare gli attori del sistema, fornendo competenze e servizi condivisi e premiando i comportamenti virtuosi. E sono necessari progetti coraggiosi di aziende sanitarie e operatori, superando la logica delle sperimentazioni”.
Gli ambiti di investimento – Il principale ambito su cui hanno investito le strutture sanitarie è la Cartella Clinica Elettronica (CCE), con una spesa di 64 milioni di euro (+10% rispetto al 2014), valore che nel 2016 dovrebbe aumentare per il 43% delle aziende del campione. Seguono i sistemi di front-end (61 milioni di euro budget), il Disaster Recovery e continuità operativa (48 milioni), la gestione amministrativa delle risorse umane (39 milioni), la gestione informatizzata dei farmaci (26 milioni). Rilevante è anche l’ambito dei sistemi di gestione documentale e di conservazione a norma, per il quale il 58% dei CIO prospetta aumenti nel 2016, a fronte di una spesa attuale di 24 milioni di euro. Il 40% dei Cio prevede incrementi di spesa nei servizi digitali al cittadino (oggi 19 milioni di euro).
“Appaiono, invece, ancora ridotti gli investimenti in soluzioni per l’integrazione ospedale-territorio, come i servizi di Telemedicina, le soluzioni Ict per la medicina sul territorio e l’assistenza domiciliare – spiega Paolo Locatelli, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità – Le differenze di priorità che emergono tra i diversi attori del sistema testimoniano quanto oggi sia importante lavorare non soltanto su una maggiore consapevolezza dell’importanza della Sanità digitale, ma anche su opportuni meccanismi di governance per allineare e rendere efficaci e sinergici gli investimenti”.
Il Fascicolo Sanitario Elettronico e i servizi digitali al cittadino – Il 32% dei cittadini italiani ha già sentito parlare del Fascicolo Sanitario Elettronico (Fse), mentre il 23% sa di cosa si tratta e l’8% ha cercato informazioni a riguardo. Può sembrare una quota limitata, ma è doppia rispetto a un anno fa: un segnale positivo, che mostra i risultati degli sforzi di Governo e Regioni nella promozione del Fse. Sono ancora bassi però i livelli di utilizzo, perché solo il 5% dei cittadini ha effettivamente già usufruito il servizio.
Ancora poche Regioni ad oggi hanno attivo il Fse: secondo i dati dell’Agenzia per l’Italia Digitale, ad aprile 2016 sono solo Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana, Sardegna, Valle d’Aosta e Provincia Autonoma di Trento, mentre in altre 11 è in via di implementazione. Campania, Calabria e Sicilia e Provincia Autonoma di Bolzano al momento non hanno avviato alcun progetto.
Tra i cittadini italiani si registra un boom nell’utilizzo di servizi sanitari online, in particolare nella popolazione di età compresa tra i 35 e i 54 anni, quella che, se da un lato inizia ad avere la necessità di accedere ai servizi sanitari, dall’altro è abituata all’utilizzo di internet nella vita quotidiana. Il servizio online più utilizzato dai cittadini è l’accesso alle informazioni sulle strutture sanitarie come reparti, orari, medici, effettuato già dal 26% dei cittadini italiani. Al primo posto si trova la prenotazione online di esami e visite, utilizzata dal 24% dei cittadini, con un aumento dell’85% rispetto all’anno precedente. I servizi per l’accesso e la consultazione dei documenti clinici e il pagamento delle prestazioni sanitarie sono utilizzati rispettivamente dal 15% e dal 14% dei pazienti (+88% e +180% rispetto a quanto rilevato nel 2015).
I Medici di base – Cittadini e medici di base comunicano sempre più attraverso canali digitali. Lo evidenzia la ricerca svolta dall’Osservatorio in collaborazione con FIMMG e Doxapharma su un campione di 656 Medici di Medicina Generale: oltre a email (utilizzata 83% dei medici) e sms (70%), il 53% dei medici di base utilizza WhatsApp (+33% rispetto al 2015), soprattutto perché “consente uno scambio efficace di dati, immagini e informazioni, permettendo di evitare una visita”. Tra i motivi addotti dai medici che non ne fanno utilizzo, invece, la paura che strumenti come WhatsApp finiscano con l’aumentare il carico di lavoro (49%) e creino possibili incomprensioni con il paziente (39%).
“Emerge un sempre maggiore avvicinamento dei cittadini ai servizi digitali per interagire con le strutture sanitarie e con i medici, con benefici rilevanti in termini di costi e qualità del servizio – afferma Paolo Locatelli, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità -. La sfida ora e` di facilitare l’accesso a tutti i cittadini, in particolare quelli più fragili e anziani, meno abituati all’utilizzo dei canali digitali, ma al tempo stesso più bisognosi di servizi. Serve una Sanità multi-canale che consenta di migliorare e rendere più efficiente il sistema consentendo ai cittadini di accedere a informazioni e servizi sia attraverso siti web e App, sia attraverso sportelli self-service nelle strutture sanitarie, nelle farmacie e nei supermercati.
La digitalizzazione dei processi – Gran parte della spesa delle aziende sanitarie riguarda la digitalizzazione di processi clinico-sanitari e amministrativi: complessivamente nel 2015 gli investimenti in questi ambiti ammontano a 156 milioni di euro, tra Cartella Clinica Elettronica, dematerializzazione e conservazione a norma dei documenti, soluzioni di gestione amministrativa e risorse umane, business intelligence e supporto alla Clinical Governance. Nonostante questo, ci sono resistenze a uno sviluppo organico di queste soluzioni.
Sebbene il 78% delle aziende sanitarie adotti già soluzioni di consultazione di referti e immagini, e il 59% di order management per le prestazioni diagnostiche, spesso mancano le funzionalità di Cartella Clinica Elettronica per una migliore gestione del paziente. La gestione della farmacoterapia, ad esempio, è presente in modo diffuso solo nel 34% delle aziende, come la gestione clinica di ricovero tramite il diario medico/infermieristico. Solo il 43% delle aziende con una soluzione di CCE utilizza strumenti mobile per accedervi. Quasi tutti hanno sistemi per la gestione delle analisi di laboratorio (LIS) e della diagnostica per immagini (RIS/PACS), mentre sono meno diffuse le soluzioni per la gestione di sala operatoria (62%).
La Telemedicina – Le tecnologie digitali sono cruciali oggi per riorganizzare la rete assistenziale e le strutture sanitarie hanno aumentato gli investimento in soluzioni ICT a supporto dell’assistenza domiciliare e la medicina sul territorio, fino a raggiungere 20 milioni di euro di investimenti nel 2015 (+24% rispetto al 2014). Le soluzioni di Telemedicina più diffuse nelle strutture sanitarie sono il Tele-consulto, presente nel 34% delle aziende, le soluzioni di Tele-salute (14%). I Medici di Medicina Generale che utilizzano queste soluzioni sono solo il 4%, nonostante ci sia un forte interesse (68%).
L’85% dei Direttori Sanitari o Socio-Sanitari dichiara che in azienda sono attivi Pdta e che nel 79% dei casi questi coinvolgono altri attori esterni all’azienda, per lo più Medici di base (62%) e operatori di altre aziende (48%). I Pdta sono soprattutto in area oncologica, diabetologica, cardiologica e in quasi la metà dei casi sono definiti a livello aziendale. Ma sono ancora poco diffuse le soluzioni per lo scambio di informazioni con altri attori del processo di cura e assistenza attraverso Pdta informatizzati.
Gli ostacoli da superare e il ruolo dei diversi attori del Sistema sanitario nazionale – Secondo le Direzioni Strategiche delle strutture sanitarie, la barriera più rilevante all’innovazione digitale in Sanità è costituita dalla scarsa disponibilità di risorse economiche (68%), poi dalla resistenza del personale a tecnologie che richiedano cambiamenti organizzativi e processi (50%) e dalla scarsa cultura digitale degli operatori sanitari (32%). Anche i Medici di Medicina Generale ritengono che la principale barriera siano le risorse economiche (54%), seguita dalla scarsa conoscenza delle potenzialità offerte dagli strumenti digitali nello svolgimento della professione (48%) e dalla scarsa cultura digitale dei medici stessi (45%).
Coerentemente, la principale azione che il 64% delle Direzioni si aspetta dal Governo è il sostegno nell’accesso ai finanziamenti, a cui segue la richiesta di definire standard (53%) e di semplificare le normative sulla gestione della privacy (52%). Alle Regioni, si chiedono risorse economiche (67%) e che vengano definiti obiettivi comuni e convergenti (39%) e linee guida (39%). Le Direzioni sono consapevoli che uno dei principali fattori trainanti sia la cultura digitale del personale (56%) e la familiarità nell’utilizzo delle soluzioni digitali (44%).
“Se il ruolo del Governo deve essere quindi quello di normatore e regolatore, spetta alle Regioni un ruolo di indirizzo e di promozione dell’innovazione digitale – conclude Corso – con obiettivi chiari e comuni e con l’offerta di servizi condivisi alle aziende sanitarie, per consentire di mettere in pratica i piani della Sanita` digitale definiti dal Governo. Compete, invece, ai Cio, in collaborazione con gli attori dell’offerta Ict, il ruolo di ‘evangelisti’ del digitale in azienda, facendo comprendere alle Direzioni Strategiche e al personale i benefici dell’innovazione digitale, a fronte di investimenti sempre più necessari. Solo quando tutti gli attori del Sistema Sanitario saranno in grado di ricoprire in modo responsabile e coerente il proprio ruolo, dandosi obiettivi precisi e ambiziosi, la Sanità digitale potrà diventare finalmente realtà”.