E-health, le Regioni: “Noi siamo pronte. Governo e Agid si muovano”

Il responsabile del tavolo tecnico Lorenzo Gubian: “Agenda digitale in stallo. E i tempi stringono: il Fascicolo sanitario elettronico dovrà divenire realtà entro il 2015. Ma così non ce la facciamo”

Pubblicato il 03 Nov 2014

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Più che il taglio di 4 miliardi alle Regioni deciso d al governo con la legge di Stabilità a preoccupare le Regioni è lo stallo in cui versa l’Agenda digitale italiana. A raccontare i timori dei territori è Lorenzo Gubian, coordinatore del tavolo tecnico delle Regioni e responsabile dei sistemi informativi sanitari del Veneto.

Non vi preoccupa l’abbattimento dei trasferimenti statali?

Per ora no. Non sono stati definiti i criteri di queste riduzioni e, dunque, ancora non è chiaro come impatteranno sulle singole Regioni. È prematuro dire se e come avranno effetti sui progetti di innovazione digitale in sanità. Piuttosto ci preoccupa altro…

Ovvero?

Lo stallo in cui versa l’Agenda digitale italiana. A giugno 2014, come previsto dalla legge 98/2013, tutte le Regioni hanno presentato al ministero della Salute i piani per lo sviluppo e l’implementazione del Fascicolo sanitario elettronico. Entro 60 giorni sarebbe dovuto arrivare il via libera – o in alternativa le eventuali “osservazioni” – sia dal dicastero sia dall’Agenzia per l’Italia digitale.

Invece cosa è accaduto?

Ad oggi ancora non abbiamo ricevuto nulla. Siamo in attesa. Sappiamo che il ritardo è dovuto principalmente al cambio ai vertici dell’Agenzia, con la nomina di Alessandra Poggiani al posto di Agostino Ragosa, e con quello della direzione generale della digitalizzazione del sistema informativo sanitario del ministero, che ha visto l’arrivo di Massimo Casciello. Speriamo che arrivino al più presto notizie.

In estate è stato lanciato il Patto per la sanità digitale nel quale le Regioni giocano un ruolo chiave.

Alle Regioni spetta l’obiettivo sfidante di riempire di servizi l’Fse. Dunque è fondamentale aprire un confronto su quali servizi sviluppare e a quali dare la priorità, soprattutto tenendo conto che tutto questo va attuato entro la fine 2015 quando l’Fse dovrà diventare interoperabile su tutto il territorio nazionale. La sfida è duplice: agganciare il treno delle tecnologie interoperabili e riempire le piattaforme regionali di prestazioni ad alto valore aggiunto. A questi obiettivi si aggancia la riorganizzazione dei processi e delle strutture.

Oltre all’Fse quali sono altre priorità sono identificate nel Patto?

Vengono evidenziate alcune priorità di intervento che faranno parte del Patto in quanto ritenute maggiormente suscettibili di interventi in regime di partenariato pubblico-privato o comunque riconducibili a logiche di performance based contracting, in ambiti dove l’efficientamento dei processi di erogazione dei servizi garantisce un battente significativo di economie gestionali realizzabili. Tra queste c’è la ricerca di modelli organizzativi e strumenti per la razionalizzazione dell’infrastruttura IT della sanità a, in ottica di business continuity e disaster recovery. Importanti anche i progetti di Unified Collaboration come nuova modalità di interazione multidisciplinare tra professionisti in ambito ospedaliero e territoriale. Ci sono anche priorità relative alla continuità assistenziale sul territorio. I Pdta (percorsi diagnostici terapeutico assistenziali) saranno la nuova modalità di approccio.

Nel front office cosa è previsto?

Si va dalla prenotazione e check-in in online al pagamento multicanale.

Le Regioni avranno da fare. Come vi state attrezzando?

Stiamo lavorando all’interoperabilità delle piattaforme dell’Fse in vista, come dicevo della scadenza di fine 2015. Rispetto al resto previsto dal Patto siamo in attesa di informazioni più precise che ancora non ci sono state riferite. Anche in questo caso ha pesato la riorganizzazione della governance.

A suo avviso è tutto pronto per la “rivoluzione Fse” o manca qualcosa?

Il Fse è parte dei Lea (livelli essenziali di assistenza) e ciò significa che per le Regioni è parte integrante degli obiettivi da raggiungere, pena la mancata erogazione dei fondi aggiuntivi. In questo contesto serve definire obiettivi con indicatori misurabili, che devono essere fatti propri dalle Regioni per declinarli a livello aziendale come obiettivi , ad esempio, assegnati ai direttori generali insieme a tutti gli altri previsti. Ma l’elemento chiave di tutto il processo è la condivisione sistematica, a tutti i livelli, dell’intero percorso progettuale. È necessario darsi un’organizzazione di progetto, coinvolgendo le aziende sanitarie, il luogo in cui si gestiscono i percorsi di diagnosi, cura e riabilitazione.

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