L'INTERVISTA

E-health gallina dalle uova d’oro per l’Italia?

Mark Coticchia, fra i massimi esperti mondiali in visita nel nostro Paese. “L’ecosistema italiano è molto cambiato. Ora ci sono le fondamenta per crescita e sviluppo. Se fossi un giovane imprenditore punterei sulla sanità”

Pubblicato il 03 Mag 2017

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Da Roma, dove ha fatto tappa a Talent Garden e Luiss Enlabs, a Cetraro (Cs) dove è atteso per la seconda edizione del meeting nazionale dell’Istituto di Nanotecnologia del Cnr. Una serie di incontri a Sassari e Cagliari e poi il “rientro” in Capitale per la Startup Week. È una “mission” informale ma fitta di impegni declinata in nome della (ri)scoperta dell’Italia (la prima volta nel nostro Paese risale a una decina di anni fa) quella di Mark Coticchia, vice presidente and Chief Innovation Officer della Henry Ford Health System di Detroit, ma soprattutto uno dei massimi esperti di innovazione in sanità. “L’ecosistema italiano è molto cambiato da dieci anni a questa parte – racconta a CorCom -. Sono molte le attività in corso, supportate dal sostegno delle istituzioni, anche finanziario, e sono molti i giovani, i centri di ricerca e le strutture per il technology transfer che hanno deciso di investire nell’innovazione. Tutto ciò è molto importante perché l’aspettativa di crescita e sviluppo di una comunità e di un Paese si crea sempre costruendo le fondamenta. E in Italia ora le fondamenta ci sono”.

Coticchia, l’Italia è cambiata ma siamo ancora alle fondamenta. Come si fa a spingere l’innovazione?

Talento, capitale e tecnologia sono le tre leve necessarie per la crescita. In quanto a talento e tecnologia l’Italia non ha niente da invidiare ai principali Paesi. Sul fronte del capitale, invece, sebbene ad oggi le risorse in circolazione siano decisamente superiori, la questione critica riguarda il time-to-market e quindi la realizzazione di un marketplace che faccia esso stesso da stimolo a nuove iniziative. Credo che l’healthcare possa rappresentare un’opportunità importante di sviluppo di nuovi business. Se fossi un giovane imprenditore punterei decisamente sulla sanità e sull’e-health.

A che tipo di business si riferisce in particolare?

Al momento i riflettori sono puntati su tutto ciò che afferisce alla comunicazione, ossia applicazioni di “servizio” che consentano sia al personale sanitario di avere a disposizione strumenti e device evoluti e tarati sulle necessità del mondo sanitario sia applicazione di comunicazione medico-paziente. La domanda di soluzioni di questo tipo è elevata, eppure siamo ancora agli arbori del fenomeno.

Come mai?

La sanità è molto indietro, possiamo considerarla come l’ultima frontiera IT. Questioni quali la sicurezza delle informazioni e la privacy hanno impattato e continuano a impattare fortemente sulla messa a punto di soluzioni davvero fruibili. Ma la macchina è in moto e la sanità, come tutti gli altri comparti, è destinata a convertirsi al digitale.

Applicazioni di comunicazione, dunque in primis. E poi?

Poi ci sono tante iniziative interessanti figlie del digitale. Pensi solo alle potenzialità offerte dalla stampa 3D per la produzione di “pezzi” – le valvole cardiache ad esempio – di massima precisione, possibilità impensabile fino a pochissimo tempo fa che avrà un impatto enorme sulla salute umana.

Il settore della sanità è da sempre considerato fra i più “expensive” in termini di investimento per dispositivi evoluti e anche sul fronte della ricerca. Non crede che ciò possa essere un ostacolo alla velocizzazione delle iniziative?

Tutt’altro perché il costo del non fare è ancora più elevato. Investire sulla salute significa salvare vite umane e più in generale diminuire le criticità e quindi gravare meno sui costi pubblici e anche su quelli privati laddove sono coinvolte le assicurazioni. Dunque investire in sanità produce un ritorno di investimento elevato, anche e soprattutto se si ragiona in termini di business. Ed è proprio in quest’ottica che bisogna ragionare altrimenti sarà difficile accelerare.

Pensa che Google & co possano avere chance (anche) nel settore della sanità?

Credo maggiormente nei giovani imprenditori più propensi a rischiare per il desiderio di emergere. Le grandi aziende, anche le tech company, sono più “lente” sotto questo punto di vista. È ai giovani che bisogna guardare.

Sta cercando giovani talenti in Italia?

Perché no? I talenti bisogna saperli scovare, ascoltando e osservando e non esiste un luogo migliore di altri. Una buona idea è una buona idea. Ma da sola non basta. Servono capitali e risorse manageriali per farla crescere. Ed è qui che le grandi aziende possono intervenire, “incubando” iniziative interessanti e coltivando i talenti.

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