Intelligenza artificiale e sanità: un legame che oscilla fra vantaggi e rischi. È questo il punto di partenza con il quale nasce una nuova pubblicazione dell’Oms, Organizzazione mondiale della Sanità, che elenca le principali considerazioni normative sul tema. La pubblicazione delinea sei aree per la regolamentazione dell’AI per la salute: dalla documentazione e trasparenza, ad esempio documentando l’intero ciclo di vita del prodotto e monitorando i processi di sviluppo, alla gestione del rischio, in base alla quale interventi umani, modelli di formazione e minacce alla sicurezza informatica devono essere tutte affrontate in modo completo, con modelli resi semplici il più possibile.
La pubblicazione nasce con lo scopo di delineare i principi chiave che i Governi possono seguire per sviluppare nuove linee guida o adattare quelle esistenti. L’Oms sottolinea che con la crescente disponibilità di dati sanitari e il rapido progresso delle tecniche analitiche gli strumenti di intelligenza artificiale potrebbero trasformare il settore sanitario. Riconosce il potenziale dell’AI nel migliorare i risultati sanitari rafforzando gli studi clinici, la diagnosi medica, il trattamento, l’assistenza centrata sulla persona e integrando le competenze degli operatori sanitari. Ad esempio, l’intelligenza artificiale potrebbe essere utile in contesti in cui mancano specialisti, come nell’interpretazione di scansioni retiniche e di immagini radiologiche. Tuttavia, il documento sottolinea che le tecnologie di AI vengono rapidamente implementate a volte senza una piena comprensione del loro funzionamento, il che potrebbe avvantaggiare o danneggiare gli utenti finali. Inoltre quando si utilizzano per dati sanitari potrebbero avere accesso a informazioni personali sensibili, necessitando di solidi quadri giuridici e normativi per salvaguardare la privacy e la sicurezza.
“Dall’AI una grande promessa per la salute”
“Questa nuova guida – sottolinea Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms – aiuterà i Paesi a regolamentare l’AI in modo efficace, per sfruttarne il potenziale, riducendo al minimo i rischi. L’intelligenza artificiale rappresenta infatti una grande promessa per la salute, ma comporta anche sfide serie, tra cui la raccolta non etica di dati, minacce alla sicurezza informatica, l’amplificazione di pregiudizi o disinformazione”.
L’intelligenza artificiale per la diagnosi della retinopatia diabetica
In Italia, intanto, prende corpo Dairet (Diabetes Artificial Intelligence for RETinopathy), sistema di intelligenza artificiale per la valutazione automatizzata della retinopatia diabetica. Il software ha dimostrato una “sensibilità del 100%” nell’individuazione dei casi di grado moderato o severo, ovvero forme della malattia che possono mettere a rischio la vista e che richiedono quindi l’intervento dell’oculista. Questo è il risultato chiave del primo studio condotto interamente in Italia sull’intelligenza artificiale nella retinopatia diabetica, ‘Feasibility and accuracy of the screening for diabetic retinopathy using a fundus camera and an artificial intelligence pre-evaluation‘, recentemente pubblicato sulla rivista internazionale ‘Acta Diabetologica‘, in cui sono stati arruolati 637 pazienti seguiti presso i centri diabetologici e oculistici della Asl Torino 5 per valutare l’accuratezza e l’affidabilità di questo algoritmo di apprendimento automatico. In Italia, intanto, sono oltre 1 milione le persone con diabete che soffrono di retinopatia diabetica, la principale complicanza del diabete e la prima causa di cecità in età lavorativa. Tutte le linee guida sul diabete, nazionali e internazionali, sia per il diabete tipo 1 sia tipo 2, raccomandano una valutazione regolare e precoce dello stato della retina e un intervento immediato, se necessario. Tuttavia, l’accesso a questo tipo di screening nei Paesi sviluppati è basso, in parte per la complessità e il costo delle procedure e in parte perché in molti Paesi, Italia inclusa, questo screening viene effettuato dagli oculisti, gravando sulle liste di attesa.
Un supporto al professionista sanitario
Questo studio si basa, infatti, sulla necessità di trovare procedure semplificate e con un costo contenuto per implementare lo screening della retinopatia in popolazioni numerose, com’è quella delle persone con diabete, e richiedere l’intervento di oftalmologi solo in casi strettamente necessari.
“L’algoritmo di intelligenza artificiale ha dimostrato di essere molto efficiente nell’individuare la retinopatia di grado moderato e severo, con la certezza che nessun paziente che necessita di un oculista venga erroneamente diagnosticato come negativo – spiega Carlo Bruno Giorda, principale ricercatore dello studio – Considerato il sempre crescente numero di persone con diabete e l’importanza di questo screening, che spesso non viene effettuato a causa delle lunghe liste di attesa, si è reso necessario l’utilizzo di sistemi di valutazione automatizzata delle immagini per sveltire il percorso diagnostico, riducendo l’onere per gli specialisti e il tempo di attesa per i pazienti. Ovviamente non si parla di sostituire la professionalità dell’oculista, ma di dargli un importante supporto nelle fasi più complesse. Inoltre, auspichiamo che le evidenze emerse dallo studio offrano alle società scientifiche diabetologiche spunti di riflessione circa la possibilità di applicare questa nuova metodica di screening nella pratica clinica quotidiana”. Dairet, sistema messo a punto da Retmarker, società portoghese controllata dal gruppo italiano Meteda ha mostrato anche nei soggetti che hanno più di 70 anni un “livello di sensibilità del 100%” per le forme moderate o severe, anche se le patologie oculari senili fanno leggermente diminuire il numero di pazienti sottoponili a questo test.
Resistimit, un software contro i microrganismi multiresistenti agli antibiotici
Intanto entra nel vivo il progetto nazionale della piattaforma clinica Resistimit, realizzato dalla Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali-Simit per combattere i microrganismi multiresistenti agli antibiotici, fenomeno in crescita in tutta Europa, con l’Italia che è tra i Paesi con le peggiori performance. A caratterizzare l’iniziativa sono il registro dinamico italiano sullo studio delle infezioni da germi multiresistenti, che coinvolge 30 centri infettivologici suddivisi tra Nord, Centro e Sud in un sistema di sorveglianza molto solido, e una piattaforma software per la messa in rete di questi dati, che tramite intelligenza artificiale diventeranno utile strumento anche per definire futuri scenari.
A far partire Resistimit a fine 2022 sono stati dieci centri pilota, dislocati in tutte le aree del Paese: Roma con Spallanzani, Tor Vergata e Umberto I, Napoli con Cotugno e Federico II, Bari, Foggia, Palermo, Pisa, Varese, Modena, Perugia, Padova. “Il progetto ora si estende su 30 centri infettivologici a livello nazionale, dieci in ogni area geografica tra Nord, Centro e Sud – spiega Marco Falcone, segretario Simit – Queste 30 unità operative di malattie infettive svolgeranno un’attività di sorveglianza e condivideranno dati continuamente attualizzati su trend epidemiologici, caratteristiche dell’infezione, mortalità associata all’infezione e altri parametri utili. Oggetto di studio saranno batteri, funghi, virus e ogni altro microrganismo resistenti ai farmaci. I nostri centri clinici devono fornire ai decisori, compresa Aifa, un supporto tecnico-scientifico basato su dati di real-life per dimostrare efficacia e sicurezza dell’uso degli antibiotici nel nostro Paese. Gli antibiotici restano un prezioso strumento salvavita, ma devono essere usati con consapevolezza”.
Un “approccio innovativo” grazie alla tecnologia
Oltre alla sinergia tra i vari centri infettivologici, il progetto Resistimit si contraddistingue per la funzione innovativa degli strumenti tecnologici. “La piattaforma software che utilizzeremo permetterà non solo di mettere in rete tutti i dati di real life, ma anche di determinare un sistema di analisi dei dati stessi tramite l’intelligenza artificiale con analisi predittive – evidenzia Falcone – Ciò significa che avremo la possibilità di anticipare le diagnosi, identificare il miglior trattamento, individuare i casi più complessi, fino a migliorare la gestione delle infezioni e ridurre la mortalità. Questo trasforma la ricerca da statica a dinamica”. “L’Italia resta il primo Paese europeo per numero di infezioni e di morti, con circa 15mila decessi l’anno stimabili come causati da microrganismi resistenti agli antibiotici – evidenzia Falcone – Come indicato dai dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2050 l’antibiotico-resistenza sarà la prima causa di morte a livello globale, provocando 10 milioni di decessi”.
“Con questo progetto – sottolinea Claudio Mastroianni, presidente Simit – si vuole fornire supporto sia ai clinici che alle istituzioni. Si affianca ai sistemi di sorveglianza ministeriali, ma si caratterizza per il valore aggiunto della gestione clinica, per la dinamicità, per gli interventi in real life. Si offre un prezioso strumento per analizzare nel dettaglio tutte le sfaccettature di questa problematica e per ottenere informazioni aggiornate sulle infezioni provocate da microrganismi multiresistenti”.
Digitalizzazione come arma contro le liste d’attesa: lo studio I-Com/Doctolib
I tempi di attesa per le prestazioni sanitarie stanno diventando sempre più critici. L’utilizzo delle prenotazioni online si configura come una strategia essenziale per mitigare questo problema. Un numero crescente di medici di medicina generale sta adottando tali sistemi digitali, riducendo così il sovraffollamento dei propri studi e migliorando l’efficienza dei servizi.
Sono questi alcuni degli spunti contenuti nello studio dal titolo “Tempi di attesa e accesso alle prestazioni sanitarie. Il digitale a supporto dei cittadini” realizzato dall’Istituto per la Competitività (I-Com) e presentato nel corso di un dibattito promosso insieme a Doctolib, tech company nata in Francia nel 2013 e attiva in Italia dal 2021, tra i principali player europei nella sanità digitale. Parte del ciclo di tavole rotonde “Salute Digitale: nuovi paradigmi per la sanità”, l’iniziativa ha avuto lo scopo di approfondire la riorganizzazione della sanità territoriale secondo un paradigma di “connected care” volto a mitigare l’onere di lavoro dei professionisti sanitari e garantire un servizio più efficiente e tempestivo ai pazienti.
Dallo studio emerge che la sanità digitale rappresenta un grande alleato anche per ridurre le tempistiche di prenotazione dei Cup. Tale insieme di pratiche, un tempo ritenute utopiche nel nostro paese, stanno diventando gradualmente sempre più diffuse: nel 2022 gli appuntamenti eseguiti online risultano essere il 53% del totale nazionale, un valore vicino alla media europea del 54% (dati: Statista). La digitalizzazione delle prenotazioni può portare benefici diretti e indiretti nella gestione delle liste di attesa. In primo luogo, diminuendo sostanzialmente i tempi tecnici per il paziente (noti come “lead time”), poiché non sarebbe più necessario recarsi fisicamente allo sportello o attendere al telefono per ottenere una risposta. Inoltre, contribuirebbe a limitare l’intervallo che intercorre tra la prescrizione medica e la prenotazione effettiva, in quanto è possibile anticipare l’atto della prenotazione senza dover passare per uno sportello fisico.