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Sanità digitale, spesa in crescita del 7%. Ma manca la spinta Pnrr

In un anno investimenti per 1,8 miliardi. In stallo il Fascicolo sanitario elettronico utilizzato dal 35% degli italiani mentre aumenta l’uso della telemedicina anche se manca un’effettiva integrazione nei processi di cura e assistenza. Si fa strada anche l’intelligenza artificiale: il 29% delle strutture ha avviato sperimentazioni. Mariano Corso: “Non ancora tangibile l’uso dei fondi del Piano nazionale. Serve accelerare”

Pubblicato il 18 Mag 2023

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Nel 2022 la spesa per la Sanità digitale in Italia è cresciuta del 7% rispetto al 2021, raggiungendo quota 1,8 miliardi di euro, ma rallenta la diffusione del Fascicolo sanitario elettronico: ad averlo utilizzato almeno una volta, nel 2023, è stato infatti il 35% degli italiani, contro il 33% rilevato nel 2022 e la maggior parte di loro (53%) afferma di averlo usato solo per le funzionalità legate all’emergenza Covid.

Cresce la domanda per prodotti e servizi digitali

Cresce la richiesta di nuovi prodotti e servizi basati sul digitale in ambito sanitario: se alcune delle tecnologie a supporto del paziente a domicilio sono già abbastanza diffuse, come le app per la salute o i dispositivi indossabili per monitorare i parametri clinici, quelle più innovative destano la curiosità dei pazienti. Il 49% si dichiara interessato alle tecnologie di realtà virtuale o aumentata, il 47% agli assistenti vocali che forniscono informazioni e supporto in ambito salute. Ma se tra i medici emerge preoccupazione sul possibile utilizzo inappropriato da parte dei pazienti dell’intelligenza artificiale, meno di 2 clinici su 10 hanno timore che l’AI possa sostituire, anche in parte, il proprio lavoro. 

Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio Sanità Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, il cui responsabile scientifico Mariano Corso puntualizza: “Il tanto atteso cambio di passo che la Missione 6 Salute del Pnrr avrebbe dovuto imprimere agli investimenti in Sanità digitale non è ancora tangibile. L’utilizzo delle risorse legate al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza si sta rivelando una sfida dall’esito tutt’altro che scontato. La difficoltà di comprendere come realizzare concretamente questa opportunità è tra gli ostacoli più rilevanti allo sviluppo della Sanità digitale secondo i principali decisori delle strutture sanitarie (49%), insieme alle limitate risorse economiche (58%)”.

Fascicolo Sanitario Elettronico, avanti piano

Dalla rilevazione svolta in collaborazione con Doxa Pharma, emerge che nel 2023 il 35% dei cittadini ha fatto almeno un accesso al Fse (contro il 33% rilevato nel 2022) e la maggior parte di loro (53%) afferma di averlo usato solo per le funzionalità legate all’emergenza Covid (consultazione del green pass, dei certificati vaccinali, ecc.).

“Se nel 2022 c’era stato un aumento molto rilevante nell’utilizzo del Fascicolo sanitario elettronico da parte dei cittadini, nell’ultimo anno si rileva una sostanziale frenata alla diffusione del suo utilizzo – spiega Paolo Locatelli, responsabile scientifico dell’Osservatorio Sanità Digitale -. Essendosi affievolita la necessità di utilizzare i servizi per l’emergenza Covid, c’è il rischio che questo strumento non guadagni ulteriore popolarità. Oltre a proseguire la realizzazione del Fascicolo sanitario 2.0, alimentandolo in modo omogeneo e pervasivo di documenti e dati ed arricchendolo di servizi utili al cittadino, per spingere sull’adozione di questo strumento sarà necessario rendere maggiormente evidenti ai cittadini i benefici derivanti dal suo utilizzo”.

Anche nell’uso del Fascicolo per i pazienti italiani si riscontra una situazione di stabilità rispetto a quanto rilevato lo scorso anno: il 57% afferma di averlo utilizzato (vs il 54% del 2022). Tra le principali funzionalità utilizzate, ci sono l’accesso ai referti e alle ricette elettroniche – vista la maggiore offerta di questi servizi negli attuali Fse – mentre tra i servizi più interessanti per il futuro ci sono la possibilità di visualizzare l’andamento dei propri parametri clinici (67%) e di consultare informazioni specifiche sulla propria patologia (65%).

E-mail e whatsapp al centro della comunicazione tra sanitari e pazienti

La maggior parte dei medici utilizza e-mail e whatsapp per comunicare con i propri pazienti. Tuttavia, le app o le piattaforme di comunicazione dedicate all’uso sanitario sono considerate sempre di più un’alternativa valida dai professionisti sanitari (33% dei medici specialisti, 38% dei medici di medicina generale e 40% degli infermieri), come emerso dalla rilevazione svolta sui medici specialisti, in collaborazione con Amd, Ame, Pke e Simfer, sui Mmg grazie alla collaborazione con Fimmg, e sugli infermieri, in collaborazione con Fnopi.

“I pazienti vedono nel digitale un alleato anche per migliorare la relazione e la comunicazione con i diversi attori che intervengono nel percorso di cura, in primis con i professionisti sanitari – spiega Chiara Sgarbossa, direttrice dell’Osservatorio Sanità Digitale -. Risulta consolidato il ruolo di strumenti digitali tradizionali e non specifici per la Sanità, come l’e-mail e le app di messaggistica istantanea (es. whatsapp). Tuttavia, oltre il 60% dei professionisti sanitari considera le piattaforme di comunicazione dedicate all’uso sanitario tra gli strumenti di maggiore interesse per il futuro: la possibilità di gestire su un unico strumento più funzionalità utili per la gestione dei pazienti e nel rispetto della privacy è tra i benefici maggiormente riconosciuti. Inoltre, tali strumenti permettono di separare i canali di comunicazione personali da quelli professionali, evitando l’utilizzo inappropriato ad oggi associato alle app ‘generaliste’ di messaggistica istantanea”.

Telemedicina al rialzo

Dopo la flessione riscontrata nel periodo successivo all’emergenza sanitaria, i servizi di telemedicina stanno vivendo una nuova ripresa. Il 39% dei medici specialisti e il 41% dei medici di medicina generale afferma di aver utilizzato servizi di televisita e rispettivamente il 30% e il 39% ha fatto ricorso al telemonitoraggio.

“Nonostante sia importante utilizzare piattaforme dedicate per l’erogazione di questi servizi, solo il 39% dei medici specialisti e il 34% dei Mmg dichiara di averlo fatto – afferma Cristina Masella, responsabile scientifico dell’Osservatorio Sanità Digitale -. Questo non è ancora sufficiente per coglierne appieno le potenzialità ed espone a potenziali rischi, legati, ad esempio, alla sicurezza e alla privacy dei dati scambiati, nel caso gli strumenti non siano dedicati. Lo sviluppo di piattaforme di Telemedicina a livello regionale e nazionale previsto dal Pnrr consentirà, auspicabilmente, di diffondere ulteriormente tali servizi. La tecnologia, però, da sola non basta per favorire l’adozione di queste soluzioni. Occorre, infatti, implementare una strategia organica che tenga conto delle variabili tecnologiche e organizzative che concorrono ad abilitare un’effettiva integrazione della telemedicina nei processi di cura e assistenza”.

Cartella clinica elettronica: rilevante per il 75% delle strutture

Lo sviluppo della cartella clinica elettronica si conferma una priorità per le strutture sanitarie (il 75% ritiene questo ambito molto rilevante). Ad oggi, il 42% delle strutture afferma di avere una Cce attiva in tutti i reparti, mentre nel 23% dei casi la Cce è attiva solo parzialmente. Coerentemente con questo dato, solo la metà dei medici specialisti utilizza una Cce. Le funzionalità più diffuse sono quelle per l’anamnesi e l’inquadramento clinico e per la gestione e la visualizzazione delle informazioni di riepilogo sul paziente, mentre sono ancora poco diffuse quelle più avanzate, legate al supporto decisionale. Su questo fronte, la sfida oggi è l’attuazione dei progetti regionali di cartella clinica elettronica che alcune regioni hanno in essere, anche grazie alla spinta del Pnrr.

Intelligenza artificiale: il 29% delle strutture ha avviato sperimentazioni

Tra le applicazioni di AI ad oggi più diffuse ci sono le soluzioni che consentono di analizzare immagini e segnali per fini diagnostici o di trattamento: il 29% delle strutture sanitarie afferma di aver avviato prime sperimentazioni in questa direzione. Si tratta delle applicazioni ad oggi più utilizzate dai medici specialisti e considerate come più promettenti per il futuro (60%).

“Negli ultimi mesi hanno suscitato un forte dibattito le soluzioni di Generative AI e, in particolare, i chatbot basati su AI e progettati per rispondere a quesiti emulando la conversazione umana – afferma Emanuele Lettieri, responsabile scientifico dell’Osservatorio Sanità Digitale -. Si tratta di soluzioni che potrebbero rappresentare una grande opportunità anche per la sanità, ma su cui non mancano preoccupazioni, soprattutto dal punto di vista etico e legale. Ad oggi 1 medico su 10 ha utilizzato chatbot basati su AI per cercare riferimenti scientifici rispetto a una determinata patologia, applicazione che per circa la metà dei medici è promettente per il futuro. I professionisti sanitari sono preoccupati del possibile utilizzo inappropriato di tali strumenti da parte dei cittadini/pazienti e ritengono maggiormente opportuno che questi siano utilizzati come un supporto alle decisioni e dell’attività del professionista sanitario. Non emerge, invece, preoccupazione sul fatto che l’AI possa sostituire, anche in parte, il lavoro del medico”. 

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