“La sanità digitale sta rivoluzionando il modo in cui i pazienti ricevono assistenza nei centri di primo soccorso, negli ospedali e a domicilio”. Una svolta che richiede “investimenti urgenti” in termini di “innovazione”, ma anche di “inclusione”. A dirlo è l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per l’Europa, che ha presentato un report ad hoc in occasione del secondo simposio sul futuro dei sistemi sanitari nell’era digitale.
L’evento, di scena a Porto, ospita i 53 Paesi della regione europea dell’Oms, che comprende anche l’Asia centrale. Secondo l’organizzazione, oggi “solo uno su due ha adottato politiche volte a migliorare l’alfabetizzazione digitale in sanità“. Ma “ciò significa che milioni di persone in tutta la regione non sono ancora in grado di beneficiare della tecnologia sanitaria digitale”. Rischiano quindi di essere esclusi o “lasciati indietro”, ammonisce l’Oms.
Come affrontare le sfida della digital health
Nella sfida della digital health, “uno dei rischi principali” rilevato dall’agenzia “è il divario sanitario che si crea a causa di un’implementazione e di un’adozione non uniformi delle soluzioni digitali“. Per l’Oms Europa “questa disuguaglianza deve essere affrontata urgentemente attraverso investimenti mirati in tecnologia, sviluppando competenze e capacità anche fra gli operatori sanitari, in modo che tutti possano accedere e utilizzare con sicurezza gli strumenti della sanità digitale. In particolare le persone che hanno maggiori probabilità di trarne beneficio” e che per “una triste ironia”, evidenzia il direttore dell’Ufficio regionale Oms Hans Kluge, sono spesso le stesse “con competenze digitali limitate o assenti, come gli anziani o gli abitanti delle comunità rurali”. “Affrontare questo squilibrio è necessario per la trasformazione digitale del settore sanitario”, esorta Kluge. “È chiaro che la salute digitale è il presente e il futuro dei nostri sistemi sanitari”, precisa il numero uno di Oms Europa, “ma con l’introduzione di qualsiasi nuova tecnologia ci sono vincitori e perdenti”, mentre parlando di sanità “è ancora più fondamentale garantire che con la salute digitale tutti vincano, tutti traggano vantaggio e nessuno venga lasciato indietro”.
I risultati del rapporto Oms
“Negli ultimi anni l’adozione di soluzioni digitali nel settore sanitario è aumentata in tutta la regione europea dell’Oms“, spiega l’agenzia. “Le soluzioni digitali stanno trasformando il modo in cui vengono diagnosticate e trattate condizioni che vanno dal cancro al diabete e alla salute mentale”. Tuttavia, “sebbene in molti Paesi la pandemia di Covid-19 abbia accelerato lo sviluppo e l’adozione di strumenti e politiche sanitarie digitali in risposta ai lockdown e al distanziamento sociale”, il rapporto indica che “c’è ancora molto lavoro da fare” e che gli Stati “devono intensificare gli investimenti nelle tecnologie e nelle piattaforme sanitarie digitali per estendere a tutti l’accesso alla sanità digitale“.
Dall’analisi di Oms Europa emerge che “la stragrande maggioranza dei Paesi della regione, 44, ha sviluppato una strategia nazionale per la salute digitale” e che “tutti i 53 Stati membri dispongono di una legislazione che tutela la privacy dei dati personali”. Però il report mostra “lacune significative e aree di miglioramento”. Per esempio, “solo 19 Paesi hanno generato linee guida su come valutare gli interventi di sanità digitale, elemento fondamentale per accertarsi che siano sicuri ed efficaci; poco più della metà ha sviluppato politiche per l’alfabetizzazione sanitaria digitale e ha implementato un piano di inclusione digitale”, e “molti non dispongono ancora di un’entità dedicata responsabile della supervisione delle App per la salute in termini di qualità, sicurezza e affidabilità”.
Le avvertenze dell’Oms
Le raccomandazioni principali dell’agenzia sono tre “fornire a ogni famiglia e comunità l’accesso a una banda larga affidabile e a basso costo; garantire che i dati sanitari siano sicuri e protetti; rendere interoperabili gli strumenti sanitari digitali, comprese le cartelle cliniche elettroniche, all’interno dei Paesi e fra Paesi diversi”.
Serve inoltre “colmare il divario di genere nelle competenze digitali“, rimarca Natasha Azzopardi-Muscat, direttrice Oms Europa per le politiche e i sistemi sanitari nazionali. “La regione europea può e deve essere leader nella sanità digitale”, rimarca Kluge. Ma anche se “partiamo da una posizione forte”, sul fronte digital “il settore sanitario è ancora molto indietro rispetto ad altri”, osserva la responsabile Oms. “Per realizzare il pieno potenziale della sanità digitale è necessario vederla come un investimento strategico a lungo termine, piuttosto che come un ‘di più’ o un lusso per pochi. Ciò richiede volontà politica ai più alti livelli di governo e sanità, per garantire investimenti ottimali nelle infrastrutture sanitarie digitali del futuro. Adesso, non dopo. Abbiamo davanti a noi opportunità entusiasmanti che cambiano la vita”, ma solo se “sostenute dai principi di equità e di salute per tutti”.
Le criticità sul fronte della cybersecurity
Ma la sfida, in ambito sanitario, non è solo quella dell’accessibilità. Le priorità riguardano anche i temi della sicurezza informatica e della conformità. È quanto emerge dal Global Healthcare Cybersecurity Study 2023 di Claroty, che rivela quali sono le criticità legate alla crescente connettività dei sistemi cyber-fisici.
Il sondaggio, condotto su 1.100 professionisti della sicurezza informatica, ingegneria, IT e networking provenienti da aziende del settore sanitario, fornisce una panoramica dell’esperienza con gli incidenti di sicurezza informatica nell’ultimo anno, dello stato dei programmi di sicurezza e le priorità future.
Lo studio mostra inoltre che il 78% degli intervistati ha subito almeno un incidente legato alla sicurezza informatica nell’ultimo anno. Il 47% ha citato almeno un incidente riguardante i sistemi cyber-fisici, come dispositivi medici e sistemi di gestione degli edifici. Il 30% ha dichiarato che sono stati colpiti dati sensibili, come le informazioni sanitarie protette. Oltre il 60% ha riferito che gli incidenti hanno avuto un impatto moderato o sostanziale sull’erogazione delle cure, mentre il 15% ha subito un impatto grave che ha compromesso la salute e/o la sicurezza del paziente Un dato sorprendente è che tra gli intervistati che sono stati colpiti da un attacco ransomware, più di un quarto ha dichiarato di aver pagato il riscatto. Un altro dato degno di nota è che più di un terzo degli intervistati, nell’ultimo anno, ha dovuto sostenere costi per oltre 1 milione di dollari per incidenti legati alla sicurezza.
“Il settore sanitario, dal punto di vista della sicurezza informatica, deve superare ancora molti ostacoli, come una superficie di attacco in rapida espansione, una tecnologia legacy obsoleta, vincoli di budget e un’importante carenza, a livello globale, di talenti informatici”, spiega Yaniv Vardi, ceo di Claroty. “La ricerca da noi condotta dimostra come le aziende sanitarie abbiano la necessità di ricevere pieno supporto dall’industria informatica e degli organismi di regolamentazione per proteggere i dispositivi medici dalle crescenti minacce e garantire la sicurezza dei pazienti”.
Sempre secondo in risultati ottenuti, l’aumento degli standard e delle normative ha contribuito a promuovere una maggiore sicurezza informatica, ma c’è ancora molto lavoro da fare: quasi il 30% degli intervistati ha affermato che le attuali politiche e normative governative non sono sufficienti a prevenire le minacce o che andrebbero almeno in parte riviste in tal senso.
Secondo lo studio di Claroty, inoltre, la carenza di competenze informatiche rappresenta ancora una delle principali sfide da affrontare: oltre il 70% delle organizzazioni sanitarie è alla ricerca di professionisti che ricoprano ruoli legati alla sicurezza informatica. L’80% degli intervistati, però, afferma che è difficile trovare candidati qualificati, che abbiano le competenze e l’esperienza necessarie per gestire correttamente la sicurezza informatica di una rete sanitaria.