AGENDA DIGITALE

E-skill, all’Italia serve una strategia

Il Programma nazionale colma una grave lacuna dell’Agenda, ma serve una governance forte che detti la linea

Pubblicato il 17 Mag 2014

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Finalmente l’Italia ha avviato una iniziativa strategica e di ampio respiro sull’area delle competenze digitali. Si tratta del Programma Nazionale per la Cultura, la Formazione e le Competenze Digitali, che ha raggiunto il primo risultato con la presentazione della versione preliminare delle Linee Guida- Indicazioni Strategiche e Operative, dal 10 aprile in consultazione pubblica, sul sito web www.partecipa.gov.it (che dal 10 aprile è il sito web dedicato alle consultazioni pubbliche nazionali, un passo significativo nel percorso dell’Open Government).

Linee Guida che si articolano su quattro aree di intervento (competenze per la cittadinanza digitale e inclusione digitale, competenze specialistiche Ict, competenze per tutti i lavoratori e di e-leadership, competenze digitali per la PA), e che partono dalla visione strategica dello sviluppo della cultura e delle competenze digitali come necessario per un Paese semplice e trasparente, sostenibile, sicuro, consapevole, competitivo, inclusivo, con l’obiettivo di favorire l’innesco di un circolo virtuoso tra la domanda di servizi, di partecipazione, l’offerta da parte delle organizzazioni pubbliche e private e lo sviluppo di professionalità innovative e adeguate per la rivoluzione digitale. È solo il primo passo di un lungo cammino, ma il metodo scelto denota un cambiamento di approccio nei fatti che punta a creare le condizioni perché questa volta i risultati siano tangibili e duraturi.

Sono cinque gli elementi più significativi di “cambiamento”: la ricerca di un coinvolgimento ampio e completamente multistakeholder, attraverso gruppi di lavoro che si sono aperti a workshop di condivisione delle buone pratiche con i principali attori delle aree trattate e che da quel momento sono diventati parte attiva del processo di progettazione; la correlazione con le iniziative in atto sugli altri assi strategici dell’Agenda Digitale, strutturata perché sia sistematica e biunivoca (ad esempio con il Tavolo di coordinamento sulle Comunità Intelligenti, per assicurare da subito un allineamento sistematico con lo Statuto della Cittadinanza Intelligente, ancora in corso di definizione); la scelta di definire come una delle principali ambizioni del Programma Nazionale il “farsi piattaforma”, costruendo le condizioni per realizzare un efficace sistema di knowledge management tra le esperienze e le iniziative che già adesso sono presenti nel nostro Paese, ma anche di coordinamento, soprattutto per raggiungere una maggiore efficacia nello sfruttamento delle risorse, nell’interlocuzione europea, nelle sinergie progettuali; la definizione di un percorso che vede come prossima milestone (ad ottobre) non un Piano centrale, e già per questo parziale, ma un Piano Coordinato delle Iniziative Nazionali, pubbliche e private, su tutti i territori e a tutti i livelli, con la convinzione che il passaggio dalla logica del progetto a quella della messa a sistema passi dal costruire una rete di coordinamento del tutto inclusiva di tutte le esperienze che si sviluppano nel Paese.

Le premesse pertanto ci sono tutte, il Programma Nazionale colma una delle lacune principali dell’Agenda Digitale Italiana (per la quale non esiste ancora un documento sulle linee strategiche, come negli altri Paesi europei), e in generale una delle principali carenze per rendere possibile la rapida ripresa del Paese.

Ma proprio per questa ragione è fondamentale che il tema dello sviluppo delle competenze digitali sia pienamente compreso nelle strategie del Paese. Purtroppo, invece, anche nel Def presentato recentemente, accanto ad una significativa presenza dei temi del digitale si avverte come ancora questo tema sia trattato in modo sostanzialmente marginale e frammentario, come specifico della “domanda” e non come elemento essenziale per lo sviluppo correlato anche dell’offerta, come architrave del circolo virtuoso della crescita digitale e del benessere sociale. È indispensabile che l’approccio cambi profondamente e che in questo si esprima la visione strategica del Paese e il necessario committment politico, chiaro e costante nel tempo.

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