È il momento di porre una domanda cruciale al governo che tra dieci giorni uscirà dalle urne: vogliamo finalmente pensare al digitale come leva per una nuova idea di cittadinanza attiva e per una nuova qualità diffusa dei servizi pubblici? Oppure cellulari, tablet e social sono condannati a essere visti esclusivamente come strumenti per giocare o, al massimo, per fare gossip sulla fine del matrimonio di Totti?
Ne ha parlato in vari interventi il presidente di PAsocial, Francesco Di Costanzo. E io stesso, agli Stati Generali della Comunicazione Pubblica, che si terranno a Bergamo il 16 e 17 settembre, lancerò il Manifesto dello Stato digitale, legato alla riforma della comunicazione, la cd “legge 151”, ma non solo. L’obiettivo è rendere il cittadino il vero protagonista dell’attività pubblica.
La legge 150 del 2000, frutto di almeno un decennio di intenso lavoro, fu per l’epoca un grande traguardo, perché tirò fuori dalla clandestinità e diede riconoscimento e dignità alla informazione e alla comunicazione. Ma si trattò di una fiammata di breve durata, tanto che già due anni dopo la “direttiva Frattini” provava a rimediare ai limiti del provvedimento, Intanto, cominciava a prendere piede la narrazione della “150 disapplicata”, poiché molte amministrazioni utilizzarono i varchi normativi e i vuoti contrattuali per eludere questa svolta.
Quella che Mario Morcellini definisce “mancata manutenzione” della legge è stata la ragione principale del suo progressivo e irrimediabile ingiallimento. Mentre il mondo cambiava a velocità supersonica, sono bastati due decenni perché quel provvedimento diventasse, banalmente, preistoria. L’esplosione delle piattaforme social ha portato a una rivoluzione vera nel settore: oggi, la semplice pubblicazione di un post abbatte definitivamente i muri tra comunicazione e informazione. Il ricevente, d’altra parte, non è più solo un cittadino-lettore, ma è diventato un cittadino-utente, che interagisce, risponde, chiede, informa egli stesso.
Proprio dalla centralità del cittadino parte l’azione di PA Social, associazione di cui sono co-fondatore e che da anni si prodiga per rivisitare la 150, provando ad adeguarla ai tempi. Nel 2020, un Gruppo di Lavoro insediato presso il Dipartimento della Funzione Pubblica, composto dalla stessa PA Social, dalle associazioni del giornalismo e della comunicazione, da Regioni. Comuni, Università, associazioni civiche, ha elaborato un documento di indirizzo e una normativa di base per la Riforma. Un gruppo che ho coordinato e che ha manifestato una visione comune relativamente a un punto chiave: l’utilizzo delle piattaforme digitali deve accompagnarsi di pari passo alla professionalità. Bisogna sapere come usare le diverse reti sociali, e come farlo – altro elemento fondamentale – con senso etico.
Nel manuale che ho di recente pubblicato con Roberto Zarriello – “Nuovo Manuale di Comunicazione Pubblica” (Cdg 2022, prefazioni di Mario Morcellini e Gianni Letta) – 35 professionisti della comunicazione di ogni parte d’Italia traggono dal vivo della loro esperienza preziose indicazioni di lavoro su social, chat, bot, blog, consultazioni pubbliche, trasparenza, partecipazione civica, ascolto, citizen satisfaction, Pnrr e molti altri temi. Il digitale etico è proprio questo: tiene in considerazione tutti questi parametri, mantenendo sempre il cittadino come stella polare dell’agire.
Il professionista della comunicazione pubblica è in grado di indirizzare tutte queste competenze verso il servizio pubblico: per questo parlo di “digitale in tasca”, cioè del digitale applicato alla comunicazione e alle nuove tecnologie per facilitare la vita dei cittadini nel rapporto con lo Stato e le sue diverse articolazioni. Il cittadino, infatti, smette di essere un intruso per diventare il vero pilastro di questo nuovo rapporto. Anche per arrivare ad obiettivi finora solo declamati, la trasparenza totale e la partecipazione civica.
Veniamo da un governo che ha affrontato con vigore e coraggio nodi atavici della PA italiana: sblocco del turn over, anche per abbassare l’età media dei dipendenti, rilancio della formazione e dell’aggiornamento professionale e rinnovo dei contratti, revisione della programmazione con il Piao.
Ora è il momento di un ulteriore passo avanti. Come ha scritto Gianni Letta nella prefazione al Manuale, “le Istituzioni sono chiamate a considerare la comunicazione digitale e chi vi opera come parte strutturale del corpo democratico”. Proprio così. Prima di essere Politica bisogna essere Stato. Prima di essere decisori bisogna saper essere servitori pubblici.