L'EDITORIALE

Francesco Caio e le Poste

Troppo spesso gli investimenti in Ict servono a poco. Può succedere anche a un’azienda come quella guidata da Massimo Sarmi, dove la mancata innovazione dei processi può trasformarsi in boomerang. È dunque anche la diffusione di un rinnovamento culturale nell’approccio alle tecnologie quello che deve impegnare mister Agenda

Pubblicato il 01 Lug 2013

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A Roma, per giorni chi doveva spedire una raccomandata internazionale si è sentito immancabilmente rispondere: “Ci spiace, i moduli sono finiti”. E a chi come noi è arrivato con un modulo scovato miracolosamente in un cassetto, la reazione dell’impiegato è stata stupefatta, quasi come se avessimo mostrato una pepita nel Klondike della corsa all’oro: “Ma dove l’ha trovato?!?!”. Per giorni, nell’intera capitale le Poste non sono state in grado di accettare una raccomandata estera. Per fortuna ci sono i corrieri privati.

Non deve sorprendere più di tanto che la nostra storiella (vera) riguardi un’azienda che ha investito molto in tecnologie e al cui vertice c’è Massimo Sarmi, presidente del comitati Ict di Confindustria. Essa offre lo spunto per mettere il dito su una piaga che sta rapidamente putrefacendosi in Italia: troppo spesso gli investimenti in tecnologie Ict servono a ben poco se non addirittura a nulla! Sembra un paradosso, ma non lo è.

Le tecnologie Ict non sono l’acquisto del tablet per i dipendenti o l’adozione di un qualche servizio cloud, magari perché va di moda. È: le tecnologie Ict non sono né hardware né software ma potenti strumenti di innovazione che dispiegano tutte le loro potenzialità soltanto se si innervano profondamente nei processi aziendali, produttivi, organizzativi, gestionali, commerciali, pianificatori, di controllo. Trasformando, in altre parole, il modo come imprese e fornitori di servizi (compreso il maggiore, il maggiore di essi, la Pubblica amministrazione) funzionano e si relazionano con mercato, clienti, fornitori, partner. È dunque anche la diffusione di un profondo rinnovamento culturale nell’approccio alle tecnologie e nella comprensione dei loro scopi (a partire dai manager e dai dirigenti) quello che deve impegnare il commissario all’Agenda Digitale Francesco Caio. È importante che il coordinamento spetti ora a Palazzo Chigi, pure se vi sono evidenti limiti di potere e temporali (a scadenza e part-time) nel ruolo del Commissario. Ma è un passo avanti.
Quando Obama lanciò la riforma digitale della PA americana, fece portare ai pubblici funzionari un badge con un martello: significava che dovevano impegnarsi a distruggere il loro modo tradizionale di lavorare. E se facessimo altrettanto in Italia, magari mettendo un timbro sotto il martello?

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