“Riscrivere” la ricetta elettronica. Rivedendone modalità gestionali e tempistiche di attuazione affinché si possa garantire ai cittadini un servizio adeguato, sgravando al contempo i medici di base da lungaggini burocratiche che niente hanno a che fare con le prestazioni sanitarie. E mettere a segno una volta per tutte gli obiettivi prefigurati dal piano per la sanità elettronica inaugurato a suo tempo dal ministro Renato Brunetta e in parte recepito nell’Agenda digitale del governo Monti. Questo l’auspicio per il 2013 lanciato dalle colonne di Agendadigitale.eu dalla Fimmg, la Federazione dei medici di medicina generale che rappresenta oltre la metà dei professionisti operativi in Italia (circa 27mila medici di base su un totale di oltre 40mila).
Entro il 2012 in tutte le regioni sarebbe dovuta iniziare la trasmissione telematica delle ricette, ossia l’avvio della fase di transizione che, in un tempo stimato fra gli 8 ed i 12 mesi, avrebbe dovuto sortire la migrazione totale alla gestione digitale delle ricette. Ma la roadmap marcia al ralenti: “Sono pochissime le Regioni dotate di sistemi informatici adeguati, i cosiddetti Sar (Sistemi di accoglienza regionale) che hanno permesso di arrivare alle scadenze previste con le carte in regola per gestire il processo di migrazione dal cartaceo al digitale”, spiega Paolo Misericordia, responsabile del Centro Studi della Fimmg. Fra queste ci sono l’Emilia Romagna, il Trentino Alto Adige e la Lombardia, “ma molte Regioni hanno dovuto fare ricorso al Sac, il Sistema di accoglienza centrale basato su un impianto gestionale farraginoso e su un regolamento che non è stato condiviso con le rappresentanze della professione e che fa acqua da tutte le parti”.
Secondo la Fimmg è inoltre indispensabile ampliare il raggio d’azione della macchina digitale. “La ricetta elettronica è un tassello della rivoluzione. I medici di base potrebbero fornire ad esempio servizi di teleassistenza e telemedicina venendo incontro alle esigenze di molti pazienti ed evitando soprattutto quelli più in difficoltà di doversi recare ogni volta presso gli studi”, spiega Misericordia. Ma per l’attivazione dei servizi da remoto è indispensabile poter contare su infrastrutture adeguate: “I medici di base sono tutti informatizzati ma senza una rete a banda larga è impensabile poter fare un reale salto di qualità. Ancora oggi poi sono molti gli studi, soprattutto quelli localizzati in aree remote, dove non è possibile contare su connessioni Adsl. Inoltre c’è da sanare quel gap digitale che riguarda la mancata interoperabilità fra le singole piattaforme gestionali in uso e che non consente quindi ai professionisti di condividere i dati”.