Prosegue velocemente la roadmap dei sistemi di identità digitale in uso. Nell’ultimo anno Spid ha già raggiunto il target fissato per giugno 2026, quello del Pnrr, ossia l’obiettivo dei 42,3 milioni di identità digitali. La Cie, Carta di Identità Elettronica (lo strumento su cui il Governo punta maggiormente per la transizione verso il wallet), è in mano a 47,5 milioni di cittadini, ma la sua versione digitale tramite app CieID è utilizzata solo da 6,1 milioni di utenti. E su questo punto bisognerà accelerare.
Sono i risultati della ricerca dell’Osservatorio Digital Identity del Politecnico di Milano, che fa il punto anche alla luce dell’entrata in vigore in Europa del Regolamento che getta le basi per il futuro di questo mercato, Eidas2, mentre i singoli Stati stanno definendo le strategie per l’erogazione dell’Eudi Wallet ai cittadini entro il 2026.
Spid e Cie, il punto della situazione
Spid è stato utilizzato 862 milioni di volte per l’accesso a servizi digitali, con un incremento del 7% rispetto allo stesso intervallo nel 2023 e un utilizzo medio costante (22 accessi per utente nei nove mesi). Si contano 202 aziende accreditate come service provider privati, arricchite da altre non quantificabili che si affidano ai soggetti aggregatori: la scarsità di aziende private impoverisce le potenzialità di Spid, che rimane principalmente uno strumento di accesso ai servizi pubblici.
A fronte di 48,5 milioni di Cie emesse, oltre 43 milioni risultano attive e quindi potenzialmente utilizzabili per accedere ai servizi online. È, quindi, importante proseguire il lavoro già avviato per far sì che i cittadini attivino CieID (6,1 milioni di attivazioni) e continuino a utilizzare la Cie in modo sempre più consistente per accedere a servizi digitali pubblici e privati, auspica il Polimi. A queste andrebbe aggiunto anche il numero di identità digitali Spid attive rilasciate ai cittadini dai vari Identity Provider: le credenziali rilasciate sono attualmente 38,9 milioni, ma non è possibile conoscere il numero di identità uniche attive. Anche nel caso di Spid, è importante assicurarsi che le soluzioni siano adeguatamente utilizzate.
Potrebbe esserci, inoltre, una quota di sovrapposizione tra gli utenti in possesso di Spid e quelli che hanno attivato CieID, ed è quindi importante lavorare per mantenere e potenziare ulteriormente la diffusione delle identità digitali italiane. Resta da sottolineare la crescita dell’uso di Cie per i servizi online, raddoppiata rispetto al 2024.
“Serve un percorso utile a valorizzare le sinergie tra i modelli esistenti anche negli anni a venire, per mantenere il vantaggio rispetto ai target Pnrr e per non perdere il posizionamento del modello italiano sull’identità digitale in Europa, considerato distintivo e virtuoso, anche alla luce della transizione verso il modello del wallet e alla conformità rispetto al regolamento eIdas2.
Eudi Wallet: strategie in definizione
In Europa gli Stati stanno definendo le proprie strategie per l’erogazione dell’Eudi Wallet ai cittadini entro il 2026. Alcuni, come la Grecia, stanno sviluppando dei progetti ex novo, dematerializzando i documenti di riconoscimento ufficiali e integrandoli in applicativi sviluppati appositamente. Altri, come la Francia o l’Italia, stanno progettando la convergenza di sistemi esistenti.
In Francia, ad esempio, si sta discutendo l’integrazione del sistema relativo alla carta d’identità elettronica e del sistema full-digital FranceConnect all’interno del nuovo wallet France Identité. In Germania, invece, nel progetto Funke gestito dall’agenzia per la digitalizzazione tedesca, la trasformazione sta avvenendo con il supporto di partner privati selezionati dal governo. Nel dettaglio, stanno sviluppando progetti ex novo Austria, Danimarca, Germania, Grecia, Islanda, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovenia, Spagna, Svizzera e Ucraina. Stanno integrando sistemi di identità digitale già esistenti Belgio, Estonia, Francia, Italia e Svezia. Inoltre, fanno affidamento al mercato privato Estonia, Germania, Spagna e Svezia.
L’Europa è al centro di questa trasformazione, ma la spinta è globale, dove si muovono le BigTech (Google, Samsung e Apple su tutte) che stanno rafforzando le loro collaborazioni con diversi Governi. Il Giappone, ad esempio, consentirà entro la primavera 2025 di aggiungere la carta di identità dei propri cittadini in Apple Wallet mentre Google ha avviato i test per l’integrazione del passaporto Usa.
IT Wallet: in corso l’integrazione con l’app IO
In Italia sono partiti i primi test dell’IT Wallet, sviluppato da PagoPA. Il 23 ottobre è stato reso disponibile a 50 mila utenti per essere ampliato progressivamente fino a renderlo accessibile all’intera popolazione il 4 dicembre. In questo primo rilascio, l’IT Wallet contiene tessera sanitaria, patente e carta europea delle disabilità. Il set di credenziali sarà espanso nei prossimi mesi con altri attestati, tra cui la carta di identità e la tessera elettorale.
Il Governo sta integrando le funzionalità del wallet all’interno dell’app IO che, fino a novembre 2024, è stata scaricata complessivamente oltre 40 milioni di volte. Sarà poi necessario chiarire il ruolo degli attuali sistemi di identità digitale, Spid e Cie, nell’accesso al nuovo wallet. La strategia del Governo, però, non prevede solo un IT Wallet gestito dallo Stato, c’è la possibilità anche per attori privati di fornire il proprio wallet, in conformità con la regolamentazione (italiana ed europea) e previo accreditamento da parte di AgID.
Le aziende italiane e il wallet: clima di incertezza
Le aziende italiane hanno iniziato a interessarsi al wallet ma l’adozione concreta è frenata dall’incertezza che caratterizza l’attuale contesto. Le notizie sulla sopravvivenza degli attuali sistemi, in particolare Spid, frenano gli investimenti per integrazione delle aziende a tali sistemi. Inoltre, lo sviluppo dei diversi wallet non ha ancora raggiunto una maturità tale da permettere di valutare correttamente i benefici e i rischi di adozione.
Analizzando la pressione normativa sulle imprese per la gestione dell’identità digitale degli utenti e il grado di maturità nella gestione dell’identità digitale, misurato attraverso il Digital Identity Awareness Index sviluppato dall’Osservatorio, si possono suddividere le aziende in tre categorie. Sono “balanced adopters” la maggior parte delle aziende telco, utility e travel, con pressione normativa media e capaci di adottare sistemi di identità digitale con discreta consapevolezza. Per queste, i wallet sono un’opportunità tramite cui trasformare l’interazione con i clienti, ma anche di differenziazione competitiva. Le aziende con una pressione normativa più elevata, come le banche, si dividono tra “compliance-driven adopters”, che vedono nell’identità digitale principalmente uno strumento per soddisfare i requisiti imposti, e “regulated innovators”, che considerano il wallet un fattore abilitante per i servizi core e di posizionamento strategico. Per queste aziende, obbligate ad accettare l’Eudi Wallet come sistema di riconoscimento, un atteggiamento attendista rischia di compromettere la capacità di rispondere alle aspettative del mercato.
Wallet: permangono le aree grigie normative
“Il 2024 è stato un anno miliare per l’identità digitale, ma nonostante il grande fermento deve ancora arrivare il vero punto di svolta – commenta Giorgia Dragoni, Direttrice dell’Osservatorio Digital Identity -. Rimangono aree grigie dal punto di vista normativo sui dettagli tecnici del wallet e valutazioni strategiche ancora non pienamente svelate dagli attori di mercato. Nei prossimi mesi, in Italia e in Europa, i principali soggetti nel mercato dell’identità digitale, governi, fornitori, ma anche aziende utilizzatrici, dovranno affrontare sfide complesse e questo è il momento di valutare l’approccio da adottare: se osservare i cambiamenti come semplici spettatori o diventare protagonisti attivi di questa rivoluzione”.
“L’attivazione del wallet da parte dei cittadini sarà su base volontaria e sarà indispensabile una strategia di coinvolgimento chiara ed efficace, con sistemi semplici e intuitivi oltre a campagne mirate a sensibilizzare gli utenti sui vantaggi e le potenzialità dello strumento – aggiunge Luca Gastaldi, Direttore dell’Osservatorio Digital Identity -. Sarà necessaria una varietà di servizi, offerti sia da enti pubblici sia da aziende private. È importante che quest’ultime siano coinvolte non solo per l’obbligo imposto ad alcune di accettare l’Eudi Wallet come metodo di riconoscimento, ma per la reale volontà di essere protagoniste in questa trasformazione, entrando nell’ecosistema come verifier di credenziali dell’utente e/o costruendo su tali credenziali servizi di valore”.
“Le opportunità di utilizzo del wallet potranno essere ampliate solo con l’offerta di una gamma diversificata di credenziali – conferma Valeria Portale, Direttrice dell’Osservatorio Digital Identity – in una collaborazione attiva tra organizzazioni, che mettano a disposizione dei propri utenti attributi da integrare nel wallet, assumendo il ruolo di ‘issuer’. E saranno determinanti le aziende che sceglieranno di proporsi come provider, valorizzando competenze e asset per offrire soluzioni più familiari agli utenti, rapidamente scalabili nella popolazione e con caratteristiche diversificate, in grado di rispondere a esigenze e casi d’uso specifici”.