AGENDA DIGITALE

Identità digitale, in arrivo il decreto

Atteso per gennaio 2014 il decreto consentirà di dare il via allo Spid: Profilo unico e single password per accedere ai servizi pubblici anche in Rete

Pubblicato il 19 Dic 2013

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Sta per arrivare un decreto della Presidenza del Consiglio che avvierà il Sistema pubblico delle identità digitali (Spid). Farà da fondamenta a un futuro in cui ogni cittadino avrà un proprio profilo sicuro con cui usare, via rete, tutti i servizi della PA e anche quelli di aziende private. Sarà come un passaporto universale che potremo esibire (virtualmente) per accedere a molti servizi. Adesso bisogna andare di persona presso i vari uffici della PA per avere le credenziali con cui usare i rispettivi servizi online. Una grande semplificazione è in arrivo, insomma, e il primo mattone è stato posto dal Decreto del Fare, dove si legge che le PA possono consentire l’accesso in Rete ai propri servizi, oltre che tramite la carta d’identità elettronica o con la carta nazionale dei servizi, anche tramite le credenziali offerte dallo Spid. Il Fare aggiunge che i principi generali saranno contenuti in un decreto attuativo della Presidenza del Consiglio (su proposta del ministro per la PA di concerto con l’Economia); per i dettagli operativi bisognerà poi aspettare le linee guida dell’Agenzia per l’Italia Digitale.

“Il decreto potrebbe arrivare a gennaio: stiamo lavorando sul testo. Ma è anche possibile che debba passare al vaglio della Ue e quindi essere rinviato di 90 giorni”, spiega Andrea Rigoni, membro dell’Unità di Missione di Francesco Caio. “Bisogna fare i conti con proposta di regolamento sull’identità digitale della Commissione europea, della quale è stata pubblicata una prima versione”, puntualizza Eugenio Prosperetti, avvocato esperto di questi temi. “La proposta prevede che i sistemi di identità digitali notificati dagli Stati membri alla Commissione debbano essere conformi ai requisiti del Regolamento stesso”, aggiunge.
L’Italia ha appena cominciato quindi un lungo cammino, ma all’orizzonte c’è un grande cambiamento del modo in cui cittadini e servizi digitali entrano in contatto. Ed è un cambiamento di sistema, propedeutico- grazie alla semplificazione che apporta – per lo sviluppo della domanda e dell’offerta dei servizi digitali. L’identità digitale è un pilastro per l’intera trasformazione dell’Italia in chiave digitale, per questo motivo Caio l’ha inserita nelle tre priorità da perseguire subito.

È un impianto complesso anche dal punto di vista tecnico, oltre che normativo. Spid si reggerà su un sistema federato di soggetti pubblici o privati che si accrediteranno, presso l’Agenzia, per diventare certificatori delle nostre identità digitali. Potremo andare da loro, di persona (una volta sola), essere riconosciuti, e ottenere così un profilo protetto da password (eventualmente anche da firma su smart card e one time password che può essere generata da specifiche app su cellulare). Il profilo è una scatola contenente i nostri dati anagrafici e altri che vi vorremo mettere (i titoli di studio, l’iscrizione all’università o a un ente previdenziale ecc.).
Potremo così farci riconoscere, via internet, su un sito della PA o di un’azienda privata che accetti l’autenticazione via Spid. Entreremo con le nostre credenziali Spid e così dimostreremo, in automatico, non solo la nostra identità ma anche di essere titolari di tutti i dati collegati allo stesso profilo (di avere i requisiti per partecipare a un concorso, per esempio).

Sul fronte dei servizi privati, lo Spid potrebbe semplificare per esempio l’acquisto di un biglietto aereo via internet o di contenuti digitali (musica, articoli, film). Il decreto dovrebbe prevedere anche incentivi perché le aziende private adottino lo Spid. “È un aspetto interessante della normativa ora in bozza: intende esonerare l’impresa che ha adottato Spid, da un obbligo generale di sorveglianza delle attività sui propri siti”, dice Prosperetti. Per esempio le autorità non potranno più chiedere conto a un sito per i commenti scritti da utenti identificati con lo Spid (idem per video o foto da loro pubblicati in autonomia). È una buona notizia sia per i siti giornalistici che ospitano contenuti dei lettori sia per i social network come YouTube.
Il percorso che porterà all’attuazione è ancora lungo però e numerosi sono i rischi che la norma venga potenziata lungo il cammino. Tra l’altro, a quanto risulta quando scriviamo, non è ancora certo ci sia nel decreto un termine perentorio che obblighi le PA a adottare lo Spid. Bisognerà vedere alla fine chi l’avrà vinta: la volontà dei promotori della legge o la resistenza dell’apparato burocratico che lo Spid intende rivoluzionare.

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