“Il sistema dell’identità digitale sarà la chiave di volta della PA digitale”. Andrea Rigoni, ex membro dell’unità di missione dell’Agenda digitale e direttore generale Global Cyber Security Center, spiega al Corriere delle Comunicazioni il valore aggiunto del Sistema pubblico per la gestione dell’identità digitale di cittadini e imprese (Spid) nella strategia digitale italiana.
Renza sta calcando molto l’accento sul tema dell’identità digitale. Perché a suo avviso?
Il pin unico a cui si riferisce il premier è un tassello di un progetto più ampio – quello sull’identità digitale – in grado realmente di far fare alla PA italiana il tanto atteso salto nel digitale. Il perché è presto detto: avere un sistema – o meglio un ecosistema – con cui il cittadino accede in modo sicuro al proprio fascicolo informativo per fruire dei servizi pubblici e privati in modo sicuro è certamente “il” fattore abilitante dell’amministrazione digitale.
Anche in passato con la carta di identità elettronica si è tentato di fare questo e non ci si è riusciti. Perchè questa dovrebbe essere la “volta buona”?
Per due elementi nuovi: maggiore usabilità e standard di sicurezza interoperabili sono il valore aggiunto dell’iniziativa. Per la prima volta non si tenta di replicare un sistema che già funziona – basti pensare a cosa significherebbe in termini di risorse replicare, ad esempio, quello dell’Inps – ma si crea un ecosistema flessibile basato su standard di sicurezza pienamente interoperabili. E proprio questa interoperabili potrà innescare un processo virtuoso tra i gestori privati dell’identità digitale.
Ovvero?
Sviluppare servizi a valore aggiunto come quelli fiduciari i di pagamento, ad esempio.
Detta così sembra un sistema facile da realizzare. Non crede che potranno esserci ostacoli o resistenze lato PA o privati stessi?
Ovviamente si tratta di un progetto complesso che si svilupperà per tappe e proprio questa progressione permetterà di rilevare eventuali criticità. Detto questo, ovviamente bisognerà monitorare con attenzione le amministrazioni che – da norma di legge – sono obbligate ad adottare lo Spid o sistemi di identificazioni digitali affini come la Carta regionale dei servizi o la Cie stessa. In questo quadro è fondamentale il ruolo di monitoraggio e controllo che dovrà svolgere l’Agenzia per l’Italia digitale che è il vero “owner” del progetto.
Ma all’adozione dello Spid deve fare seguito anche l’erogazione di servizi digitali. Cosa le fa credere che la PA stavolta lo farà?
Sempre facendo riferimento all’estrema usabilità e flessibilità del sistema, credo che l’adozione stessa farà da volano per i servizi digitali. Proprio per questo il decreto, a differenza del passato, non entra nei dettagli tecnici, ma definisce uno schema generale che servirà di supporto alla creazione dell’ecosistema delle identità digitali più affini alle necessità dell’ente.
Sul fronte privati, invece, ci potranno essere problemi?
Quando si fa un’innovazione di tale importanza resistenze o incomprensioni ci possono essere sempre, anche sul fronte privato. Però, credo, che alla fine verrà compreso che dallo Spid si potranno avere solo vantaggi: la creazione – come accennavo prima – di servizi a valore aggiunto che fanno crescere il business con investimenti ridotti e, soprattutto, l’alleggerimento di alcuni oneri burocratici come quelli relativi all’identificazione dell’utente.