Il 2020, con l’emergenza Covid19, è stato l’anno della riscoperta dei servizi pubblici (su tutti quelli della sanità, ma anche i “ristori” a famiglie e imprese colpite dalla crisi), del passaggio dagli uffici allo smart working, delle nuove procedure per i concorsi, del lancio di successo dell’app IO, del boom di Spid, della semplificazione per gli acquisti di tecnologia nella PA. Ma anche quello dalla débâcle del click day Inps e del bonus bici, dei ritardi nell’erogazione della cassa integrazione, che hanno evidenziato le storiche carenze di una Pubblica Amministrazione con scarse competenze digitali e bassa propensione all’innovazione, spesso ingessata da una burocrazia difensiva e ancora troppo centrata sul rispetto formale dei processi invece che sul raggiungimento dei risultati.
Una realtà che, nel suo complesso, ha retto all’emergenza Covid19 e ha dimostrato capacità di reazione, ma che ora, anche per l’impegno previsto nel Next Generation UE, è chiamata a svolgere un ruolo centrale, che richiede meno burocrazia, nuovo personale e una forte trasformazione digitale. È il quadro che emerge dall’Annual Report 2020, il volume di Fpa, società del gruppo Digital360, che ogni anno da sei edizioni analizza i principali dati e fenomeni di innovazione nella Pubblica Amministrazione italiana, con focus su lavoro pubblico, competenze, programmazione europea, sanità, politiche per le città, procurement e trasformazione digitale.
“L’esperienza della pandemia ci restituisce una PA che, pur con molte differenziazioni, ha saputo reagire con generosità, energie e competenze per una causa comune – spiega Gianni Dominici, Direttore Generale di FPA – Invece che la granitica burocrazia spesso evocata, la Pubblica Amministrazione italiana è una realtà fluida e ‘porosa’, che spesso si è dimostrata aperta al confronto e capace di reagire. Ma che porta con sé anche numerosi problemi e carenze: il 2021 deve essere l’anno del cambiamento per la PA a cui è dato un ruolo cruciale per l’Italia del futuro. Serve sburocratizzare, semplificando e velocizzando le procedure; rinnovare le risorse umane, con formazione e motivazione della dirigenza; spingere la digitalizzazione. Non ci sarà ripresa e resilienza senza un nuovo impegno per la PA”.
“Investite da nuove responsabilità e modelli di lavoro mai sperimentati, le amministrazioni pubbliche hanno risposto tutto sommato bene all’emergenza, ma la pandemia ha messo in evidenza con chiarezza quali organizzazioni erano pronte e quali no – rilancia Carlo Mochi Sismondi, Presidente di FPA – Ora, davanti alla sfida della ripresa e della resilienza, la PA non ha bisogno di un’ennesima ‘riforma del secolo’, fatta di decine di decreti-legge, ma di rinnovamento, cura, accompagnamento e attenzione: servono più giovani nelle amministrazioni, maggiore focalizzazione sulle missioni e sui risultati attesi, più attenzione alle persone, alla partecipazione e all’ascolto di tutta la società”.
“Oggi ci sono davvero le condizioni per avviare un circolo virtuoso che consenta di superare gli storici ostacoli all’innovazione – sostiene Andrea Rangone, Presidente di Digital360 – L’elettroshock culturale generato della pandemia ha portato ad una vera e propria ‘scoperta’ del digitale, aumentandone la consapevolezza a tutti i livelli. A questo si aggiunge la disponibilità finanziaria del NextGenerationEU, che definisce una chiara visione strategica del futuro fondata su trasformazione digital e green. Se sapremo gestire e finalizzare questo circolo virtuoso potremo recuperare il gap verso i paesi più avanzati, diventando un paese più moderno. La partita in gioco è enorme: il nostro futuro”.
Tutti i dati contenuti nell’FPA Annual Report fanno riferimento alle ultime rilevazioni disponibili al momento della data di chiusura del rapporto (fine novembre-inizio dicembre 2020). Ad esempio, rispetto al dato riportato di seguito su Spid, le identità digitali rilasciate sono ulteriormente cresciute fino a un totale di 15,495 milioni al 31 dicembre 2020.
I dati dell’Annual Report 2020
- Trasformazione digitale. Le pubbliche amministrazioni hanno affrontato l’anno della pandemia con importanti ritardi nell’attuazione delle azioni previste dal Piano Triennale per l’informatica. Ma il 2020 è stato caratterizzato da importanti provvedimenti del Governo – contenuti nei Decreti “Cura Italia”, “Rilancio”, “Semplificazioni” – per accelerare l’innovazione. E l’emergenza è stata un forte elemento di crescita digitale. Da gennaio a inizio dicembre 2020 le identità digitali Spid sono passate da 5,4 milioni a 14,1 milioni, le transazioni su PagoPA da 81,7 milioni a oltre 165 milioni, i Comuni nell’Anpr da 5.310 a più di 7.000, con 54,6 milioni di cittadini presenti in anagrafe unica. L’app IO per l’accesso ai servizi pubblici digitali, rilasciata ad aprile, ha raggiunto 9 milioni di download. I Responsabili per la Transizione Digitale sono aumentati dai 5.432 di gennaio ai 6.183 di novembre. Un’accelerazione registrata anche dai cittadini: da un’indagine FPA il 57% vede una PA “più digitale”, per poter accedere ai servizi in modo più facile e veloce.
- Città e territori. Il digitale e le reti di collaborazione hanno consentito agli enti locali di resistere all’emergenza, continuando a garantire i servizi essenziali, raggiungere e sostenere la popolazione più colpita. I Comuni hanno dovuto tradurre in ordinanze locali oltre 30 provvedimenti emanati dal Governo in poco più di tre mesi ed erogare 400 milioni di euro di buoni spesa, raggiungendo in pochissimi giorni circa un milione e mezzo di famiglie. Ma l’anno appena passato ha anche sollevato una riflessione sugli assetti territoriali sbilanciati nel bipolarismo tra Nord-Sud e tra aree metropolitane e provincia. Il Rapporto ICity Rank di FPA ha fotografato i passi avanti delle città in servizi digitali, app municipali e digitalizzazione delle reti cittadine, che dimostrano come le limitazioni alla mobilità e agli assembramenti abbiano accelerato i processi di innovazione degli enti.
- Sanità. La Sanità è stato il settore travolto dall’emergenza, che ne ha evidenziato le storiche mancanze: scarsità di risorse, modello di cura basato su cure ospedaliere, frammentazione nella governance che impedisce di rispondere in modo omogeneo e tempestivo, innovazione digitale ferma a piccoli progetti e sperimentazioni. La spesa sanitaria pubblica nel 2019 è stata di 115,4 miliardi, il 6,4% sul Pil che arriva all’8,8% sommando quella privata. Una quota in linea con Spagna e Portogallo, inferiore a Francia e Germania (11,2%). Tenendo conto dell’inflazione, la spesa pro-capite è di 1.746 euro, in flessione. Si è evidenziata la carenza di personale causata dal blocco del turnover, dai limiti nella programmazione dei fabbisogni e dalla fuga progressiva dal sistema pubblico. È vero che si contano 3,9 medici per 1.000 abitanti, dato che ci pone in cima alle graduatorie europee (sono 4,1 in Germania, 3,1 in Francia e 3,7 in Spagna), ma il 50 per cento ha più di 55 anni (la quota più elevata in Europa) e in prevalenza si tratta medici specialisti. Per gli infermieri, invece, siamo sotto la media comunitaria: 5,8 ogni 1.000 abitanti, contro gli 8,5 di media Ue.
- Lavoro. I dipendenti pubblici italiani sono 3,2 milioni, con un’età media di 50,7 anni, di cui il 16,9% over 60. Il numero di pensionati sta per raggiungere quello degli impiegati: al 1°gennaio 2020 erano circa 3 milioni e destinati a salire, con 540.000 dipendenti pubblici che avevano compiuto 62 anni e 198mila che avevano maturato oltre 38 anni di anzianità. Il 2020 è stato l’anno dello smart working dei dipendenti pubblici, per la maggioranza un’esperienza completamente nuova: nel sondaggio FPA di maggio 2020 per l’87,7% di loro è stata la prima volta. Ma il bilancio è positivo: l’88% dei dipendenti ha giudicato l’esperienza di successo, il 69,5% ha potuto organizzare e programmare meglio il lavoro e il 34,9% ha lavorato in un clima di maggior fiducia e responsabilizzazione. Inoltre, lavorare da casa non ha significato smettere di essere produttivi: per il 41,3% dei dipendenti PA, l’efficacia lavorativa è migliorata.
- Competenze. Sulle competenze della PA è ormai chiara la necessità di una visione strategica di lungo periodo. In 10 anni la spesa in formazione si è quasi dimezzata, -41%. Dal 2008 al 2018 si è passati da 262 a 154 milioni di euro di investimento, 48 euro per ciascun dipendente, offrendo una media di 1,02 giorni di formazione l’anno a persona. La ministra della PA Fabiana Dadone a settembre ha presentato il Programma di Innovazione Strategica della PA, con nuove politiche di reclutamento e ripensamento della formazione, ribadendo quanto descritto nel Piano Colao per un Piano risorse umane PA. La mancanza di formazione ha svelato tutte le sue gravi conseguenze in piena pandemia, specie sul digitale, a causa della remotizzazione del lavoro. La risposta italiana è stata la pubblicazione della Strategia Nazionale per le Competenze Digitali che delinea gli obiettivi strategici e definisce quattro assi su cui intervenire: l’istruzione e la formazione superiore, la cittadinanza, la forza lavoro attiva e lo sviluppo di competenze specialistiche Ict.
- Programmazione europea. Il 2020 è stato un anno di svolta per la programmazione comunitaria e dei finanziamenti europei allo sviluppo sostenibile. La Commissione europea e il nostro paese stanno per varare azioni e programmi di grande importanza, basati su obiettivi di sostenibilità: European Green Deal, NextGenerationEU e Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 a livello europeo, Piano Sud 2030 e Linee guida per la definizione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Perché l’occasione del NextGenerationEU non venga sprecata abbiamo però bisogno di definire obiettivi coerenti, chiari e condivisi, e puntare sul potenziamento della macchina pubblica, superando la cronica difficoltà nel definire, gestire e scaricare a terra gli obiettivi.
- Procurement pubblico. Per gli acquisti pubblici, il 2020 risente dell’emergenza, anche se in modo lieve, ma emerge la necessità di un cambiamento oltre le norme. Dai dati Consip (relativi alle sole operazioni oltre la soglia Comunitaria), si evidenzia il lieve calo nel numero di gare bandite nel 2020 (83, contro le 97 del 2019), mentre quelle aggiudicate (89) confermano i valori degli ultimi due anni. Gli importi complessivi sono di 7,4 miliardi per le gare bandite (12,6 nel 2019) e 9,7 miliardi per le aggiudicate (rispetto a 7,2 dell’anno prima). Sulla normativa, il 2020 avrebbe dovuto dar vita al percorso di riforma avviato nel 2018, ma la pandemia ha alterato piani e programmi: alcuni iter legislativi sono stati sospesi, mentre sono stati avviati percorsi straordinari che, hanno consentito sperimentazioni e “salti in avanti” nelle pratiche di public procurement.