Il Garante Privacy “stoppa” la ministra della PA, Giulia Bongiorno, sulle impronte digitali anti-furbetti. La rilevazione biometrica attraverso le impronte digitali e l’utilizzo di telecamere per combattere il fenomeno dell’assenteismo dei dipendenti pubblici, i cosiddetti “furbetti del cartellino”, “andrebbe riformulata” in quanto “incompatibile con la disciplina europea” ma anche per la sua “intrinseca contraddittorietà”. A dirlo è Antonello Soro presidente dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali nel corso di un’audizione alla Camera, alle Commissioni riunite Affari costituzionali e Lavoro, in merito al ddl Concretezza, che è stato approvato dal Senato.
Secondo Soro, infatti, il ricorso a tali nuovi sistemi, introdotti dal ministro per la PA Giulia Bongiorno, andrebbero adottati “in presenza di fattori di rischio specifici, ovvero di particolari presupposti quali ad esempio le dimensioni dell’ente, il numero dei dipendenti coinvolti, la ricorrenza di situazioni di criticità che potrebbero essere anche influenzate dal contesto ambientale”. E dunque non in maniera generalizzata a tutte le pubbliche amministrazioni. Inoltre secondo il Garante “sarebbe opportuno modificare il testo prevedendo espressamente l’alternatività del ricorso alla rilevazione biometrica e alle video riprese”.
Soro si appella anche alla normativa europea con la quale la norma “sarebbe difficilmente compatibile” ai previsti criteri di necessità e proporzionalità. Del resto – argomenta ancora il Garante “l’analisi di impatto regolazione (Aire) contenuta nella relazione alla legge richiama l’esigenza di contrasto a un fenomeno della falsa attestazione della presenza in servizio indubbiamente grave ma rispetto al quale non sembrano emergere dati univoci in ordine alla sua sistematica e generalizzata diffusione nelle pubbliche amministrazioni”.
“Le statistiche ci dicono infatti che il 10% dei provvedimenti di licenziamento disciplinare adottati nell’ultimo anno – prosegue Soro – derivino da accertamento in flagranza di falsa attestazione della presenza in servizio in valore assoluto 89, metà dei quali definiti con altro tipo di provvedimento in alcuni casi anche per la mutata contestazione. E’ un dato rilevante ma non sintomatico della pervasività generale del fenomeno o comunque tale da giustificare l’adozione in ciascuna amministrazione pubblica di un sistema di rilevazione della presenza in servizio così invasivo. Pertanto, la norma “a noi non appare compatibile con il principio di proporzionalità”.
“Per realizzare il condivisibile fine del contrasto all’assenteismo – rimarca il Garante della Privacy – dovrebbe pertanto farsi previo ricorso a misure meno limitative utilizzando i sistemi di rilevazione biometrica solo in presenza di fattori di rischio specifici qualora soluzioni meno invasive debbano ritenersi inidonee allo scopo”.
Inoltre, le modifiche introdotte al Senato, osserva Soro, “se ininfluenti ai fini della configurazione come non obbligatoria di tali nuovi metodi di rilevazione si risolve in una mera clausola di stile inidonea a escludere il contrasto della disposizione con la disciplina europea”. E anche se venissero utilizzate, afferma Soro “come si è letto in questi giorni, essere nelle intenzioni del governo, tecnologie basate su applicazioni e software nella disponibilità del dipendente sarebbe comunque necessario individuare i soggetti legittimati a trattare i dati rilevati e le puntuali condizioni di utilizzo nonché le garanzie idonee a evitare accessi abusivi”.
La rispista della ministra non si è fatta attendere. Su Twitter Bongiorno ricorda che il sistema studiato nel Ddl concretezza “trasforma le impronte digitali in codici alfanumerici che garantiranno la privacy del dipendente”. “Su lotta ad assenteismo non si torna indietro, lo Stato ha il dovere di prevenire i reati. PA funziona solo se ciascuno fa il proprio dovere”, ha chiarito.
Il 6 dicembre il Senato ha dato il via libera al ddl Concretezza. Nel giro di vite contro l’assenteismo nel pubblico impiego si supera il vecchio badge: entrano in campo i controlli biometrici dell’identità usando le impronte digitali (sulla carta è possibile, ma più complicata e costosa, l’identificazione facciale o dell’iride) e i sistemi di videosorveglianza.