Via libera definitivo della Camera al decreto Sviluppo bis. Il provvedimento, su cui ieri è stata votata la fiducia (295 sì, 78 no e 114 astenuti) è stato approvato con 261 voti favorevoli, 55 contrari e 131 astenuti. Ad astenersi, come già accaduto al Senato, è stato il Pdl. L’Agenda digitale dunque è legge. Il primo, nel governo a commentare l’approvazione è stato il ministro per lo Sviluppo economico, Corrado Passera. “Ce l’ha fatta il Governo, ce l’ha fatta il Parlamento: un decreto sicuramente complesso e molto importante. Un tassello di un ampio lavoro, che riguarda l’agenda digitale, le nuove imprese, le infrastrutture, la concorrenza nelle assicurazioni”. “Un lavoro di tanti che è durato più di un anno, un lavoro fatto con il Parlamento e le imprese, confrontandoci – ha sottolineato – con il meglio di quello che si fa in Europa”.
Passera si è soffermato sulla disciplina delle nuove imprese innovative, contenuta nella legge, sulle “start up”, anche in questo caso nel confronto con le imprese, le forze sociali e le esperienze europee “per rendere l’Italia più amica delle start up”. “Un lavoro di anni sta poi a monte delle misure sull’agenda digitale – ha concluso Passera – C’è la volontà di sbloccare procedure che hanno che fare con la vita dei cittadini, ma anche di facilitare il lavoro delle pubblica amministrazione, sopratutto nei settori della scuola, della sanità, delle amministrazioni comunali”.
Ieri però intervenendo in Aula a Montecitorio, Passera aveva ammesso velatamente che le risorse scarseggiano. “Il decreto – aveva detto Passera – un ulteriore, significativo passo avanti per l’agenda per la crescita sostenibile del Governo”, è un provvedimento “atteso da tempo e condiviso con innumerevoli interlocutori pubblici e privati”. Quanto alle risorse, Passera ha precisato “sono quelle che è stato possibile mobilitare in un contesto difficile in cui il Governo non può prescindere dalla volontà di tenere in equilibrio conti pubblici”.
Ieri anche il commissario Ue per l’Agenda digitale, Neelie Kroes, era scesa in campo per l’Agenda digitale italiana, via Twitter e con lettera aperta a tutti gli eurodeputati italiani. “Se vuoi che ci sia innovazione in Italia, chiedi al tuo Parlamento di votare x l’ #AgendaDigitale. Non si può aspettare”, aveva esordito alle 15.21 il commissario dalle colonne del popolare sito di micro-blogging. Messaggio rigorosamente in italiano. Poi, ancora, 36 minuti dopo: “L’Italia ha un potenziale di creatività enorme. Non è sfruttato come si deve. L’Italia deve lanciare adesso l’ #AgendaDigitale”.
Intanto ci si interroga sulle sorti dell’Agenzia per l’Italia digitale. La caduta del governo Monti, che dovrebbe avvenire – come detto dallo stesso premier – all’indomani dell’approvazione della legge di stabilità, impatta infatti sulla sua operatività. L’articolo 21 comma 4 del decreto 83/2012 prevede infatti che, entro 45 giorni dalla nomina del direttore generale dell’Agenzia, sia approvato lo statuto “con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, o del Ministro delegato, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze”.
La mancata emanazione del Dpcm rappresenterebbe un ulteriore ostacolo alla messa in opera dell’Agenzia insieme allo stallo sulla ratifica del contratto di Agostino Ragosa, ancora sul tavolo delle Corte dei Conti.
Dall’Agenzia però sembrano non essere troppo preoccupati. Contattati dal Corriere delle Comunicazioni i tecnici dell’ex DigitPA assicurano che “il decreto della Presidenza del Consiglio è da considerarsi amministrazione ordinaria” e che per questa sua caratteristica “ rientra nei provvedimento che l’esecutivo può firmare fino al giorno delle elezioni”. Inoltre i 45 giorni sono un termine ordinario e non perentorio, quindi il provvedimento potrebbe essere varato anche dal prossimo esecutivo. E sulla ratifica della Corte dei Conti al contratto di Ragosa, sottolineano che “si tratta di un ritardo giustificato da fatto che il documento deve passare al vaglio di ben cinque uffici competenti per i singoli ministeri coinvolti nella governance dell’ente”.