IL PAGINONE

L’innovazione a scuola, domani accadrà?

Sulla digitalizzazione delle classi italiane si gioca una partita centrale per la modernizzazione del Paese: ecco quali sono le carte in gioco

Pubblicato il 26 Gen 2013

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Tra tablet e libri digitali, tra volumi di carta, lavagne e gessetti, intorno alla scuola si sta giocando in Italia un set importante della partita sulla modernizzazione del Paese, tanto che ormai nessuno è più disposto a dirsi contrario a un complessivo processo di rinnovamento. Ma se da una parte si sperimentano i tablet in classe, dall’altra nelle aule c’è raramente la possibilità di connettersi a Internet, e molti insegnanti vedono le nuove tecnologie mettere in discussione metodi didattici collaudati, senza avere alternative che appaiano loro altrettanto “solide”.


“Tutto questo parlare di tablet sembra frutto più della moda che di un’analisi ragionata – afferma Paolo Ferri, professore associato di Tecnologie didattiche e Teoria delle tecniche dei nuovi media presso la facoltà di Scienze della formazione dell’università di Milano Bicocca -. I tablet sono uno strumento di fruizione, e tra l’altro hanno limiti strutturali. Il dibattito in corso sta indicando una direzione giusta senza ancora fornire soluzioni adeguate. Vedo molto marketing, e in totale buona fede: questi argomenti attirano gli studenti e i loro genitori, ma non ci sono ancora direttive ministeriali. Sarebbe più utile mettere in sequenza le necessità: prima la connessione nelle scuole, poi i contenuti digitali, poi la formazione e alla fine i risultati. Trovo comunque positivo che sia in discussione una norma sui testi scolastici digitali, per quanto ‘punitiva’ verso gli editori e le famiglie: vuol dire che è mancato l’ascolto, ma è comprensibile che un Governo tecnico vari misure top down. È un modo per aprire il dibattito”.
Quella della modernizzazione della scuola è un’urgenza condivisa in pieno dai sindacati, come conferma Mimmo Pantaleo, segretario generale della Federazione lavoratori della conoscenza della Cgil: “Siamo d’accordo con l’utilizzo delle tecnologie – afferma – ma è necessario un rinnovamento dei modelli didattici: non c’è innovazione che possa soppiantare il rapporto insegnante-studente”.


Quanto ai libri digitali, Pantaleo è preoccupato che l’ansia di modernizzazione prenda il sopravvento: “Il Parlamento sta discutendo di un processo condivisibile negli obiettivi, ma che deve essere ben ponderato nelle modalità di attuazione. Serve coinvolgere i docenti e capire come le scuole potranno garantire le strumentazioni. Ma non sarebbe giusto chiedere altri sforzi economici alle famiglie”.
A consigliare prudenza rispetto a un passaggio ai libri digitali a “tappe forzate” c’è anche l’associazione italiana editori: “Ci proponiamo di interpretare il progresso, non di ostacolare un modello che si evolve – afferma Giorgio Palumbo, presidente del Gruppo educativo di Aie -. Per farlo occorrono tempi congrui, sia per consentire agli editori di fare proposte di senso e continuità, sia per dare modo alla classe docente di formarsi e allo Stato di fare i necessari investimenti – banda larga e dotazioni tecnologiche – affinché di questa innovazione possano fruire tutte le scuole. Infine – conclude Palumbo – l’innovazione non si può fare per sottrazione di risorse: non si possono togliere risorse dai tetti di spesa dei libri scolastici per acquistare tablet”.


Il quadro non sarebbe completo senza il confronto con chi al Miur è impegnato ogni giorno ad accompagnare la scuola verso il cambiamento: “Abbiamo messo in moto un meccanismo da 56mila lavagne digitali, coinvolgendo 90mila insegnanti, 480 classi 2.0 e 15 scuole – dice Giovanni Biondi, capo dipartimento al Miur che segue per il ministro il piano della Scuola digitale -. Sono tutti istituti che hanno fatto domanda di tecnologie, e che abbiamo voluto soddisfare anche a prezzo di compiere un grande sforzo. Rimane il fatto che a oggi la domanda è almeno 5 volte superiore rispetto ai fondi a nostra disposizione.


Ma l’aspetto più positivo è che con le norme sui libri digitali, gli accordi con le Regioni siglati il 18 settembre per accelerare il passaggio al digitale finanziati con 40 milioni di euro, e i progetti di formazione insegnanti, ci sono le basi per una spinta di sistema alla modernizzazione”. Quanto all’allungamento dei tempi per l’adozione di e-book Biondi tiene il punto: “La prima proposta risale al 2008, e quella in discussione è una norma molto graduale. Se accettare di allungare i tempi sarà una decisione della politica, di certo posticipare di un anno l’entrata in vigore della norma non sarà un problema insormontabile. Ma rimango dell’idea che adeguarsi il prima possibile sia nell’interesse degli stessi editori, oltre che di insegnanti e studenti”.

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