PA DIGITALE

La Cie 3.0 ai nastri di partenza, sarà la volta buona?

Dal 4 luglio sarà possibile chiedere la carta di identità elettronica in alcuni Comuni, tra cui i “big”: Milano, Roma e Napoli. Da settembre la smart card sarà disponibile in 200 città al costo di circa 14 euro. Dopo 20 anni di vani tentativi ce la faremo a dematerializzare il documento?

Pubblicato il 24 Giu 2016

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Scatta l’era della carta di identità elettronica 3.0. Il piano dei comuni che dal 4 luglio in poi potranno fornire la nuova Cie è stato reso noto con una circolare del ministero dell’Interno. Inizialmente saranno una manciata, ma entro settembre diventeranno circa 200.

La nuova carta d’identità elettronica, su cui saranno presenti le impronte digitali, il codice fiscale e gli estremi dell’atto di nascita, corredati da una serie di elementi di sicurezza, oltre ad essere strumento di identificazione del cittadino è anche un documento di viaggio in tutti i Paesi appartenenti all’Unione Europea e in quelli con cui lo Stato italiano ha firmato specifici accordi. Il costo si aggira sui 14 euro.

Il cittadino può chiedere la Cie al Comune di residenza o di dimora nei casi di primo rilascio, deterioramento, smarrimento o furto del documento di identificazione. E’ prevista anche la facoltà del cittadino maggiorenne di indicare il consenso o il diniego alla donazione di organi e/o tessuti in caso di morte.

All’indirizzo internet www.cartaidentita.interno.gov.it, ci sono tutte le informazioni utili per la presentazione della domanda di rilascio della Cie e la possibilità di prenotare l’appuntamento con gli uffici comunali ed indicare l’indirizzo di consegna, che può essere al proprio domicilio o presso il Comune.

I Comuni verranno dotati di un’infrastruttura costituita da postazioni di lavoro informatiche attraverso le quali potranno acquisire tutti i dati del cittadino. Nel momento in cui le postazioni di lavoro saranno operative, il singolo Comune (o municipalità), si spiega nella circolare, rilascerà la nuova Cie e non sarà più possibile procedere all’emissione della carta d’identità in formato cartaceo né dell’originaria Cie in via sperimentale. Le carte d’identità in formato cartaceo ed elettronico rilasciate fino all’emissione della nuova Cie mantengono la propria validità fino alla scadenza.

Dopo la richiesta, la consegna della carta d’identità elettronica avverrà entro sei giorni lavorativi, presso l’indirizzo indicato dal cittadino all’atto della richiesta oppure presso il Comune. Tra le prime città a partire anche le metropoli: Roma (18-22 luglio), Milano (5-9 settembre) e Napoli (25-29 luglio).

Sarà la volta buona dopo quasi vent’anni in cui in Italia si tenta di dematerializzare i documenti di identità? Dal governo esprimono ottimismo, ma gli esperti non negano problemi di “relazione” con Spid. Come spiega a CorCom, Alessandro Perego, responsabile scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, le zone di conflitto tra i due progetti non sono poche.

C’è rischio che pin unico e carta di identità elettroniva vadano a “sbattere”? “Lo Spid consta di due fasi. La prima di identificazione dell’utente e di rilascio del pin unico, per la quale è prevista anche una modalità fisica ovvero il provider ha bisogno di “vedere” il richiedente – spiega Perego – Si tratta però di una modalità costosa e difficoltosa. In questo quadro la Carta di idenità elettronica potrebbe agire da facilitatore consentendo un riconoscimento immediato e più sicuro”. È dunque nella seconda fase che identità digitale e carta elettronica potrebbero andare in conflitto. “La seconda fase di Spid – puntualizza Perego – è quella che possiamo chiamare di autenticazione per l’uso dei servizi e al livello tre dell’identità digitale, quello più alto, è stata pensata una funzione di riconoscimento che, dunque, confligge con la carta elettronica. Vedremo se e come questa zona d’ombra andrà eliminata”.

Oltre alla relazione con lo Spid, a preoccupare gli esperti anche il tema della gestione del dato. Il rilancio della Carta digitale avviene in concomitanza con uno dei progetti abilitanti della PA digitale: l’Anagrafe Unica della popolazioe residente (Anpr). “I Comuni dovranno far migrare i dati sull’Anagrafe Unica della popolazione residente (Anpr) – ricorda Paolo Colli Franzone, responsabile scientifico dell’Osservatorio Netics e tecnologo – Si tratta di un processo lungo e complesso nel quale si stanno rilevando non pochi problemi di armonizzazione e normalizzazione delle informazioni”. Che significa? Che i Comuni saranno prioritariamente impegnati in queste operazioni.

Ci vorranno due anni, almeno per le PA più grandi, per passare su Anpr – prevede l’esperto – Pensare di rilasciare la Cie senza prima aver terminato questo processo è folle. Il vero tema è accelerare sull’Anagrafe unica rendendo più facile la vita alle amministrazioni, magari sostenendo economicamente la migrazione ma stringendo i tempi di attuazione: non più due anni, come previsto adesso, ma sei mesi”.

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