L'INTERVISTA

Lanzillotta: “Agenda digitale, serve una governance unica”

La senatrice della Lista Monti: “Serve una figura alle dipendenze del premier in grado di coordinare anche ministeri pesanti come Mise e Miur”. E sull’Agenzia dice: “Incapace di agire sul fondamentale tema dell’interoperabilità”

Pubblicato il 24 Mag 2013

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“Questo governo ha perso l’ennesima occasione per unificare la governance dell’Agenda digitale sotto la responsabilità di Palazzo Chigi. Il rischio è che da questa deleteria frammentazione non se ne esca”. Linda Lanzillotta, senatrice della Lista Monti, non usa mezzi termini per descrivere la situazione di stallo in cui versa il piano telematico nazionale e, insieme, l’Agenzia per l’Italia digitale.
Ieri il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi ha “strigliato” il governo sul tema dell’Agenda. Lei crede che le sue parole possano contribuire ad accelerare i tempi di attuazione?
Le parole di Squinzi sono importanti perché hanno sottolineato con forza la centralità dell’economia digitale. Ora tocca alla politica, al governo fare in modo che quelle parole si trasformino in azioni strategiche.
È scettica sulla possibilità che questo accada?
Se consideriamo che sono dieci anni che si dicono queste cose…
In questi giorni il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, ha chiarito la sua posizione circa la governance dell’Agenda digitale che andrebbe unificata e rafforzata, magari affidandola a un solo ministero. Lei che idea si è fatta di questa opzione?
Affidare la competenza del digitale a un solo ministero sarebbe un’operazione complessa, ma soprattutto inefficace perché gli altri dicasteri non sarebbero disposti a cedere parte delle loro funzioni. Quello che servirebbe, invece, è una figura alle dirette dipendenze del presidente del Consiglio, responsabile delle politiche digitali. Una figura siffatta avrebbe l’autorevolezza necessaria per coordinare anche i ministeri “pesanti”, come Mise e Miur, le strategie delle Regioni e degli enti locali. Potrebbe essere una figura politica ma anche un “visionario” : l’importante è che faccia capo al premier e che riceva da lui un forte commitment. L’economia digitale è l’asse su cui far ruotare tutte le altre politiche, l’asse fondamentale dello sviluppo del Paese in tutte le sue declinazioni: industriale, amministrativo e sociale. Non ha quindi carattere né settoriale né aggiuntivo, ma deve toccare in profondità le politiche dei singoli ministri: solo il premier lo può fare. In questo contesto si potrebbe finalmente lavorare in un’ottica di unificazione di tutta la filiera dell’innovazione che parte dalle reti – in questi giorni il tema dello scorporo della rete Telecom ha fatto tornare il tema delle infrastrutture al centro del dibattito politico ed economico – su cui devono essere fatti degli investimenti efficaci altrimenti l’Agenda digitale non marcia, fino ad arrivare alla pubblica amministrazione per la quale non è più possibile aspettare lo switch off.
L’altro nodo difficile da sciogliere è quello dell’Agenzia digitale. Lo statuto è stato ritirato e l’ente è in balìa di problemi organizzativi che ne impediscono l’operatività…
Il vero problema dell’Agenzia è che, per come è nata, non è una struttura in grado di integrare i “pezzi” del sistema dell’innovazione ovvero rendere interoperabili le reti e i servizi digitali. È questo quello che serve al Paese in questo momento. Ma ripeto: dietro questa visione ci deve essere un forte commitment della Presidenza del Consiglio.

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