Una pagella del 1863, un sillabario del 1871, il libro di testo per la terza elementare a cura di Grazia Deledda. Sono alcuni dei “tesori” custoditi nella biblioteca del Ministero dell’Istruzione, che sarà d’ora in poi aperta al pubblico (ore 9,30-16,30) e presto consultabile via Internet. Dei 70 mila volumi e documenti presenti a viale Trastevere, 10 mila sono stati già digitalizzati ed è in fase di elaborazione un portale sulla storia della scuola con modalità interattiva, che dovrebbe essere pronto a dicembre.
“L’obiettivo – ha spiegato il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo – è di creare una virtual library, per mettere a disposizione del paese e rendere fruibile agli studenti di tutta Italia il grande patrimonio di cui disponiamo”.
E tra un documento storico e l’altro, ai cronisti che gli chiedevano se a oggi fosse un peccato passare alle pagelle elettroniche, il ministro ha replicato: “Oggi è un tempo diverso da allora; sono cambiate le modalità di trasmissione del sapere, della conoscenza e dei dati. Credo che ogni documento debba rappresentare il proprio tempo”.
Fondata nel 1862 a Torino, trasferita poi a Firenze, quindi a Roma prima nel Palazzo della Minerva e nel 1928 nella sede del ministero, situato in quelle che allora si chiamava Viale del Re, la biblioteca raccoglie decreti regi con firma autografa di Vittorio Emanuele III e di Umberto I; l’intera collezione delle leggi d’Italia; annuari dell’istruzione; libri matricolari dei regi provveditori; le prime indagini con grafici sull’analfabetismo. Nel corso della presentazione del ministro Profumo, sono stati illustrati documenti e volumi legati alla scuola: abaci e abbecedari, libri regionali di traduzione dal dialetto all’italiano, il primo libro Cuore in braille e pagelle di varie epoche, tra cui la più antica (1863) proveniente dal liceo di Pisa e quelle di epoca fascista con propaganda e pubblicità nell’ultima pagina.
Profumo si è soffermato in particolare sui grafici dell’inchiesta Corradini sull’analfabetiscmo, risalenti al 1911, che mostravano un’incidenza di analfabeti del 90% a Reggio Calabria e del 10% a Torino. E ancora su un registro del 1907 dove comparivano i mestieri dei genitori degli alunni analfabeti: da sellaro a maniscalco, da cicoraro a abbacchiaro.