Accelerare i tempi dello switch off digitale nella pubblica
amministrazione, focalizzando l’attenzione su progetti chiave e
rivedendo le modalità di finanziamento all’innovazione pubblica.
L’appello proviene dal mondo produttivo – Assinform in prima
linea – ma anche da quello degli esperti di settore che chiedono al
nuovo esecutivo guidato da Mario Monti di non disperdere il
patrimonio finora acquisito in tema di e-gov e, allo stesso tempo,
di dare una brusca accelerata alla digitalizzazione dei
servizi.
Come spiega Paolo Angelucci, presidente di
Assinform, “ancora di più oggi, quando il Paese sta
attraversando una durissima crisi economica, consolidare un
processo di vero e proprio switch-off verso il digitale nella PA
italiana è più che necessario: è fondamentale”.
“Ci sembra che la strada intrapresa dall’ex ministro Brunetta
di imporre per legge l’obbligatorietà di alcuni passaggi, così
com’è avvenuto per i certificati medici online, sia quella
giusta – prosegue il numero uno di Assinform – Ora, molto ci
attendiamo dall’obbligo di utilizzo della Pec per una serie di
adempimenti e comunicazioni formali delle imprese verso la PA così
come dalla piena attuazione delle norme del nuovo Cad, che speriamo
vengano al più presto varate. La dematerializzazione dei documenti
pubblici, di cui il codice è la cornice basilare, è infatti una
via obbligata come fattore di risparmio e liberazione di risorse da
utilizzare per lanciare nuovi servizi”.
In uno scenario di piena adozione della fatturazione elettronica,
della posta elettronica certificata e della digitalizzazione del
fascicolo e pratiche del personale, si potrebbero infatti
risparmiare fino a 7,5 miliardi di euro (dati Assinform). “Allo
stesso tempo rilancia Angelucci – il risparmio ottenibile con la
completa diffusione del Fascicolo Sanitario Elettronico (Fse),
secondo la nostra stima, si aggira intorno ai 2,2 miliardi di euro
l’anno”.
Numeri importanti per un governo che mira non solo a ripianare il
debito, ma anche a far ripartire la crescita e che fanno il paio
con quelli resi noti dal Politecnico di Milano,
secondo cui l’Ict garantisce un risparmio alla PA fino a 43
miliardi di euro l’anno, un valore pari circa all’80% del
deficit dello Stato e un aumento del Pil tra lo 0,4% e lo 0,9% Per
raggiungere questo obbiettivi basterebbero tre azioni, prima fra
tutte un uso più massiccio dell’e-procurement da cui
deriverebbero benefici per 4 miliardi. Dall’aumento della
produttività del personale, grazie ad un miglioramento
dell’efficienza, si genererebbero invece risparmi intorno ai 15
miliardi di euro l’anno. Infine la questione dei pagamenti: la
digitalizzazione di alcuni processi burocratici (risparmio intorno
ai 23 miliardi di euro l’anno) e una più snella gestione dei
pagamenti (risparmio di 1 miliardo di euro l’anno) tra pubblica
amministrazione e imprese.
Dietro a queste azioni concrete, però, ci deve essere anche un
cambio di marcia nelle strategie e nella definizione delle policy.
Secondo Greta Nasi, assistant professor del
dipartimento di Analisi Istituzionale e Management Pubblico
dell’università Bocconi, è necessario che questo governo decida
le priorità da realizzare, coinvolgendo in maniera proattiva
l’utenza: cittadini e imprese che fruiscono dei servizi della PA.
“Bisogna stilare un’agenda digitale della PA italiana che
stabilisca quali sono i servizi digitali di cui il Paese non può
più fare a meno – sottolinea la Nasi – ascoltando i bisogno degli
utenti, altrimenti il rischio è di innovare prestazioni che non
vengono sentite come essenziali e che rischiano di non essere
utilizzate”.
Ma come finanziare questi progetti in un momento di endemica
scarsità di risorse? “Serve un più forte coinvolgimento dei
player Ict all’interno di una strategia che preveda un uso più
sistemico del project financing – puntualizza la Nasi –
Contestualmente serve uno snellimento delle norme di accesso alle
gare che le rendano più convenienti per le imprese.
L’investimento all’Ict per conto capitale ha fatto il suo
tempo, l’Italia deve spingere su forme più agili di
finanziamento”.
E a Monti si appellano anche i tecnici chiamati dall’ex ministro
Brunetta. Renzo Turatto, Capo Dipartimento per la
Digitalizzazione e Innovazione tecnologica invita il nuovo governo
“seminare sui solchi arati finora”.
“Bisogna spingere sulla Pec e insistere sulla digitalizzazione
dei settori identificati come quick win, Scuola, Sanità e
Giustizia – avverte – perché è soprattutto da questi che dipende
la qualità della vita dei cittadini italiani”.