I DATI ISTAT

PA digitale, Italia all’anno zero: il 40% dei Comuni ancora nell’era analogica

Gli utenti che interagiscono con le pubbliche amministrazioni attraverso il web ammontano al 36,4% contro una media europea del 64%. A frenare la svolta la scarsa cultura digital dei cittadini e il basso livello di fruibilità e usabilità dei portali. La carta di identità elettronica accettata solo nel 5,5% dei casi

Pubblicato il 20 Mag 2021

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La quota di utenti di Internet che si è relazionata via web con la Pa “è pari al 36,3%, rispetto ad una media europea del 64%. Non solo. Quasi il 40% dei Comuni “utilizza ancora procedure analogiche, quali timbri e firme autografe, per almeno il 50% della produzione documentale, mentre l’utenza può accedere ai servizi online attraverso l’identità digitale (Spid) per il 20,5% dei Comuni, mentre il 22% dei Comuni utilizza la carta nazionale dei servizi (Cns) e appena il 5,5% la carta di identità elettronica.

Sono alcuni dei dati resi noti dall’Istat in audizione alla Commissione parlamentare sulla semplificazione delle procedure amministrative connesse all’avvio e all’esercizio delle attività di impresa.
Per gli utenti di internet, ha spiegato l’Istituto, l’incremento maggiore si è osservato per lo “scaricare moduli” (29%, contro il 21% del 2019); l’incidenza del “cercare informazioni sui siti della Pa” è salita invece al 27% (dal 24%), l'”invio di moduli alle Pa” al 21% (dal 18%).

L’Istat ha inoltre fatto presente che dove l’uso del web è più diffuso si registra un utilizzo di altri servizi, ad esempio quelli bancari, maggiore di quello registrato per la Pa. Quindi “questo ritardo nell’adozione del web per relazionarsi con la Pa” non è dovuto solo in una mancanza di cultura del digitale da parte dei cittadini, ma anche al “livello di fruibilità, usabilità e sicurezza dei servizi messi a disposizione dalla pubblica amministrazione, che possono rallentare il processo di interazione online tra cittadini e pubbliche amministrazioni”.

Spid poco diffuso e ancora troppa manualità

L’Istat ha rivelato che l’utenza può accedere ai servizi online attraverso l‘identità digitale (Spid) per il 20,5% dei Comuni, mentre il 22% dei Comuni utilizza la carta nazionale dei servizi (Cns) e appena il 5,5% la carta di identità elettronica. Inoltre la quota di utenti che utilizza lo Spid per l’accesso ai servizi nei Comuni più grandi (oltre i 60mila abitanti) è del 58,2%, mentre è pari ad appena il 15,8% per quelli fino a 5mila abitanti.

A questo si aggiunge che quasi il 40% dei Comuni “utilizza ancora procedure analogiche quali timbri, firme autografe, ecc. per almeno il 50% della produzione documentale”.
“Nonostante gli avanzamenti registrati – spiega l’Istat – la diffusione dei servizi comunali gestiti interamente online è ancora limitata, soprattutto nei Comuni più piccoli”.

Per quanto riguarda l’offerta online dei servizi dei Comuni si evidenzia “un generale miglioramento della disponibilità di strumenti“: passa dal 33,9% del 2015 al 48,3% (era il 18,9% nel 2012) la percentuale di Comuni che offrono la possibilità di avviare e concludere online l’intero iter di almeno uno dei 24. Sale dal 58,7% del 2015 al 69,0% (era 36,7% nel 2012) la quota di quelli che offrono la possibilità agli utenti di caricare online la documentazione relativa ad almeno uno dei servizi offerti. Oltre nove Comuni su dieci permettono di acquisire on line modulistica e quasi tutti (98,3%) forniscono online informazioni. La quota di Comuni che, nel 2018, ha dichiarato di rendere disponibile interamente online almeno un servizio tra quelli osservati scende dal 62,9% di quelli con oltre 5mila abitanti al 42% di quelli fino a 5mila.

Burocrazia ostacolo a competitività per 33% imprese

Nel corso dell’audizione l’Istat ha poi fatto il punto sul peso degli adempimenti burocratici, che ”vengono percepiti dalle imprese come un ostacolo molto rilevante alla loro competitività”: una impresa su tre, il 33,1% del totale, “vede negli oneri amministrativi e burocratici un ostacolo allo sviluppo della propria capacità competitiva”.

In base al Censimento 2018 su un campione di circa 280 mila di imprese con 3 e più addetti, rappresentative di un universo di poco più di un milione di imprese, che producono l’84,4% del valore aggiunto nazionale, la quota di aziende che vedono la burocrazia come un ostacolo è “superiore a quelle che dichiarano come ostacolo la carenza di risorse finanziarie (il 29,6%)”. Coerentemente con un quadro ciclico che era caratterizzato da una crescita limitata, “la carenza di domanda per i beni e servizi offerti risultava anch’essa tra i principali ostacoli alla competitività (per il 19,2% delle imprese), insieme alla percezione di un contesto socio-economico poco favorevole (19%)”.

Oneri amministrativi per 31 miliardi di euro

Nel periodo 2008-2012 è stata svolta un’ampia attività di misurazione degli oneri amministrativi sulle Pmi, che ha consentito di stimare costi amministrativi per le Pmi pari a circa 31 miliardi di euro. Gli oneri amministrativi rilevati hanno riguardato: “Lavoro e previdenza” (circa 10 miliardi), sicurezza sul lavoro (4,6 miliardi), edilizia (4,4 miliardi), ambiente (3,4), fisco (2,8), privacy (2,6), prevenzione incendi (1,4), appalti (1,2) e paesaggio e beni culturali (0,6). Si tratta di stime indicative degli oneri associati agli obblighi informativi oggetto della misurazione.

Il peso degli adempimenti burocratici è avvertito in misura maggiore nelle regioni del Nord-Est (il 34,7% delle imprese ivi residenti). Mentre il vincolo fornito dalla mancanza di risorse finanziarie tende a ridursi in modo significativo all’aumentare della dimensione d’impresa (dal 31,2% delle micro al 12,6% delle grandi), il problema degli oneri amministrativi è avvertito in misura relativamente diffusa tra le classi di addetti: pesa in misura pari alla media tra le unità di minore dimensione (3-9 addetti, 33,0%) e lievemente di più tra le piccole imprese (10-49 addetti, 34,5%), ma risulta rilevante anche tra le medie (50-249 addetti, 28,6%) e le grandi (oltre 250 addetti, 25,3%). Tra i macro-settori, l’incidenza più elevata di segnalazioni negative si registra per le costruzioni (39,9% delle imprese), mentre è minore nelle imprese nel settore dei servizi di mercato (31,5%), raggiungendo tuttavia il 33,5% nel commercio all’ingrosso e al dettaglio, riparazione di autoveicoli e motocicli. Nell’industria in senso stretto si registra invece un’incidenza leggermente inferiore alla media (32,7%).

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