La PA digitale nel mirino della Camera. La Commissione Affari Costituzionali svolgerà un’indagine conoscitiva, della durata di 6 mesi, in materia di transizione digitale della Pubblica amministrazione.
“L’indagine – si legge nel programma approvato dalla Commissione – mira anzitutto a fotografare lo stato dell’arte circa l’uso di tecnologie digitali da parte dello Stato, delle regioni, degli enti locali e degli enti che erogano servizi pubblici locali. Inoltre l’attività conoscitiva mira a selezionare un campione di buone prassi in materia, affinché possano divenire un modello per altre amministrazioni”.
Nello specifico “offrirà l’occasione per: individuare e approfondire i casi virtuosi di organizzazione ed erogazione di servizi pubblici digitali, nonché individuare modelli scalabili e replicabili di servizio pubblico digitale non inclusi nei piani nazionali; approfondire il tema della conoscenza e delle competenze (soft and hard skills, nella letteratura anglosassone) necessarie alla pubblica amministrazione al fine di erogare servizi pubblici digitali: al tema della conoscenza e delle competenze si lega quello della formazione del personale e della mappatura delle competenze, cui l’indagine conoscitiva mira a contribuire, offrendo soluzioni praticabili agli amministratori locali che intendano avviare percorsi di formazione e individuando le figure professionali di riferimento e le unità organizzative che erogano servizi pubblici digitali”.
E ancora: esaminare la disciplina del codice dell’amministrazione digitale e la normativa vigente in tema di enti locali, al fine di identificare le aree di miglioramento funzionali alla transizione digitale delle amministrazioni locali, anche al fine di valutare, di concerto con il ministero dell’Interno, incentivi per favorire la transizione digitale nei piccoli comuni; e approfondire il ruolo che i dati aperti (open data) e i dati aggregati (big data) svolgono rispetto all’azione delle amministrazioni locali, il ruolo che essi svolgono nelle pratiche di business intelligence, i benefici che garantiscono relativamente a una migliore misurabilità dei risultati della Pa, nonché quali benefici i dati aperti e i dati aggregati comportino per la comunità di interessi che gravita intorno alla pubblica amministrazione (comunità scientifica, società civile, media e imprenditori). L’indagine servirà anche a “valutare l’avanzamento dei progetti già esistenti sul tema della transizione digitale della Pa e individuare sotto questo specifico profilo proposte per facilitare l’attuazione: dell’Agenda digitale Italia (all’interno del quadro dell’Agenda digitale europea); della Strategia per la Crescita digitale 2014-2020; del Piano Triennale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione 2019-2021; della Strategia per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione del Paese 2025; del Quarto Piano d’azione nazionale per l’Open government 2019-2021; del Piano triennale di razionalizzazione dei Ced delle Pubbliche amministrazioni.
Infine, durante l’indagine i deputati approfondiranno “le recenti misure relative ai punti precedenti in relazione all’emergenza coronavirus, anche se a carattere temporaneo: si segnalano al riguardo, senza pretesa di esaustività, le misure relative allo smart working della pubblica amministrazione e ad altri aspetti concernenti il funzionamento e le procedure della Pa”. Saranno ascoltati la ministra della Pubblica amministrazione, ministro per l’Innovazione,rappresentanti del ministero dell’Interno, rappresentanti del Dipartimento per la trasformazione digitale presso la presidenza del Consiglio, rappresentanti del Dipartimento della funzione pubblica, la Corte dei Conti; i rappresentanti di uffici ministeriali preposti alla transizione digitale. E ancora: Regioni e degli enti locali, società partecipate pubbliche e loro azionisti, istituti di ricerca che si occupano di tematiche inerenti alla transizione digitale ed esperti delle materie oggetto dell’indagine.
La commissione di inchiesta presieduta da Paolo Coppola
Non è la prima volta che la PA digitale finisce nel mirino del Parlamento.Nella scorsa legislatura l’allora deputato Pd, Paolo Coppola, ha guidato una commissione di inchiesta sul livello di digitalizzazione della PA. Il documento conclusivo delineava le criticità realtiva alla trasformazione di servizi e processi ed evidenziava possibili soluzioni. Secondo i parlamentari la digitalizzazione è frenata soprattutto dall’atteggiamento delle stesse amministrazioni che considerano l’adesione ai progetti di innovazione più un atto dovuto che un cambio di paradigma.
Nelle PA “esiste una chiara e diffusa conoscenza dei progetti strategici portati avanti dal Governo, ma anche l’adesione alle infrastrutture immateriali previste dal piano triennale, come Spid o PagoPA, la piattaforma dei pagamenti elettronici per la PA, sembra essere il più delle volte un atto compiuto con la logica dell’adempimento simbolico piuttosto che un deciso cambio di paradigma che porti alla trasformazione completa dei servizi”.
Approccio simbolico che riguarda anche la nomina dei responsabili del digitale, con impatti negativi anche sul rispetto dei diritti dei cittadini. “Le figure apicali responsabili della trasformazione digitale vengono nominate solo dopo insistenti richieste da parte della commissione. I processi di digitalizzazione sono quasi sempre ‘iniziati’ e mai ‘conclusi’, i diritti digitali dei cittadini e delle imprese sono rispettati di rado e solo per alcuni servizi, mancano pianificazione e stanziamenti specifici per completare lo switch off (il passaggio completo alla modalità digitale)”.
Questo succede perché le amministrazioni approcciano il tema del digitale in modo episodico e non organico, non strategico e non prioritario. “La trasformazione digitale è ben lontana dall’essere realizzata, nonostante sia evidente un’accelerazione durante gli anni di questa Legislatura”, avvisava la commissione. “La consapevolezza della centralità e pervasività del digitale e, soprattutto, della necessità di modificare profondamente organizzazione e processi, come peraltro previsto dalla legge da decine di anni non è assolutamente presente”.
Per la commissione “la mancanza di consapevolezza dell’importanza del digitale ha portato la PA, negli anni, a non dotarsi delle competenze tecnologiche, manageriali e di informatica giuridica necessarie. Dalle audizioni era emerso più volte che mancano le competenze interne e l’amministrazione sceglie di fare ampio ricorso al mercato. L’analisi dei curricula dei responsabili della transizione alla modalità operativa digitale rendeva difficile affermare che il comma 1-ter dell’articolo 17 del Cad sia rispettato”, e cioè che il responsabile dell’ufficio è dotato di adeguate competenze tecnologiche, di informatica giuridica e manageriali, “in alcuni casi per stessa ammissione dei responsabili durante le audizioni”.
Come invertire la rotta? Dotando l’Agenzia per l’Italia digitale di maggiori risorse, finanziarie e umane. Inoltre la Commissione ritiene anche opportuno che i pareri rilasciati per gli schemi di contratti e accordi quadro e per le procedure di gara siano trasformati in pareri obbligatori e vincolanti al fine di aumentare il controllo sulla spesa. Infine, sempre per rafforzare l’attività di controllo e monitoraggio della trasformazione digitale della PA, la Commissione suggeriva di realizzare una banca dati di obiettivi e indicatori delle performance in modo da supplire alla mancanza di controllo sulla qualità e l’impatto dei progetti di digitalizzazione.