IL REPORT

PA digitale, senza competenze adeguate non si andrà da nessuna parte

Deloitte: troppa burocrazia e profili inadeguati per gestire il cambiamento e abbattere le inefficienze. L’Italia sotto la media Ue e il Sud del Paese mostra criticità allarmanti. Fino a 100 giorni l’anno in fumo a causa del “labirinto” amministrativo

Pubblicato il 19 Apr 2021

digital_604231253

Semplificazione, digitalizzazione e nuove competenze: sono queste, secondo Deloitte, le parole chiave per trasformare la PA italiana. È la burocrazia l’ostacolo numero uno sul cammino nazionale, ed è proprio su questa tematica che Deloitte punta forti i riflettori nel report “La semplificazione amministrativa. Come migliorare il rapporto tra PA e imprese” (QUI L’EXECUTIVE SUMMARY) da cui emerge un quadro allarmante in termini di frammentazione e di ritardi. Tutte le regioni italiane sono al di sotto della media Ue per livelli di efficienza e al Sud le criticità aumentano, si evince dal report.

Frammentazione sul fronte operativo e inutili ridondanze

La frammentazione deriva anche dal numero esorbitante di istituzioni circa 10.500, calcola Deloitte, molte delle quali diverse tra loro nelle modalità operative e con competenze che spesso tendono ad accavallarsi. Solo l’1,7% degli organi burocratici è centralizzato e il rimanente circa 98% è sparpagliato in organi locali. Il risultato – si evince dal report – è un eccesso di norme e soggetti regolatori che rende difficile la vita alle imprese. Un vero e proprio labirinto amministrativo che costringerebbe ogni impresa a spendere fino a 1200 ore in iter amministrativi e comporterebbe un costo annuale della burocrazia per oltre 57 miliardi di euro.

“Riformare la burocrazia è una priorità assoluta per l’Italia ed è anche una condizione imprescindibile perché le risorse del NextGenEu diano i frutti sperati nei prossimi anni. Bisogna cambiare approccio decisionale, rivedere organizzazione e strumenti di erogazione dei servizi e modificare il modo di lavorare della PA. Ma non solo: bisogna anche costruire un network di relazioni stabili con gli attori istituzionali e guidare l’evoluzione normativa verso un cambiamento strutturato e integrato”, sottolinea Fabio Pompei, ceo di Deloitte Italia.

“Tutte le regioni italiane presentano livelli di efficienza della Pubblica Amministrazione inferiori al livello medio dei Paesi dell’Unione Europea, con criticità molto accentuate al Sud – spiega Guido Borsani, Government & Public Services Industry Leader-. Nelle regioni del Mezzogiorno, infatti, il peso della burocrazia sottrae fino a 100 giorni all’anno al lavoro in azienda e le inefficienze generate dalla PA frenano l’avvio di nuove attività di impresa. Inoltre, gli imprenditori del Mezzogiorno fornitori di beni e servizi alla PA devono rapportarsi con attese più lunghe per i pagamenti dalla PA: in media aspettano 17 giorni in più rispetto ai colleghi del Centro Nord. All’opposto, le regioni in cui la PA funziona meglio sono Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, che negli ultimi anni hanno portato avanti iniziative di semplificazione. Queste regioni, però, rimangono ancora al di sotto del livello di efficienza media Ue. Per migliorare ancora, la best practice a cui guardare è la Germania, che in 10 anni ha fatto grandi progressi nel semplificare la propria macchina amministrativa, recuperando ben 60 posizioni nella classifica del World Economic Forum che ne misura l’efficienza”.

Pochi giovani, poca innovazione

A pesare anche le caratteristiche del personale: solo il 2,2% di giovani contro il 30% della Germania e circa 21% della Francia. Ciò comporta – evidenzia Deloitte – una fisiologica mancanza di profili con competenze aggiornate. Inoltre, da un’analisi sui circa 3 milioni di dipendenti pubblici italiani emerge che la distribuzione in termini di anzianità di servizio ed età descrive una macchina amministrativa che necessita di un ricambio generazionale soprattutto per quanto riguarda le istituzioni che esercitano funzioni centrali: l’età media dei dipendenti pubblici di queste unità, infatti, è di circa 55 anni.

Competenze digitali, manca una mappatura

Last but not least il digitale: non esiste una mappatura delle competenze digitali del personale dell’apparato pubblico italiano. E la mancanza di digital skills nella PA è inevitabilmente legata al basso numero di giovani impiegati. Inoltre, circa il 60% dei dipendenti non è in possesso di laurea: un dato che, insieme alle caratteristiche anagrafiche dei dipendenti pubblici, contribuisce a spiegare il basso livelli di competenze digitali posseduto.

“Per il futuro sarà strategico porre la semplificazione amministrativa al centro dei nuovi Piani della Performance delle PA, prevedendo indicatori che oltre a rendere omogenei e confrontabili i parametri di valutazione tra le amministrazioni, consentano di superare definitivamente la “Burocrazia Difensiva” – sottolinea Pierdomenico Zaffino, partner Deloitte e coordinatore dello studio -. Il Decreto Semplificazioni di recente è intervenuto sulle responsabilità del funzionario pubblico, rendendo di fatto più rischiosa l’inerzia rispetto all’azione, ma è necessario un ulteriore passaggio organizzativo: l’adozione di un sistema incentivante che premi comportamenti virtuosi delle Amministrazioni e dei singoli funzionari pubblici. Ad oggi tutto questo non esiste, ma potrebbe diventare realtà con il ricambio generazionale e di competenze atteso nei prossimi anni. Ad esempio, sul fronte della digitalizzazione si potrà procedere a una digitalizzazione non solo del front end dei servizi pubblici, ma anche del back end, premiando soluzioni di automazione già diffuse in altri settori. Inoltre, è di fondamentale importanza preparare la nuova classe dirigente su innovazioni e temi emergenti come Cyber Security, IA, Blockchain, Digital Transformation”.

Anche per le imprese serve un cambio di passo

Se è vero che la PA deve essere riformata, anche sul fronte delle imprese c’è molto da fare, evidenzia Deloitte. Circa il 95% delle attività italiane sono microimprese: una caratteristica che frena gli investimenti in innovazione e digitalizzazione. Inoltre i manager aziendali italiani tendono a essere più anziani della media: il 54% ha superato i 60 anni e il 28% è over 70. Nella classifica del Desi Index 2020, che misura la competitività digitale dei Paesi Ue, l’Italia si colloca ben al di sotto della media comunitaria: al 22° posto su 28. Così, solo il 10% delle nostre aziende a oggi si è costruita una presenza on-line ed è in grado di competere sul fronte della digitalizzazione.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati