Una PA davvero digitale farebbe bene all’intero sistema Paese, aziende incluse, con impatti benefici diretti e indiretti. Alcuni immediati e altri di lungo periodo. Esperti e addetti ai lavori non hanno dubbi. “La correlazione tra la digitalizzazione dei servizi della Pubblica amministrazione e la crescita di competitività di un Paese, e quindi del suo sistema produttivo, è ormai una certezza, supportata da stime macroeconomiche ed evidenze microeconomiche. Accreditate da studiosi e organismi internazionali”, conferma Stefano Parisi, presidente di Confindustria digitale, al Corriere delle comunicazioni.
Molti benefici diretti vengono da rapporti più efficienti tra PA e imprese grazie al digitale. La digitalizzazione dei processi di interfaccia tra pubblico e privato ridurrebbe del 30% i costi burocratici a carico delle imprese, con un recupero di produttività di 23 miliardi di euro, secondo il Politecnico di Milano.
Parisi in particolare suggerisce “una strategia end to end. Intervenire sulla revisione dell’architettura delle informazioni, sulla piena interoperabilità dei dati tra le diverse pubbliche amministrazioni, su processi e soluzioni standard che evitino duplicazioni e ridondanze, sull’aggiornamento delle infrastrutture, sull’unificazione degli strumenti di accesso ai servizi tramite un “documento digitale unificato”. Tra le priorità, utili al sistema Paese, per Parisi c’è la riforma del Sistema Informativo della Fiscalità (Sif), “costituito da 129 banche dati diverse che spesso non si parlano tra loro e che soprattutto, non comunicano con i sistemi informativi degli enti locali”.
La PA modernizzata dal digitale aiuta le imprese anche con un ruolo attivo, “come stimolatore di servizi per il mercato, ad esempio mettendo a disposizione open data e open service, con livelli di apertura e quindi di utilizzo sempre più elevate; come prezioso produttore e curatore di beni comuni utili alla proposizione di offerte e soluzioni innovative, oltre che attrattore di investimenti esteri”, dice Giuseppe Iacono, di Stati generali dell’innovazione.
I benefici indiretti e di lungo periodo sono ancora più numerosi, secondo gli esperti. “La Pubblica amministrazione può diventare un ente capace di richiedere e pretendere servizi Ict di qualità e con requisiti sfidanti per soluzioni innovative che possono rappresentare referenza e punto di riferimento a livello internazionale”, aggiunge Iacono. “Può fungere inoltre da acceleratore di cambiamento culturale. Anche forzandolo con drastici ma pianificati switch-off dei vecchi processi analogici, ma allo stesso tempo curando l’alfabetizzazione digitale e lo sviluppo della cultura digitale a livello di cittadini e imprese”, continua Iacono.
Dal punto di vista economico, un beneficio indiretto è che il digitale nella Pubblica amministrazione, facendo risparmiare fino a 23 miliardi di euro l’anno allo Stato (secondo stime del Politecnico di Milano), libera risorse per la crescita. In particolare, “per l’investimento dell’Italia in Ict, sui giovani, sulle start up, sulle leve per rilanciare la nostra competitività nazionale. Sulla riduzione della pressione fiscale, che a sua volta consente alle imprese di investire di più. Con vantaggi a cascata per l’intero sistema”, riassume Parisi. “Oggi invece la Pubblica amministrazione usa i fattori produttivi in modo squilibrato, spesso utilizza troppe risorse umane e troppa poca tecnologia al servizio di tecniche di produzione superate, basate sul ciclo cartaceo di documenti, e quindi produce a costi superiori al necessario”, spiega Parisi.
“Tutti questi benefici sarebbero una boccata di ossigeno per il Sistema Italia. Peraltro, otterremmo tutto questo migliorando la produttività delle risorse coinvolte nei processi senza gravare sul debito pubblico”, dice Claudio Rorato, dell’Osservatorio Agenda Digitale del Politecnico.
“È innegabile che agire sulla Pubblica amministrazione, in tutte le sue componenti, avrà un effetto di trascinamento positivo sull’intero sistema Paese”, riassume Rorato. “Sì, ma occorre una strategia globale”, aggiunge Iacono. “Se si rimane alla digitalizzazione dell’esistente, alla trasposizione su web delle attuali procedure, nulla di tutto questo potrà realisticamente accadere. Il ragionamento per compartimenti stagni è una delle cause della crisi italiana. Per questo è da cambiare il modello di riferimento per la PA, a vantaggio di imprese e cittadini e quindi dell’intero sistema”. Anche se non sarà facile, sembra una via obbligata per l’Italia.