OSSERVATORIO AGENDA DIGITALE

PA, shopping digitale dalla A alla Zeta

Uno Stato moderno non può limitarsi alla gestione elettronica della sola parte finale di un acquisto. Bisogna avere il coraggio di rivedere l’intero processo

Pubblicato il 17 Dic 2012

A questo governo vanno senz’altro riconosciuti gli sforzi che tentano di riconquistare all’Italia la credibilità che le compete. E la cosa riguarda sia il fronte istituzionale versus i cittadini, che quello dell’intero sistema Paese versus la comunità internazionale. Di fronte a una realtà complessa e, in alcuni casi, anche complicata, le partita si gioca contemporaneamente su più tavoli. È, però, fuori discussione che tra i temi “caldi”, emerge quello di una Pubblica amministrazione spesso più zavorra che volano di sviluppo. I Paesi con una PA che funziona dimostrano, innanzi tutto, di avere un problema in meno da risolvere e, in secondo luogo, di essere in grado di avere un alleato in più nell’affrontare le situazioni di crisi. Il recente decreto sulla spending review testimonia la volontà di rimettere ordine, di ricondurre le spese in un ambito di seria programmazione e di mettere nel mirino una quantità enorme di sprechi di denaro pubblico – meglio – dei cittadini, giusto per rendere più chiaro il legame tra il danno e chi lo subisce.
Il Paese ha bisogno di una PA moderna, agile, in grado di restituire in servizi di qualità, gli sforzi dei cittadini che pagano le tasse e che hanno diritto di vedersi tornare indietro, in altre forme, ciò che hanno versato.


Un tassello importante è rappresentato dalla modernizzazione dell’apparato degli acquisti, dal quale, oggi, emergono tre problemi principali: prezzi disomogenei sul territorio nazionale, trasparenza che, sovente, lascia a desiderare, tempi lunghi, troppo, per portare a compimento gli acquisti e i pagamenti delle forniture. “Il mancato presidio di questi aspetti – dichiara Alessandro Perego professore ordinario del Politecnico di Milano e Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Agenda Digitale della School of Management – deprime l’economia, crea un clima generalizzato di sfiducia e sospetto, costringe cittadini e imprese a lunghe attese”.


Qualche numero può aiutare a capire meglio. Degli 800 miliardi di spesa pubblica, 140 circa riguardano beni e servizi. Il 10-15% viene negoziato da Consip o dalle piattaforme regionali, ma solo il 5% transita in via telematica. Consip e le centrali regionali garantiscono risparmi dal 10% fino al 60-70% per alcune categorie di prodotti. Perché, anche nel recente decreto Sviluppo, non si è puntato ancora di più su questi strumenti? “In due-tre anni – continua Perego – l’e-procurement, su 40 miliardi circa di spese, può portare risparmi fino a 7 miliardi di euro: 5 dai prezzi negoziati e 2 di produttività del lavoro, pari a 100 milioni di ore/persona”. Sono tre i punti su cui agire per costruire un sistema di approvvigionamento pubblico che dia un contributo significativo alla produzione efficiente di beni e servizi: 1) estendere l’e-procurement a un più elevato numero di prodotti/servizi ; 2) estendere a tutta la PA l’obbligo di utilizzare Consip o le piattaforme regionali; 3) aumentare la diffusione degli strumenti di e-procurement. Ma quali sono gli strumenti a disposizione e con che benefici? Le gare e le aste elettroniche mediamente riducono del 15% i prezzi di acquisto e del 40% i tempi di esecuzione delle procedure, i mercati elettronici portano risparmi di efficienza anche del 60%, i negozi online semplificano il lavoro degli uffici acquisti. Ma non basta. Uno Stato moderno non può limitarsi alla gestione elettronica della sola parte finale di un acquisto. “Bisogna avere coraggio di rivedere il processo d’acquisto non solo migliorando la fase finale della trattativa. L’intero processo – sostiene Perego -, dalla richiesta d’offerta all’ordine, dalla consegna fino alla fatturazione e al pagamento, deve avvenire elettronicamente con supporti interoperabili. Solo così i benefici si estenderanno a tutta l’organizzazione e, a cascata, su cittadini e imprese”.


È evidente che le tecnologie digitali sono un asset su cui investire, perché in grado di abbattere i tempi di esecuzione delle attività, aumentare i controlli e la trasparenza, fornendo un valido aiuto contro i fenomeni di corruzione e collusione, migliorare la produttività del personale e ridurre i prezzi medi di acquisto. Giova, infine, ricordare che digitalizzare il ciclo passivo potrebbe favorire anche l’attività di riconciliazione tra i diversi documenti scambiati con i fornitori, migliorando, anche qui, l’efficienza e la qualità del lavoro.

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