In fumo anche l’ultimo frenetico tentativo di mediazione dell’Italia sul pacchetto “Connected continent”, la riforma del settore tlc europeo firmata dall’ex commissario Ue per l’Agenda digitale, Neelie Kroes. Secondo quanto risulta al Cor.Com, durante l’odierna riunione del Coreper, il conclave dei rappresentanti permanenti nazionali, una solida maggioranza di Stati membri (si vocifera 20) ha bocciato il testo di compromesso presentato dalla Presidenza italiana dell’Ue. Ma la partita vera si giocherà il 27 novembre ossia in sede di Consiglio dei ministri Ue dove ciascun Paese dovrà gettare le carte sul tavolo.
Inconciliabili le distanze su meccanismi e tempi di abolizione del roaming. Anche la proposta d’intesa italiana sulle norme del pacchetto in materia di coordinamento dello spettro si è scontrata con un diffuso scetticismo. Mentre più consensi, anche se vani, ha registrato l’ipotesi di accordo su net neutrality. A questo punto, sembra che alla Presidenza italiana non sia stata data altra scelta che redigere un rapporto sullo stato dei negoziati da presentare al prossimo vertice dei Ministri europei per le tlc, in agenda per il 27 novembre. Non solo: si riproverà a trovare un’intesa nel corso di un Coreper straordinario programmato per dicembre, e contestualmente cominceranno le prime prove d’intesa informali con il Parlamento europeo, che ha già dato il via al pacchetto nell’aprile scorso. Nonostante ciò, appare molto probabile che il cerino venga ereditato dalla Presidenza lettone, al via dal 1° gennaio 2015. Rafforzando i rumors secondo cui la Commissione di fronte al protrarsi dello stallo potrebbe decidere di ritirare il pacchetto.
A far saltare il tavolo di oggi, come previsto, un blocco compatto di paesi membri che ha fatto muro contro le tempistiche di abolizione del roaming “suggerite” dal nostro paese: cioè fine 2016, un anno dopo la data votata dal Parlamento europeo, ma troppo presto per i desiderata di diversi governi, per i quali l’orizzonte dovrebbe essere come minimo il 2018 e anche oltre. Ma non è solo una questione di calendario. Permangono ancora forti divergenze sul perimetro di applicazione del meccanismo del “fair use” (congegnato per evitare abusi una volta entrata in vigore la soppressione del roaming), sul potenziale impatto negativo sui prezzi domestici e sugli investimenti degli operatori, o ancora sulle regole da applicare sulle tariffe wholesale. A questo vanno comunque ad addizionarsi sentimenti diversi sul nodo frequenze. La Presidenza italiana aveva proposto di rafforzare i poteri di coordinamento del Radio Spectrum Policy Group (Rspg). Diversi Stati, tuttavia, propendono per un’eliminazione tout court dal pacchetto delle norme sullo spettro.
Peraltro, anche se si decidesse di andare avanti e ammesso che i governi trovino un’intesa nei prossimi mesi, il pacchetto è destinato ad essere teatro di uno scontro all’arma bianca tra Stati membri e Parlamento europeo. Proprio l’altro ieri, l’eurodeputata Pilar Del Castillo, la relatrice a Strasburgo della proposta, ha definito “enormi” le distanze tra l’assemblea europea e il Consiglio. Intervenendo nel corso di una conferenza organizzata da Ecta, Del Castillo ha lasciato intendere che se sulla net neutrality ci sono spazi per trattare, su roaming e spettro le posizioni sarebbero troppo lontane. In breve, l’emanazione del pacchetto rischia di saltare per mancato accordo tra i due rami legislativi europei. E intanto si attende al varco il pronunciamento dell’Obundsman, il difensore civico europeo, che indaga su possibili irregolarità compiute dalla Commissione nella fase di preparazione del pacchetto.