Sull’introduzione definitiva della carta di identità elettronica "non dico nulla per scaramanzia, perché è già stata annunciata tante volte. Aggiungo solo che ci siamo molto vicini, e se riusciamo a concludere questa operazione entro l’esperienza di governo sarei molto soddisfatto". Lo ha detto il ministro della Pubblica Amministrazione, Filippo Patroni Griffi, intervenendo in apertura del Forum PA 2012 in corso a Roma.
Istituita per la prima volta con decreto nel 2000, la Cie è costata – solo per le sperimentazioni che sono ancora in corso – 300 milioni di euro. Nella prima fase vi avevano aderito 156 comuni. Nel 2005 un decreto di Silvio Berlusconi stabilisce che dal primo gennaio 2006 gli 8mila comuni dovevano fornire solo carte d’identità elettroniche e non più cartacee. Lo Stato affida il compito di realizzarle a "Innovazione e progetti", società controllata da Poligrafico dello Stato, Poste e Finmeccanica. Ma il costo a carico del cittadino è troppo alto: 30 euro che diventando 20 nel successivo governo Prodi. Il "taglio dle prezzo" fa ritirare la società conotrollata e tutto passa in mano al Poligrafico dello Stato. Ma Finmeccanica fa ricorso al al Consiglio di Stato e vince. Il progetto viene bloccato.
La Cie torna alla ribalta nel maggio 2011, quando il decreto sviluppo del governo Berlusconi la reintroduceva per semplificare il procedimento di rilascio dei documenti di identificazione dei cittadini. L’obiettivo era quello unificare la card con la tessera sanitaria, per avere così un solo documento contenente tutti i dati utili. Contestualmente il ministro della PA e Innovazione fa calare ancora il prezzo del documento che non deve superare i 10 euro. Il decreto sviluppo rimanda a un decreto attuativo del Mef che però non è stato mai varato. Il motivo? Secondo l’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti occorreva "ancora individuare la specifica copertura finanziaria necessaria per l’emissione della carta da parte delle amministrazioni”.