#FORUMPA2016

Più digitale, meno tagli: così la sanità diventa più equa

Studio Censis-Consorzio Arsenàl: la sfida per gli operatori è diffondere servizi senza creare nuove disuguaglianze tra chi è “digitalizzato” e chi no. L’esempio del download dei referti in Veneto: facilità d’uso e corretta informazione alla base del successo

Pubblicato il 25 Mag 2016

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I referti online possono fare da traino per la diffusione di servizi digitali nel comparto sanità. È quanto emerge da uno studio realizzato da Censis e Arsenàl.IT, il Centro Veneto per la Ricerca e l’Innovazione nella Sanità Digitale che registra il successo dei download delle analisi cliniche – utilizzato dal 60% dei veneti – grazie alla semplicità di utilizzo. Si tratta di un servizio molto o abbastanza semplice da utilizzare per il 91,7% degli utenti.

Ed è degno di nota che oltre l’84% degli utenti di età compresa tra i 18 e i 64 anni che hanno scaricato online il referto lo abbia fatto autonomamente. Dall’analisi del servizio di download del referto online emergono anche importanti indicazioni per la promozione dei servizi. Il 67,4% dei rispondenti ha scaricato il referto online per se stesso e, in particolare, si tratta del 64,9% presso la Ulss 9 e del 68,5% presso le aziende riusanti

Invece, lo ha fatto per conto di altri il 32,6% degli intervistati. La maggior parte dei cittadini che hanno scaricato il referto per altri lo ha fatto per un familiare (29,5%). Tra i cittadini di 18-35 anni che hanno scaricato online il referto (12,5%) lo ha fatto in autonomia l’84,1%, tra quelli di 36-65 anni (46,9%) lo ha scaricato autonomamente l’84,5%, tra gli ultrasessantacinquenni (35,2%) lo ha scaricato da solo il 45% e tra gli ultrasettantenni (17,1%) lo ha scaricato in autonomia il 25,2%.

Oltre un terzo dei referti scaricati online (35,2%) riguarda gli utenti ultrasessantacinquenni. Di contro all’opinione ricorrente circa la scarsa confidenza dei longevi con la tecnologia, colpisce la percentuale di utenti over 65 (45%) e over 75 (25,2%) che scaricano autonomamente il referto.

Il 74,1% degli utenti ha conosciuto il servizio grazie al personale sanitario, che ha anche consegnato loro, al momento dell’accettazione, un foglio con le credenziali necessarie per utilizzare il servizio. Risulta quindi cruciale la possibilità di accompagnare in maniera “dolce” il cittadino nel mondo della sanità digitale, valorizzando il contatto diretto tra gli utenti e gli operatori sanitari.

Tra gli utenti del servizio il 91,7% lo ha valutato molto o abbastanza facile da utilizzare. E’ solo il 6,2% dei cittadini a ritenere che sia difficile da utilizzare. Inoltre, si rileva un alto grado di soddisfazione: il 90,4% dei cittadini-utenti si dichiara molto o abbastanza soddisfatto del servizio.

Spostando l’attenzione sui vantaggi della sanità digitale percepiti dai cittadini, risulta decisiva la possibilità di evitare spostamenti superflui, sostituendo allo sportello la consultazione telematica. È quanto afferma oltre il 90% dei cittadini coinvolti in una analisi della percezione dei servizi online svolta nell’ambito del progetto europeo SUSTAINS. Anche se colpisce come quasi la metà dei rispondenti (48,5%) non conosca nemmeno un servizio online, percentuale che sale all’84,3% tra gli over 65.

In una indagine condotta presso il CUP dell’Ospedale di Castelfranco Veneto, è emerso che tra i canali con cui i cittadini sono venuti a conoscenza dei servizi, prevalgono il passaparola (61%) e la comunicazione da parte del personale di accettazione (31,6%).

I cittadini intervistati che utilizzano i servizi preferiscono prenotare online perché ciò gli consente di evitare di andare personalmente allo sportello (97,7%) o di telefonare al CUP (37,2%). Utilizzano il servizio di pagamento online per evitare la coda allo sportello o ai punti gialli (90,3%), per pagare in qualsiasi momento (58,1%). Usano il dossier sanitario per avere tutta la documentazione a disposizione e in ordine (88,9%), per risparmiare tempo (44,4%), o per tenere sotto controllo la propria salute (33,3%)

Rispetto invece ai fattori che ne scoraggiano l’uso, si rileva che le motivazioni principali afferiscono all’assenza di contatto diretto (41,5%) e alla percezione di inutilità dei servizi online (22,3%)

Seguono motivazioni quali l’incapacità di utilizzare tali sistemi (20,2%), il fatto di non possedere il pc o internet (14,9%), la poca fiducia nei confronti dei servizi online (11,7%, quota che sale al 14,3% per il pagamento online).

La maggior parte degli intervistati (76,8%) ritiene che sia una buona idea consentire l’utilizzo dei servizi online presso le farmacie per la comodità (71,4%), per non escludere le persone anziane (31,2%) e coloro che non hanno la possibilità di accedere ad internet da casa (18,2%).

La criticità più alta nel processo di innovazione in atto sembra essere legata al rischio di generare una sorta di “esclusione digitale” dalla sanità e non è una forzatura sottolineare che il consenso alla diffusione della sanità digitale dipenderà proprio dalla capacità di ampliare il suo bacino di utilizzatori, senza generare nuove disuguaglianze.

Risulta dunque decisivo, proprio al fine di favorire l’inclusione digitale, progettare delle politiche capaci di comunicare l’esistenza, le funzionalità ed i relativi vantaggi dell’eHealth, e di farlo soprattutto ed in particolare nei confronti delle generazioni più anziane, le quali non possono essere considerate escluse a priori. Una indagine svolta nel corso dell’iniziativa “Clicca la tua salute!” nella ULSS 10 Veneto Orientale ha permesso, ad esempio, di rilevare che, tra coloro che non usano internet, il 50% dichiara l’intenzione di adattarsi e di imparare a navigare per accedere ai servizi online. Il restante 50% afferma invece di volersi affidare a chi ne è capace.

I giovani possono dunque giocare un ruolo importante nell’evoluzione della sanità digitale, anche se al momento non si sentono particolarmente coinvolti da queste tematiche: il 69% non ha mai visitato il sito internet della propria azienda sanitaria e il 53% non conosce i servizi sanitari online. Un dato incoraggiante riguarda l’intenzione di utilizzo futuro per sé o per la famiglia, espressa dall’85% dei ragazzi che non conoscevano i servizi sanitari online. Ed è l’esperienza fatta in famiglia la modalità di apprendimento principale (89%), ed in particolare è la madre ad utilizzare i servizi online (69%) in misura nettamente superiore rispetto al padre (44%), il che rimanda all’importante ruolo che la donna gioca e può giocare nella diffusione della cultura sanitaria digitale.

A partire dalle analisi svolte sono state elaborate alcune proposte migliorative. Esse spaziano dall’assicurare integrazione, interscambiabilità e completezza del percorso di digitalizzazione della sanità italiana, valorizzando anche quelle capacità informali dimostrate dai cittadini nel colmare le lacune dell’offerta sanitaria, all’istituire sistemi di monitoraggio e miglioramento progressivo delle innovazioni introdotte; dal progettare percorsi dedicati alle fasce di popolazione meno digitalmente acculturate impiegando operatori formati ad hoc o progettando adeguate campagne di promozione, all’introdurre soluzioni in grado di offrire una presa in carico totale, immediata e completa dell’assistito, semplificando ed unificando il più possibile l’accesso ai servizi e riducendo gli spostamenti delle persone.

Il caso Veneto ci dice che è possibile muoversi in questa direzione e pensare una sanità digitale e una transizione verso di essa “dalla parte dei cittadini”, con esiti che possono essere apprezzati dalla grande maggioranza degli utilizzatori in modo trasversale ai gruppi sociali e anche alle classi di età, fattore questo che più differenzia le persone nel rapporto con le nuove tecnologie digitali.

In estrema sintesi le proposte sono:

– assicurare integrazione, interscambiabilità e completezza del percorso di digitalizzazione della sanità italiana, superando l’attuale frammentazione di piattaforme tecnologiche, sistemi, modelli e programmi di intervento che non parlano fra loro;

– puntare sulla sostenibilità sociale delle soluzioni proposte e sperimentate;

– introdurre un sistema di monitoraggio degli utilizzi e soprattutto delle valutazioni degli utenti rispetto ai servizi innovativi;

– ripensare il sistema di offerta sulla base del principio della presa in carico totale, immediata e completa del cittadino;

– fronteggiare i rischi del divide digitale, progettando percorsi dedicati per le fasce di utenza meno acculturate digitalmente;

– coinvolgere i cittadini e gli operatori sanitari anche nella progettazione e nello sviluppo di servizi sanitari online (il tema della co-production);

– individuare forme tecnologicamente, ma anche umanamente e professionalmente praticabili, di “sanità attiva”, una sanità che sappia andare alla ricerca della propria utenza e dei suoi bisogni senza aspettare passivamente che siano i cittadini a cercare i servizi;

– adottare un approccio olistico alle cure e all’assistenza, vale a dire una modalità che consideri la persona nella sua integrità psichica, fisica e ambientale, e dunque nel suo contesto di vita, che deve riflettersi nella progettazione dei servizi digitali.

Si tratta ovviamente di una prima serie di soluzioni propositive, rispetto alle quali peraltro è particolarmente importante abbracciare una linea strategica graduale, che valorizzi i risultati raggiunti e che faccia della sanità digitale una componente decisiva di un Servizio sanitario incentrato sui cittadini e su forme di collaborazione attiva con gli operatori sanitari.

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