L'AUDIZIONE

“Pochi fondi, Agid a rischio”: l’allarme di Teresa Alvaro

Davanti alla commissione Semplificazione la dg dell’Agenzia avverte: “Lavoriamo in condizioni drammatiche”. Problemi anche sul fronte del personale: “Abbiamo esperti di grande professionalità ma ai limiti della pensione”. Una situazione “insostenibile” soprattutto alla luce degli ambiziosi obiettivi del nuovo Piano Triennale

Pubblicato il 21 Mar 2019

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Pochi fondi, così l’operatività di Agid è a rischio. L’allarme è stato lanciato dalla dg dell’Agenzia per l’Italia digitale, Teresa Alvaro, in occasione dell’audizione davanti alla in commissione Semplificazione.

“Come Agid stiamo lavorando in una situazione ai limiti del drammatico – ha avvertito Alvaro – Le risorse sono scarse. Ci sono persone di grande professionalità ma che purtroppo hanno anche raggiunto i limiti dell’età pensionabile”.

Si tratta di una situazione insostenibile considerati gli ambiziosi obiettivi del nuovo Piano Triennale della PA dove un tema cruciale è quello della cybersecurity. “È possibile prevedere un incremento dei rischi, considerando la crescita esponenziale dei dati e dei dispositivi – ha spiegato la dg – Il contrasto dei problemi richiede una costante analisi del rischio. Nella reingegnerizzazione dei processi digitali della Pubblica amministrazione se non si tiene conto della sicurezza si rischia di attentare alla stabilità dei sistemi sempre più vulnerabili perché sempre più interconnessi. Per questo abbiamo deciso con il Piano triennale per cybersecurity e data protection vengono attuati fin dall’inizio”.

La strategie di Agid sul fronte sicurezza è quella di valorizzare le competenze locali. A breve saranno emanate  delle linee guida per demandare una parte delle attività ai territori per ricondurli a una unità di azione. “Il tema della sicurezza a macchia di leopardo è negativo, soprattutto perché non si capisce quando si finisce”, ha avvisato Alvaro.

Altro tema caldo collegato al Piano è la funzione del responsabile alla transizione digitale. “Al momento – ha anuncoa Alvaro in Parlamento – sono stati nominati 3.555 responsabili della transizione al digitale, figura prevista dal nuovo Codice dellamministrazione digitale dopo la riforma Madia. Le nomine hanno subito un incremento dopo la circolare ministeriale che ha rammentato l’obbligo diffusa ad ottobre 2018. L’obiettivo è di arrivare a 10mila nomine”. Burocrazia permettendo.

“La burocrazia è un ostacolo potente che scoraggia, se non addirittura blocca, chi ha idee e vuole far crescere il Paese – ha infatti evidenziato la numero uno di Agid – E frutto da una stratificazione normativa che deriva dalla produzione di regole a tutti i livelli. Spesso questo insieme di regole è contraddittorio, produce incertezza e contenzioso”.

L’audizione di Alvaro fa seguito a quella di Attias. Anche il commussario al Digitale ha lamentato la mancanza di risorse per garantire la piena operatività del Team

“Prima di dire quello che si può fare va dichiarato quello che non si può fare – ha evidenziato Attias – Sul digitale in Italia ci siamo presi in giro per tanti anni, dicendo che avremmo fatto grandi progetti con quattro gatti. Il Team per la Trasformazione Digitale è composto da una trentina di persone, mentre dovrebbero essercene trenta per ogni progetto”.

“Quello che facciamo – ha continuato Attias – è già un miracolo se pensiamo che la struttura equivalente in Gran Bretagna è composta da 820 persone“. Ma, ha sottolineato il commissario, non è solo una questione di personale e risorse: “Possiamo fare le piattaforme più belle al mondo ma non servono senza divulgazione digitale sul territorio”.

E qui entra in ballo la spinosa questione della governance: centralizzare o decentralizzare dando più autonomia agli enti locali? Attias non ha dubbi. “Gli Stati dove la digitalizzazione ha funzionato meglio sono quelli più centralizzati”, mentre in Italia ogni istituzione ha i propri standard: “Le pubbliche amministrazioni locali sono state abbandonate e oggi ci sono 12.000 città-Stato, monarchie digitali“. Una selva di anagrafi, regole, tecnologie e data center che rende lo scenario estremamente frammentato e la digitalizzazione complessa. “Nella sanità, ad esempio – ha continuato Attias – il Paese potrebbe esser il numero uno al mondo ma tracolla sul digitale. Ritengo triste che in Lombardia ci sia un fascicolo sanitario che funziona benissimo e in altre regioni non si sappia cos’è. E spesso le resistenze arrivano proprio dalle regioni che sono piu’ indietro. Qui parliamo di persone che muoiono”.

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